Tredici

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 Andrea guarda Paolo che si ammira nello specchio del loro bagno.

Dalla porta aperta della mia stanza posso osservarli entrambi e devo dire che sono una goduria per lo sguardo e se solo non fossero gay, ci avrei provato in tutti i modi.

Entrambi mori, entrambi bellissimi con fisici scultorei dovuti a lunghe sessioni di allenamento in palestra, entrambi semi nudi.

"Hai ripreso a dipingere proprio alla grande, eh?", mi chiede Paolo che ha intercettato i miei occhi nel riflesso dello specchio e si sta rivestendo dopo aver passato la mattinata a posare per me insieme ad Andrea.

Si frequentano da circa un anno, siccome la mia "crisi artistica" è iniziata quasi contemporaneamente, lui non sa com'era quando non facevo altro che dipingere e disegnare, ma la differenza tra la me del mese scorso e la me di oggi è decisamente evidente.

"Mi è tornata l'inspirazione.", dico scrollando le spalle.

Minimizzando la cosa il più possibile, come se non fosse importante.

"Chi è il tuo nuovo modello? Quello dell'ultimo quadro e di tutti i disegni? ", continua curioso.

Bella domanda...

Come rispondere?

È il ragazzo a cui do ripetizioni il pomeriggio, fa il quinto superiore e sua mamma è la mia datrice di lavoro?

È un diciannovenne che mi trasmette talmente tanta energia e passione e che si muove con una grazia innata così armoniosa che mi fa venire voglia di spogliarlo per mangiarlo con gli occhi?

È la mia nuova disagiante, colpevole, ossessione?

"Un ragazzo che conosco.", mi limito a mormorare, prima di alzarmi e sparire nell'altro bagno, il mio, per chiudere lì la conversazione.

Rimango immobile, seduta sulla tazza, fino a quando non li sento andare via.

Per tutto il tempo non faccio altro che fissarmi nello specchio sopra il lavandino.

Fisso la mia faccia pallida e la mia espressione piena di ansia.

"Se continua così ti dovrai licenziare, Fabiola. Niente cazzate, niente scuse.", mi dico severa.

Avevo appena abbozzato il viso di Fabio in tutto quello che avevo prodotto fino ad allora, lo avrei modificato ancora un pochino per renderlo completamente irriconoscibile e se avessi trovato qualcuno interessato a esporre la collezione, quando l'avessi finita, avrei lasciato quel posto di lavoro e avrei cercato qualcos'altro.

Di sicuro non mi sarei lasciata coinvolgere a livello personale, non ero stupida ed ero abbastanza matura per saper tenere le mani ben piantate nelle tasche.

La suoneria del cellulare filtra attraverso la porta chiusa, mi precipito a rispondere.

Chiara.

"Ohi! Allora è confermato per stasera? Non mi dai buca, vero? Non darmi buca!", la sua voce al telefono mi distrugge sempre i timpani, ma lei è perfetta così.

Cerco di fare mente locale e ricordarmi quale promessa sia riuscita a strapparmi l'ultima volta che ci siamo viste per un caffè.

Ah, sì.

Stasera dobbiamo uscire per bere una cosa con il suo gelosissimo fidanzato, in modo da convincerlo a lasciarla venire a ballare con me a una serata reggaetton, di cui a me non frega assolutamente nulla, ma a cui lei vuole disperatamente andare.

"Sì, sì, vengo! Ricordami solo i dettagli della cosa.", le chiedo guardandomi intorno e decidendo che devo mettere ordine nella stanza.

"La serata è il venti...", inzia.

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