#2-Annabel

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Iniziai a frequentare la biblioteca con assiduità, dal lunedì al venerdì. Solo per vederla.
Andavo nel reparto di storia e prendevo dei libri a caso, senza leggerli. Li aprivo e poi guardavo Annabel.
Lei aveva un'aria assorta, bellissima, un profumo fantastico. Non aveva nulla a che vedere con l'odore umano. Lavanda. Mi piaceva. Sarei restato ore, anni, secoli ad assaporarlo.

Non chiedetemi perché. Ero sicuro che lei mi stesse osservando, anche se leggeva tutta assorta, sapevo che lei sapeva di me. Mi mantenevo a distanza. Un giorno le avrei parlato.

Quel profumo è ancora qui e mi conforta in questo pezzo di mondo più piccolo e buio. Se le cose fossero andate diversamente, forse avrei amici. Forse sarei tra loro , a ridere scherzare, a bere fino a vomitare, a ballare. Forse, se non mi fossi mai innamorato di Annabel, adesso avrei una moglie o una ragazza con cui farei sesso ogni notte, come gli uomini normali.

Non chiedetemi perché, ma una vita da uomo normale non mi ha mai entusiasmato. Forse è colpa mia, forse dovevo costringermi a non amarla.

Annabel. Annie, la mia Annie.

Non so cosa sia l'amore, ma quello che provavo per lei era forte; era come se il cuore, come un cavallo impazzito, si fosse sbizzarrito e avesse voluto scappare dalla gabbia toracica. Ma si sarebbe solo trovato in una cella più grande. Come me. Come tutti.

Forse la non libertà serve per tenerci in vita. O libertà o vita. E non puoi neanche scegliere. Ma io volevo la libertà.
Annie talvolta assumeva un'espressione così triste che mi sarebbe tanto piaciuto abbracciarla, baciarla, sussurrarle parole dolci nell'orecchio, avrei dato il mondo per una carezza. Mi eccitava anche così, con un'espressione malinconica dipinta sul viso. Sembrava uscita da un quadro. Era semplicemente bellissima.
Non chiedetemi perché, potete immaginarlo.

Un giorno, come potrei mai dimenticarlo, mi misi proprio nel posto di fianco al suo. Il profumo era più intenso, inebriante, per me era quasi una droga. Sarei stato tutta la vita ad assaporarlo.
I capelli corvini, legati in su in una coda andavano avanti e indietro al ritmo delle pagine che scorrevano.
Era una lettrice avida, come se leggere fosse stato lo scopo della sua vita. Come se fosse alla ricerca disperata di qualcosa.
Sbirciai il libro. Il Medio Evo. Che cosa stesse cercando in quel periodo buio non lo sapevo. Ma iniziai anche io a prendere libri sul medioevo.

La guardavo mentre era assorta nella sua ricerca. I libri che si sceglieva erano quelli più vecchi e polverosi, dovevano avere almeno cent'anni, con mano delicata, come se stesse accarezzando un neonato, li sfogliava. Avrei dato il mondo per essere una pagina di quei libri.
Non so perché, e non chiedetemelo, ma volevo dirle che era bellissima, volevo dirle che avrei passato la mia vita con lei, anche solo a guardarla.
Ad un tratto lei alzò lo sguardo su di me. E mi sorrise.
Giuro era come se il mondo si sciogliesse, diventasse miele e si trasferisse sulle nuvole. Come elettricità pura lungo le vene.
E rimasi incantato, a fissarla.
La felicità non poteva essere diversa, il paradiso era il suo viso... Appena pensai al paradiso i suoi occhi si rabbuiarono.
Era come se riuscisse a leggermi i pensieri. Si rimise a leggere con quell'espressionemalinconica.
Volevo chiederle perché. Ma non osavo. Una voce dentro diceva di non farlo.

E non lo feci mai.

Così come non riuscii mai a seguirla, a scoprire dove abitasse, o di che paese fosse. Riusciva a non lasciare traccia, come pioggia sulla neve.
Ma, anche se poteva essere importante scoprire dove viveva quando non era in biblioteca, non tentai di continuare la ricerca. Sempre quella voce dentro mi diceva di non farlo.

Il paradiso era dal lunedì al venerdì, dall'orario di apertura all'orario di chiusura. Poi andavo a lavorare, al planetario e guardavo le stelle e pensavo ad Annie. Forse veniva da una stella o da un pianeta, come il piccolo principe, e si chiedeva, come lui, perché mai gli uomini, che stanno su un minuscolo pianeta disperso in una delle periferie della Galassia, si scannino tanto per sentirsi ancora più soli, e per consolarsi con un pezzo di terra che a loro non apparterrà mai veramente. E inventino scuse, leggi, parole per comunicare senza mai comprendersi appieno.
"Si è un po' soli nell'universo"
"Sì è soli anche con gli uomini"

Il cielo si muoveva e la notte passava in un'ora, la cintura di Orione, il suo riconoscimento, la sua freccia, segnava la fine della notte e l'inizio dell'alba. Era Estate ancora.
E il cielo dimostrava di essere soltanto una bellissima illusione ottica. La libertà, una bellissima illusione ottica, e tornava la griglia del soffitto, la prigione del mondo.
Ma io pensavo ad Annie e non mi sembrava più così terribile.

Quando il sabato mattina mi recavo in biblioteca. Annie non c'era.
Per stare comunque vicino a lei, prendevo uno dei libri che stava leggendo e lo sfogliavo. Forse inconsciamente speravo che si presentasse alle mie spalle e mi rimproverasse o mi guardasse con quell'espressione malinconica, e mi dicesse qualcosa. Qualsiasi cosa. Volevo sentire la sua voce, avevo bisogno di sentirla.
Ma sapevo che il sabato lei non veniva. Chissà dov'era. Chissà se ce l'aveva un fidanzato o un marito, dei figli magari, un lavoro che amava o che odiava. Avrei voluto tanto chiederglielo.

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