Capitolo 4

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Dormii tutta la notte e mi svegliai presto, di buon'ora, come sempre, abituata alla scuola. Avevo avuto un incubo, e ricordavo sfuocati alcuni elementi del brutto sogno. Io vagavo in cerca di qualcuno, poi entravo in un bar, e tutti i presenti mi guardavano e ridevano. Indossavo un vestito troppo corto, avevo le gambe completamente nude, e tutti mi schernivano e facevano fischi di approvazione, con sguardi ammiccanti e perversi. Poi ad un tratto un uomo possente e massiccio mi prendeva con sé, allontanandomi dagli sguardi di quella gente cattiva. A questo punto il sogno si interrompeva. Pensai subito all'uomo del giorno prima, quello del letto. Pensai che ormai fosse già morto. Presi il telefono della camera e chiamai l'albergatore per avere informazioni . "Che fine aveva fatto Cris Buck il pugile? Era morto sì o no?"

L'albergatore fu gentile e mi disse che avevano chiamato dall'ospedale dove era ricoverato. Mi disse il nome dell'ospedale, ma disse che per telefono non davano informazioni e che, eventualmente, si doveva andare di persona. Avevo la mattina di fronte a me, avevo già espletato gli sms di rito con i miei e con Paolo ed avevo anche scritto alla mia amica Martina, l'unica alla quale avevo accennato, senza spendermi in troppi particolari, della storia dell'uomo della stanza accanto. Sembrerà strano ma non avevo alcuna voglia di girare per la città o andare per musei. Mi feci indicare l'ospedale e decisi di andare. Presi la metropolitana fino ad un certo punto, poi salii su un taxi. Scesa dal taxi chiesi informazioni ad un signore che sembrava un tipo abbastanza tranquillo, il quale mi disse che l'ospedale che cercavo si trovava a poche centinaia di metri. Mi smarrii un poco per le strade secondarie, poi finalmente mi trovai di fronte all'ingresso di un grande edificio. Entrai ed in portineria non sapevano chi fosse questo Cris Buck. Provai a spiegare all'addetta agli ingressi che quell'uomo aveva tentato il giorno prima di suicidarsi e che gli avevo salvato la vita. Sentendo questa storia strappalacrime la portinaia prese il telefono e rimase un po' a parlare con gli interni. Dopo di che mi disse di recarmi al padiglione degenza  lunga. Mi disse che non era più in terapia intensiva perché era già fuori pericolo.

« Non so chi tu sia , ma ti posso dire che non soltanto quell'uomo è vivo, ma sta bene ».

« L'ho trovato steso in quella camera d'albergo per caso ora e volevo solamente vedere se stesse bene » - risposi.

« Ah siete voi la giovanissima amica che gli ha salvato la vita... - aveva detto strizzandomi l'occhio. Vieni, sarà felicissimo di vederti » - continuò a dire alzandosi in piedi.

« Ma no guardi, sto per andare via, volevo solamente sapere in che condizioni fosse».

Non avevo alcuna intenzione di fargli visita. Anzi, non sapevo neppure il vero motivo che mi aveva spinta all'ospedale. Ma l'infermiera , certa del contrario, e completamente sorda alle mie parole, senza lasciarmi aggiungere altro, mi condusse lungo un interminabile corridoio, parlandomi di lui.

« Che uomo. Che fisico, che sguardo, pensi che dopo poche ore dal risveglio ha parlato subito. Che voce, diamine! » - aveva detto l'infermiera tutta rapita, pensando di dire ovvietà cioè che lo conoscessi essendo una sua amica.

« All'inizio , appena svegliatosi, era contrariato per quello che era successo. Evidentemente voleva seriamente farla finita. Poi però ha ritrovato il suo buon umore, così ci abbiamo scherzato un po' su. Ci ha giurato che era stata una sciocchezza enorme e che non sarebbe mai più capitato ».

Io la seguivo lungo il corridoio infinito, mezza stordita, e le andavo dietro senza sapere neppure dove mi stesse portando, come una specie di automa.

« Una delle prime cose che ha detto quando si è svegliato è stata che voleva vedere colei alla quale deve la sua vita. Deve esservi molto riconoscente » - fece.

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