Capitolo 3

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Ho bevuto più del solito e, anche se reggo bene l'alcol, sento la testa pesante. Mi sdraio sul divano mettendomi un braccio sul viso. La mia mente non si spegne neanche per un secondo, la sento farneticare come una matta... il fastidioso rumore dei miei pensieri mi sta facendo impazzire.

Cosa diavolo è successo prima tra me e Clarke? Perché avevo una voglia matta di baciarla? Di stringerla a me? Di toccare il suo corpo? Cazzo! Lei è la mia migliore amica, ci conosciamo da più di vent'anni, lei è la mia roccia, lei è il mio tutto, non posso mandare a puttane la nostra amicizia solo perché sono in crisi ormonale e provo strane emozioni. E poi cosa diavolo provo? Le ho sempre voluto un bene dell'anima, me quello che sento in questo momento è diverso... è più intenso, è più passionale.

"CAZZO LEXA! BASTA, SMETTILA DI PENSARCI! Oddio, mi sa che sto impazzendo!", urlo, per far smettere quell'irritante sproloquio mentale.

"Smettere di pensare?! A cosa?", la voce roca di Clarke mi arriva dritta al cuore come un fulmine a ciel sereno.

Sgrano gli occhi, ma non le rispondo.

"Lexa... stai bene?", sento dei passi avvicinarsi.

Arriva al divano e si siede al mio fianco. Mi leva il braccio dal viso ed istintivamente chiudo gli occhi.

"Lexa.... guardami!", prova di nuovo.

Incrocio i suoi occhi e mi viene quasi da piangere. Leggo preoccupazione in quel oceano e non so cosa fare per tranquillizzarla.

"Clarke, pensavo fossi andata via con gli altri", provo a sviare la conversazione.

"E lasciare la mia migliore amica a crogiolarsi da sola in ufficio?!? Ti conosco meglio di me stessa Lexa... c'è qualcosa che ti turba, l'ho letto prima, nel tuo sguardo... e mi dispiace per te mi cara Lexy, ma non andrò via fino a quando non me ne avrai parlato".

"Lexy... era da un po' che non mi chiamavi così?!", sorrido al suo nomignolo, adoro quando mi chiama così.

Dio... Clarke, ma come diavolo fai a farmi sorridere anche in un momento come questo?

"Te l'ha mai detto nessuno che sei una testarda rompiballe!", esclamo sorridendo timidamente.

"Sì, tu me lo ripeti da una vita ormai", il suo tono è estremamente dolce e per un attimo penso di cedere, ma come posso farle questo.

Cerca di accarezzarmi il viso, ma io mi scanso e mi alzo di scatto, fuggendo verso la finestra.

"Eh questo... cosa diavolo era?", mi domanda incredula.

"Clarke, ti prego, lasciami sola... ho bisogno di stare da sola", la supplico.

"Senza offesa Lexa, ma tutte le volte che ti riduci così, poi è la sottoscritta che il giorno dopo deve sudare per farti passare la sbronza... e non voglio che succeda un'altra volta... stasera hai già bevuto abbastanza e non ti fa bene... lo sai".

"Chi sei mia madre?", sbotto seccata, girandomi per guardarla.

"No, ma ti voglio bene, forse fin troppo, per vederti buttare via così, affogando chissà quali dispiaceri nell'alcol".

"Parli come se io fossi un'alcolizzata e non lo sono, Clarke".

"Magari è vero, ma per stasera hai fatto il pieno... dai, vieni, che ti accompagno a casa", ribatte prendendomi la mano.

Il suo tocco mi fa venire i brividi. Il mio cuore comincia a battere come un martello pneumatico, sono completamente in affanno e non riesco ad emettere un suono. Levo la mano dalla sua quasi avessi presso la scossa. E mi allontano da lei.

My Best Friend... My EverythingDove le storie prendono vita. Scoprilo ora