cicatrici

57 1 0
                                    

C'è una spiegazione così semplice, tagliandomi la pelle il dolore procurato dalla fredda lama non fa altro che coprire quello della mia anima che si esprime in un urlo strozzato al livello della laringe impedendomi di parlare o respirare facilmente o anche urlare. Così che l'unico sfogo concessomi deriva solo da una lama fortuita. Un giorno, ricordo, la presi  in mano, la poggia sulla pelle, senza premere. Al solo tocco della sua freddezza meravigliosa, stillò una goccia dalla mia tenera pelle che si recise come il tonno sotto la pressione del grissino. Quel piccolo dolore della cute in qualche modo lenì quello fortissimo del mio cuore, riempì il vuoto della mia persona. Non volevo che cominciasse, non volevo che divenisse dipendenza. Era solo qualcosa che mi faceva stare bene, cosa ci può essere di male in qualcosa che ti fa stare bene? Accadeva poche volte, forse uno o due giorni alla settimana, di sera, piccoli taglietti, piccole gocce di sangue, poche, quasi come rugiada cadevano scorrendo sulla pelle e disegnavano eccitanti figure. Che c'era di male nel farlo un po' più spesso, nel farlo magari tutti i giorni, era solo un periodo, un momento da schifo. Sarebbe passato e sarebbero passati i tagli. Le cicatrici, non si sarebbero viste, erano piccole, erano piccolissime, invisibili quasi.  Presto divenne quasi un'ossessione, la lama premeva sempre di più, sempre più a fondo. A volte le ferite durante la mattina stillavano sangue che macchiava le magliette con le maniche troppo lunghe per il caldo che iniziava a sentirsi. La cosa aveva un che di eccitante, di entusiasmante. Era una cosa mia, un segreto solo mio, quella voglia irrefrenabile e continua di vedere il taglio sulla pelle prima bianco, e poi in un attimo rosso per il sangue. Ero un'artista nella mia pratica, facevo tagli precisi, esteticamente dolci, profondi tanto quanto era profondo il mio dolore. Quando non potevo usare la lametta, premevo con forza le vecchie ferite fino a farle sanguinare per godere di quel dolore. Sapevo perfettamente che tutto ciò era sbagliato. Era irrazionale. Come potevo io, innamorata com'ero di me stessa, farmi un torto così grande. Non riuscivo a capirne la motivazione, non riuscivo a comprendere. Ma forse era il gesto d'amore più grande che potessi avere nei miei confronti.

La personalità bambinaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora