Negli anni successivi, l'uomo e la sua famiglia tentarono in ogni modo di ricostruire un rapporto oramai giunto al termine.
In una mattinata estiva, Todd era seduto in cucina intento a fare colazione. Le tapparelle erano ancora abbassate, a stento riusciva a sentire il calore del sole che filtrava dalle piccola fessure delle serrande verdi, logore e scolorite.
la casa stava lentamente marcendo assieme a loro.
L'uomo sorseggiava il caffè, pensando a quando sua moglie fosse stata gentile a prepararglielo proprio prima che lui uscisse di casa.
Assorto nei suoi pensieri, quasi non si rese conto della presenza di sua figlia, apparsa sulla soglia della porta. Portava una camicia da notte sbiadita, i capelli erano scompigliati e il viso pallido come al solito.
Troppo pallido.
Todd non osava toccarla, temendo potesse dissolversi sotto le sue mani come polvere.
«Buongiorno, tesoro.» le disse, avvicinandosi a lei e baciandole la fronte, gesto dal quale lei si sottrasse infastidita.
Invece di arrabbiarsi, l'uomo pensò che una reazione del genere fosse del tutto normale. La ragazza stava crescendo, l'adolescenza non era certo un'età semplice da affrontare.
Inoltre, a causa degli ultimi eventi e delle continue discussioni tra l'uomo e la moglie, la giovane aveva iniziando a chiudersi sempre più in sé stessa.
Ma Todd sapeva bene che prima o poi sua figlia avrebbe dovuto fare i conti con la realtà, così come lui e sua moglie.
Intrappolati in un nucleo familiare che con il passare del tempo non faceva che sgretolarsi.
Sempre più.
La giovane si avvicinò alla finestra e abbassò leggermente le tapparelle, dirigendosi poi verso il forno ed iniziando a preparare il latte.
Proprio in quell'istante, anche la moglie fece il suo ingresso nella buia cucina. Il suo sguardo era quasi più freddo e spento di quello della figlia, tanto che l'uomo si ritrovò a presupporre che dovessero aver dormito male entrambe.
«Hai fatto un incubo?» domandò alla donna, non appena lei si sedette al tavolo con le braccia incrociate al petto. Osservava la tazza in ceramica vuota, senza dar segno di voler riempirla con del caffè.
«Sai bene che io non sogno mai, Todd.»
Lui sospirò, assumendo un'aria pensierosa e domandandosi se non fosse necessario prender loro qualcosa in farmacia.
Qualcosa che le avrebbe aiutate a stare meglio. La scienza aveva oramai fatto passi da gigante, dovevano per forza esserci delle medicine adatte ad entrambe.
Antidepressivi.
Imipramina per sua moglie e Tript-Oh per la figlia, la quale necessitava naturalmente di una dose più leggera. Oppure farmaci in grado di stimolare la serotonina e la dopamina, l'ormone della felicità e dell'amore.
Sì, avrebbe pensato a tutto.
L'uomo sfilò una sigaretta dal pacchetto, avviandosi verso la porta di casa ed iniziando a ragionare sul lavoro che quel giorno avrebbe dovuto svolgere in studio.
Ovviamente, non prima dell'aver caldamente salutato la sua famiglia.
Prima di lasciare la cucina, si voltò un istante a guardarle.
Avevano lo sguardo distante, come a voler affermare la loro sola presenza fisica nella stanza.
Come se, mentalmente, fossero da tutt'altra parte.
Come se non gli importasse nulla.
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Una storia vera
Horror-COMPLETA- «Perché non facciamo mai entrare il sole?» continuò a chiedere la ragazzina con sguardo assonnato. «Il sole fa male alla pelle, bambina.» Questo breve racconto nasce da un sogno avuto diversi mesi fa. Lo so, faccio sogni m...