Harry aspettò ad aprire gli occhi, aveva paura ad aprirli, non sapeva cosa aspettarsi, era la seconda volta in vita sua che visitava un luogo del genere, non sapeva come mai ne sentisse il bisogno, ma in quel momento, sentiva che era la cosa giusta da fare, era passato a visitare il monumento ai caduti ad Hogwarts, non poteva non andare anche lì, dove tutto ebbe inizio: aprì gli occhi e si trovò all'entrata di un cimitero.
Dalle colline che scorgeva intorno a lui, riconobbe il luogo: non si trovava lontano dalla Tana, anche se non sapeva esattamente dove vivessero i Diggory, ma comunque non dovevano abitare lontano da lì, siccome avevano preso la stessa passaporta dei Weasley, quando dovettero raggiungere il luogo dove si teneva la coppa del mondo di Quidditch, il ricordo gli fece salire uno spontaneo sorriso alle labbra, così varcò la soglia del cimitero ed entrò all'interno.
Una volta dentro, Harry si mosse meccanicamente verso le lapidi, indirizzando lo sguardo verso ogni lapide, in attesa di trovare quella che cercava, ne vide diverse: non riconobbe il nome in nessuna di quelle lapidi.
Non poté fare a meno di chiedersi che cosa avrebbero detto i genitori di Cedric se l'avessero visto lì, ce l'avevano ancora con lui per la morte del figlio? Ce l'avevano mai avuta effettivamente con lui? Ricordava bene il momento in cui aveva parlato con i Diggory dopo la morte di loro figlio e loro non lo incolparono affatto della sua morte, ma ora, dopo tanti anni, era ancora effettivamente così?
Immerso in questi pensieri, Harry non si rese quasi conto che si era arrestato automaticamente davanti ad una tomba, le cui scritte recitavano:
"Qui giace Cedric Diggory:
devoto lavoratore, fedele amico, meraviglioso figlio.
27 settembre 1977-24 giugno 1995."
Harry non pianse, non sapeva se quel cimitero fosse destinato solo ai maghi o se fosse un cimitero misto di maghi e Babbani, in ogni caso si guardò intorno e controllò di essere solo prima di muovere la bacchetta e far comparire dal nulla un fascio di giacinti, che prese ed appoggiò delicatamente sulla tomba di Cedric.
Aveva scelto i giacinti, perché simboleggiavano il perdono: regalare giacinti è un modo inequivocabile per chiedere scusa in maniera netta e senza appello, così, una volta rialzatosi, cercò le parole giuste per poter chiedere scusa anche a parole.
<<Ciao Cedric, è un po' che non ci vediamo.
Quella notte, più di tre anni fa, tu moristi ingiustamente e fu tutta colpa mia.
Sarei dovuto essere da solo in quel cimitero, tu non saresti dovuto finire lì con me e non saresti dovuto morire alla giovane età di 17 anni.
Saresti dovuto tornare fuori dal labirinto con la coppa Tremaghi in mano, avresti dovuto alzarla davanti alla scuola e avresti dovuto dare alla casa Tassorosso la gloria che si meritava.
Avresti dovuto frequentare il tuo ultimo anno ad Hogwarts, magari diventare Caposcuola. Avremmo dovuto giocare ancora uno contro l'altro a Quidditch e questa volta non ci sarebbero stati dissennatori a regalarti una corsa solitaria verso il boccino>> qui ad Harry si spezzò la voce, voleva sorridere quel ricordo, ma pensando che sarebbe stata una mancanza di rispetto, si trattenne, si concentrò, fece un respiro profondo e riprese.
<<Non ti conoscevo bene, Cedric, non so quali fossero le tue ambizioni: saresti sicuramente diventato un grande mago, magari avresti giocato a Quidditch a livello professionistico o saresti diventato un grande Auror, ma una cosa la so: non sarebbe dovuta andare così.
Ti chiedo scusa, Cedric, riposa in pace>>.
Harry si prese un momento prima di andarsene, rimase ancora qualche istante lì davanti a fissare le parole che recitava la lapide, come se volesse imprimere a forza anche le sue nella scultura, poi, con un immenso sforzo, si voltò ed uscì dal cimitero.Harry voleva ancora andare in un posto, prima di tornare a casa, ormai l'ora di pranzo era passata da diverse ore, ma lui non aveva fame, così si voltò a mezz'aria e ricomparve in una piccola via di un paese del West Country: Godric's Hollow.
Si era ripromesso di non tornarci più, dopo la prima visita, che era stata più che disastrosa, tuttavia ormai la guerra era finita e non c'era più nessuno che potesse infastidirlo lì.
Rimase un attimo con gli occhi chiusi, si godette quella brezza leggera che gli scompigliava i capelli e gli rinfrescava il viso, poi aprì gli occhi e riconobbe la via dov'era già stato la vigilia di Natale in compagnia di Hermione.
Era un po' strana senza lo spesso strano di neve che c'era nell'unica occasione in cui Harry era andato lì, si aspettava stupidamente lo stesso identico scenario, quando era ovvio che, in agosto, la neve non potesse esserci.
Ripensò a tutte le bizzarre coincidenze che presentava quel luogo: era per lui un legame indissolubile con il mondo magico, se avesse avuto un Horcrux, Harry pensò, era sicuramente lì che lo avrebbe nascosto: quello era il luogo dove Godric Grifondoro era nato e il luogo dove Silente era cresciuto insieme ai fratelli, prima della tragica morte della madre Kendra e della sorella Ariana e, non meno importante, quello era il luogo dove tutto ebbe inizio: dove Lord Voldemort scomparve per la prima, cercando di uccidere un bambino che resistette alla maledizione mortale.
Harry quella notte perse tutto e dovette fare i conti con un mago oscuro di straordinaria potenza e di incredibile abilità, cercando di sconfiggerlo in una guerra che non sapeva se avrebbe mai vinto.
Harry vide in lontananza un obelisco dedicato ai caduti, si avvicinò, sapendo già in che cosa si sarebbe trasformato: nella statua di lui neonato, in braccio ai suoi genitori sorridenti.
Invece, con sua enorme sorpresa, la statua mutò si, ma non in quella che Harry ricordava: il bambino era scomparso ed al suo posto, aveva preso forma un Harry in forma adulta, al centro della statua, con i capelli corvini spettinati e ribelli e puntava la bacchetta di fronte a sé, proprio verso l'Harry in carne ed ossa, la cicatrice sulla fronte era ben visibile ed i dettagli del volto erano pressoché perfetti.
Leggermente dietro Harry erano apparsi i suoi genitori, alti come lui, nonostante Harry avesse l'impressione che sua madre dovesse essere un po' più bassa di lui e James; entrambi avevano un sorriso luminoso dipinto in volto e gli poggiavano una mano sulla spalla: James con la mano destra sulla spalla sinistra di Harry e Lily con la mano sinistra sulla sua spalla destra.
Harry sorrise a quel cambiamento e non poté fare a meno di chiedersi quando fosse stato fatto, anche se aveva in testa l'idea che la statua fosse stata cambiata dopo che Harry ebbe sconfitto Voldemort per la seconda volta.Harry si discostò a fatica dalla statua e riprese la sua camminata verso il cimitero, vi entrò e seppe a memoria qual era la strada da intraprendere, la ricordava come se l'avesse fatta mille volte, anche se c'era stato solo una volta.
Vide la corona di elleboro che aveva lasciato Hermione la vigilia di Natale e notò che ormai le foglie erano secche e consumate, così puntò la bacchetta, mormorò <<Evanesco>> e quella sparì, Harry, allora, con un movimento di bacchetta, fece apparire dal nulla un mazzo di rose, simbolo universale dell'amore e lo posò delicatamente sulla tomba, si alzò e sorrise a leggere le parole "L'ultimo nemico che sarà sconfitto è la morte".
La prima volta che lesse quelle parole non le capì, gli passò quasi per la testa che potesse essere una frase da Mangiamorte, invece, ora, dopo aver scoperto dell'esistenza dei Doni della Morte, dopo aver sconfitto Voldemort e dopo essere stato lui stesso, anche se per un breve attimo, possessore di tutti e tre i doni, capì ciò che la frase volesse dire.
La morte non poteva essere sconfitta, quindi Lily e James erano riusciti, con la loro forza e il loro sacrificio ad andare oltre la morte, a viverci attraverso, senza prenderla come una nemica ostile da cui scappare (come aveva fatto Voldemort), ma piuttosto come una parte inevitabile della propria storia.
<<Sapevo che ti avrei trovato qui>> disse una voce.
Harry si spaventò a quelle parole, non si era accorto che qualcun altro era entrato nel cimitero e d'istinto sfoderò la bacchetta con velocità fulminea e la punto contro l'estraneo.
<<Ginny! Ma sei impazzita? Mi hai fatto prendere un colpo>> disse Harry abbassando la bacchetta e massaggiandosi il petto, dove il cuore batteva ancora all'impazzata.
Lei avanzò verso di lui e continuò: <<Sono venuta qui ieri ed oggi, sapevo che prima o poi saresti venuto>>.
Harry si bloccò, pensò un po' a cosa dire prima di risponderle: <<Come mai mi cercavi? Potevi mandarmi un gufo>>.
<<Volevo parlarti da vicino, al gufo non avresti risposto, volevo cercare di capire perché sei così sfuggente>> rispose lei in tono sicuro.
Lo conosceva bene, benissimo, Harry non avrebbe mai risposto ad un gufo di Ginny, nonostante con lei si fosse trovato bene nei giorni precedenti.
Quando lei notò che lui non rispose, proseguì: <<Dobbiamo parlare, Harry>>.
<<Non ho niente da dire>> rispose lui asciutto, cercando di scappare da quella conversazione che tanto temeva.
<<Allora ascolterai. Ti stai dando la colpa di ciò che è successo, vero?>> chiese lei in tono perentorio.
Harry per un attimo si chiese se lei fosse in grado di esercitare la Legilimanzia, come sapeva tutto ciò? Ne aveva parlato con Hermione? Scelse di provare a fuggire dalla conversazione, a qualunque costo, non voleva parlarne con lei, che era oggetto dei suoi desideri più di quanto lei immaginasse, ma affrontare questo discorso significava portare a galla dolore e perdita: di conoscenti, amici e familiari.
<<Che intendi dire? La colpa di cosa?>> evidentemente il suo tentativo di fare il finto tonto non funzionò, perché lei lo guardò torvo, ma poi chiuse gli occhi e disse in tono comprensivo: <<Harry, non è colpa tua, tutti sapevano quello per cui stavano combattendo, anche Fred>>.
<<Si bè, se mi fossi consegnato prima...>> cominciò lui, ma lei lo interruppe in tono brusco, quasi arrabbiato.
<<Harry non puoi salvare tutti, ti rendi conto di quanto noi Weasley siamo in debito con te? Hai salvato nell'ordine me, mio padre, Ron e mia madre>>.
<<Tua madre? Di che cosa...>> disse lui.
<<L'Avada Kedavra di Voldemort, dopo che mia madre ha ucciso Bellatrix, si è bloccato da solo, vero?>> chiese Ginny interrompendolo di nuovo.
<<Già, non ci avevo pensato>> concluse lui in tono lugubre.
Possibile che le cose stessero come diceva Hermione? Che lei avesse bisogno di lui e lui di lei? Da quanto tempo era che non si definiva davvero felice? Vero, avevano vinto una guerra, ma il prezzo da pagare era stato altissimo e ad Harry sembrava che l'euforia per la vittoria non lo avesse adeguatamente ripagato.
Dopo un lungo silenzio da parte di entrambi, Ginny tirò un lungo sospiro ed Harry alzò lo sguardo: i suoi occhi verdi si allacciarono con quelli nocciola di lei.
<<Che cosa stai facendo, Harry? Mi hai lasciata un anno fa, a causa di Voldemort ed ora che non c'è più, non ti sei ripresentato. Perché non sei tornato da me? Ti ho aspettato, sai? Aspettavo una tua mossa, un tuo cenno, un tuo segno. Pensi che non mi sia chiesta che fine avessi fatto dopo la guerra? Pensi che non avessi bisogno di te? Non c'è stato un attimo in cui non desiderassi di averti con me, per sopportare meglio questo terribile dolore che provo, ma è così, Fred se n'è andato e non tornerà e la tua assenza al mio fianco ha solo che aumentato la sofferenza e la tristezza>> disse lei tutto d'un fiato.
Ad Harry gli sembrò improvvisamente che l'aria attorno a lui fosse diventata improvvisamente rarefatta, gli venne un brivido lungo la schiena ed improvvisamente la verità lo colpì come un bolide: aveva sbagliato tutto.*spazio autore*
Sarebbe venuto too much lungo se avessi continuato, diciamo che ho tenuto il meglio per il prossimo capitolo.
Ci vediamo presto.
Grazie per aver letto il quinto capitolo.
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Harry e Ginny: Ritorno ad Hogwarts (HINNY)
FanficHo scelto di scrivere questa fanfiction su Harry e Ginny perché secondo me sono la coppia più bella di Hogwarts, oltre che essere la mia ship... spero vi piaccia, commentate se avete consigli per migliorare la storia, ciao belli.