«Spiegami un'altra volta perché non ci siamo subito messi sulla strada del ritorno verso casa».
«Perché non sono soddisfatto del nostro bottino».
«Del bottino, Ragnar?»
«Va bene, non del bottino. È solo... ho la sensazione che ci sia ben altro per noi in serbo qui e non voglio andarmene finché non avrò scoperto di che cosa si tratta».
E Ragnar ci credeva veramente. Coltivava segretamente e gelosamente quel presentimento e neanche gli dei sarebbero mai riusciti a dissuaderlo. Beh, fino ad un certo punto, ovviamente. Ragnar era pur sempre un mortale, un uomo, un semplice contadino con un sogno: esplorare il maggior numero possibile di terre. E forse ci sarebbe anche riuscito.
Approdarono su una spiaggia affollata soltanto da grossi cumuli di rocce e alghe, ma degli uomini nessuna traccia. Troppo facile.
Ragnar aggrottò le sopracciglia mentre dava l'ordine di sistemare le navi sulla sabbia in modo tale che le maree non le portassero via con sé. Si passò una mano tra i capelli biondi, non più trattenuti dalle trecce, e iniziò ad innervosirsi. Per la seconda volta da quando era cominciata quella spedizione, non trovò il suono dolce della guerra ad attenderlo, perciò le sue mani cominciarono a fremere mentre stringeva l'ascia.
Suo fratello Rollo si stava occupando dell'organizzazione degli accampamenti e lui si sentiva maledettamente inutile; non riusciva a stare fermo e prese a camminare, allontanandosi sempre più dai suoi compagni.
Forse non era stata la scelta migliore, qualcuno avrebbe potuto vederlo, seguirlo e recuperare delle forze per attaccarli, ma di cattive decisioni ne aveva prese così tante nella sua vita che una in più non avrebbe fatto la differenza.
Si addentrò pian piano in una foresta, ripercorrendo mentalmente ogni suo passo e lasciando di tanto in tanto un segnale cosicché riuscisse con più facilità a trovare la strada del ritorno.
Tagliò un ramo che si poneva tra lui e la sua strada, non avendo nessuna voglia di spostarlo, e si ritrovò davanti alle rive di un fiume. Era proprio quello che ci voleva.
Cominciò a spogliarsi, nascondendo poi i suoi abiti tra i cespugli per paura che lo potessero individuare come straniero, e si tuffò nell'acqua gelida. Fu abbracciato immediatamente da un senso di fresca libertà e quando riemerse si strofinò il viso con le mani, raschiando via il lerciume per lasciare posto al colore naturale della sua pelle.
Pace, finalmente. Poi però si sentì in colpa perché la sua famiglia era lontana e lui era lì disteso mentre i suoi cari erano in ansia per lui. Per la frustrazione diede un colpetto all'acqua con la mano chiusa a pugno e gli schizzi lo colpirono al viso.
La verità era che Ragnar non era fatto per la vita di coppia, proprio per niente. Amava i suoi figli più della sua stessa vita, ma a 24 anni voleva soltanto esplorare il mondo senza doversi sentirsi vincolato e la sua famiglia lo soffocava.
Uscì dalle acque del fiume, sedendosi sul tappeto verde privo di fiori senza preoccuparsi della sua nudità scoperta. Certo, i fili d'erba gli solleticavano il didietro, ma non se ne curò più di tanto mentre cominciava ad intrecciare i suoi capelli.
Poi uno scricchiolio di foglie gli fece pentire di non essersi rivestito. Si alzò in piedi e cercò di dirigersi verso il cespuglio dove insieme ai suoi vestiti vi era la sua ascia, ma un altro rumore sopra la sua testa bloccò i suoi movimenti.
Piegò la testa verso l'alto e tra i rami di un albero alle sue spalle una veste color porpora cercava di arrampicarsi sempre più lontano dal suolo. Era solo una donna.
Ragnar rimase ad osservare il corpo di quella donna mentre si muoveva agile sull'albero senza riuscire a vederle il viso.
La donna raggiunse un ramo al quale era attaccato il frutto più bello e più grande di tutta la chioma dell'albero e nella maniera di sporgersi verso di esso, il suo piede si piegò di lato in modo non naturale, facendola precipitare verso terra.
Ragnar come una molla si spostò velocemente e riuscì ad afferrarla appena in tempo. Grazie agli dei era lì, altrimenti la ragazza si sarebbe spappolata contro il terreno.
La giovane alzò il viso, bianco per la paura e senza fiato, e incontrò gli occhi azzurri del guerriero; quando poi si accorse che il suddetto era con le zone proibite al vento, letteralmente, buttò un urlo che trapanò l'udito di Ragnar.
Iniziò a dimenarsi e Ragnar mollò la presa sul suo corpo, facendola precipitare al suolo con un tonfo. La ragazza si portò le mani agli occhi e balbettò velocemente qualcosa che Ragnar non capì.
Il guerriero la lasciò lì, mentre ritornava a prendere i suoi abiti; forse era arrivato il caso di rivestirsi. Quando ritornò nei pressi dell'albero, trovò la ragazza ancora seduta nel punto in cui l'aveva abbandonata, gli occhi rossi e il labbro tremante.
Ragnar fece una faccia confusa. «E ora che ti prende?», le chiese con tono burbero.
La ragazza si spaventò per il tono duro misto a delle parole che le risultarono incomprensibili e cercò di allontanarsi, strisciando le mani sul terreno.
Ragnar alzò un sopracciglio e si portò una mano al retro del collo. «Perché non rispondi? Ti è finita la voce dopo quell'urlo che mi ha quasi stonato un orecchio?» chiese ancora, ora risentito.
La ragazza si chiuse nel suo mutismo e cercò di trattenere le lacrime mentre si stringeva il piede. Ragnar capì dal suo gesto e dal sua espressione sofferente che doveva farle male, così si abbassò al suo livello per esaminare più da vicino la ferita. Tuttavia, la ragazza si ritrasse ancora e cercò di nascondere la sua gamba sotto il vestito, ma il guerriero fu più veloce e le afferrò il polpaccio.
«Sta ferma», le intimò, ma ebbe l'effetto opposto. Ragnar si accorse finalmente che quella donna non riusciva a comprendere la sua lingua; fece un gesto esasperato e arrendendosi le lasciò la gamba.
Stava per andarsene e lasciarla lì da sola, quando una voce nella sua testa destò i suoi passi. Quella donna era di quelle parti, conosceva quella terra e sarebbe stata un grande vantaggio per loro. L'unico problema era la lingua, ma forse Ragnar aveva una persona che facesse al caso suo.
Cercando di trattenere un ghigno soddisfatto, raccolse la ragazza da terra e la mise sulle sue spalle, tra le urla e le parole, che per Ragnar non avevano senso, della ragazza.
La giovane cominciò a colpirlo con dei pugni sulla schiena e a cercare di calciarlo lì, nelle sue zone intime. Tuttavia il guerriero le paralizzò le gambe con una sola mano mentre le rivolgeva uno sguardo divertito.
«La grinta non ti manca», si complimentò, proprio perché conscio che lei non avrebbe capito. «Vedremo quanto durerà», concluse con un sorriso beffardo.
Si inoltrò nella foresta, perdendosi tra i colori della natura e sforzando il suo senso dell'orientamento per ritrovare i suoi compagni. Insieme ad Athelstan, soltanto quella donna era riuscita ad attirare la sua curiosità.
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The Warrior - Ragnar Lothbrok
FanficRagnar Lothbrok è un contadino, il cui unico sogno è quello di esplorare l'ovest per trovare nuove terre da coltivare. Eppure, scoprirà che oltre a ciò, c'è ben altro. Ispirato alla serie tv "Vikings", ma a parte gli attori che interpretano i vari...