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/Martina's POV/

Mi rigiro nel freddo letto di camera mia, la camicia di forza mi impedisce di mettermi comoda con le braccia.

Ogni notte è così. Da quando mio padre ha iniziato a bere, mi vede come una malata mentale. È andato a comprare una camicia di forza e ogni notte mi tocca indossarla.

Non c'è un giorno in cui riesca a tornare a casa con lui sobrio. Mia madre era disperata, non lo sopportava più.

È tornato a casa con delle prostitute. Mia madre non ce l'ha fatta. L'ha lasciato e se ne è andata, lasciandomi in mano sua. E naturalmente lui sfoga la sua rabbia su di me, picchiandomi e ferendomi verbalmente.

Penso che sto cedendo anche io piano piano. Mamma mi ha detto di andare ad abitare da lei il prima possibile, ma papà non mi lascia sola un secondo.

Devo essere sempre a casa dieci minuti dopo la fine della scuola, cosa impossibile visto che devo prendere l'autobus per tornare a casa e ci impiega mezz'ora. Il che significa botte. Devo pulire casa, diventare la sua serva del cavolo e se non lo faccio sono cavoli amari. Ogni sera si porta una tipa diversa a casa, considerando che per la sua età è ancora un bel ragazzo e quindi qualche ragazza disperata la trova. Mi tocca pulire il macello che fa in camera.

Se qualcosa va male, se la prende con me. Mi picchia, mi offende nel profondo.

Mi sono stufata di rimanere a letto. Guardo l'orologio. Sei di mattina. Né troppo tardi, né troppo presto. Mi alzo, prendo dei vestiti dall'armadio e mi vesto. Skinny neri e maglione nero. Una volta vestita, mi piastro i capelli da emo rossi. Preparo la borsa con dentro le cose di scuola, prendo una mela ed esco di casa, stando attenta a non svegliare l'orso maledetto. Non avendo voglia di aspettare mezz'ora per prendere l'autobus, mi dirigo a scuola a piedi. Cuffiette nelle orecchie, la mia amata musica rock, e il mondo sembra meno brutto.

Le prime luci del mattino, le case che si svegliano, illuminando le stanze come la cucina, dove le famiglie fanno colazione insieme. Alcuni padroni che portano fuori i loro cani per i bisogni prima di andare al lavoro.

Sospiro, aumentando il passo.

Dopo diversi minuti, arrivo davanti a scuola. Il mio telefono dice che sono le sette e quaranta. Meno di un'ora e inizia la scuola. Mi siedo su una panchina, continuando ad ascoltare la musica.

Dopo un po', quando iniziano ad arrivare i professori e qualche studente, sento un tap tap sulla spalla. Mi tolgo una cuffietta, per poi girarmi.

Due magnifici occhi color menta, celati da due occhiali neri, dei capelli corvini e sbarazzini incorniciano un volto di un uomo sulla trentina d'anni. Indossa una camicia bordeaux arrotolata a tre quarti, una cravatta nera con delle distanti e minuscole righe bianche, dei pantaloni grigio scuro sorretti da delle bretelle che fanno da contrasto alla camicia scura.

"si?"

"sei una studentessa di questa scuola, giusto?"

mi tolgo le cuffiette, annuendo.

"sono il nuovo professore di Musica, il signor Armstrong. Potresti cortesemente mostrarmi i dintorni e magari l'interno dell'istituto per favore?"

deglutisco. Io?

"signor Armstrong, non ci è permesso entrare a scuola prima dell'orario scolastico. Ma se vuole, io conosco un modo per entrare."

dico accennando ad un sorriso e ricordandomi come si entra di nascosto da scuola.

"davvero? Beh, ti ringrazio molto..."

"Martina. Martina Wright."

"Martina Wright...okay, andiamo."

dice con energia. Mi sta simpatico questo professore.

Ci alziamo e ci dirigiamo verso il retro della scuola. Mostro velocemente i vari campi di sport che si praticano qui a scuola, quindi baseball, football americano, atletica e lacrosse. Una volta arrivati all'entrata sul retro della scuola, mi appoggio lievemente, spingendo pochissimo. Prendo una forcina dai capelli e la metto all'interno della serratura. Dopo aver smanettato per un minuto buono, sento un clac e la porta si apre.

"beh, si accomodi professore."

dico spalancandola ed entrando. Lo facevo un po' di tempo fa quando non volevo tornare a casa a dormire, troppo spaventata da mio padre. Mi portavo dei cambi e mi trovavo un posticino nel sottoscala. Mostro anche qui velocemente le aule, mentre il professore mi ascolta.

"avete l'aula di musica qui?"

"si, solo che non ci sono mai andata...non possiedo uno strumento e quindi...mi sembrava inutile."

"oh, mia cara, non è inutile. Se qui ci sono degli strumenti, puoi usare quelli. Se vuoi potrò insegnarti qualcosa dopo scuola."

sarebbe fantastico. Però papà...

"mi piacerebbe, ma non posso. Ora dobbiamo nasconderci, stanno per aprire."

ci infiliamo sotto un sottoscala. Qualche minuto dopo, una marea di persone iniziano ad entrare a scuola.

"è stato bello conoscerti Martina. Spero di essere il tuo nuovo professore di musica."

"anche per me è stato un piacere conoscerla signor Armstrong. Ci si vede."

esco dal nascondiglio, dirigendomi verso il mio armadietto.

Prima ora: Inglese. La professoressa Lovelace è davvero fantastica, è molto dolce e gentile con me, forse perché ha capito che la sua materia mi interessa e non poco.

Le ore passano tranquille, come sempre isolata e ignorata da tutti. Non sono una sfigata, sono invisibile. Anche per fatto dei miei capelli rossi, qui si dice che chi possiede dei capelli di quel colore è figlio del diavolo. Beh, di sicuro mio padre lo è.

Ultima ora prima di andare a casa. Musica. Mi dirigo all'armadietto per cambiare i libri e dopo averlo fatto in fretta e furia, mi dirigo verso l'aula. È da tutta la mattina che penso al professor Armstrong, non riesco a togliermelo dalla testa.

Sono la prima ad entrare in classe, quindi riesco ad accaparrarmi un posticino comodo vicino alla finestra e al centro.

"hey Martina, ci si rivede."

salto in aria, presa alla sprovvista. Mi volto, trovando il signor Armstrong alla cattedra, mentre armeggia con la sua borsa, cercando presumibilmente i libri.

"oh, salve professore. Quindi lei insegna in questa classe?"

"a quanto pare si."

ridacchia.

"senta, professore...riguardo alla sua proposta di prima..."

"oh si, quella di rimanere qui per insegnarti a suonare uno strumento."

"esatto...è ancora valida?"

"certo che si! Potremmo iniziare anche questo pomeriggio, subito dopo scuola."

oggi è lunedì, il che significa che il diavolo è fuori fino a tardi con i suoi amici alcolizzati a bere...

"si, oggi sono libera."

dico sorridendogli. Ricambia.

Suona la campanella e la maggior parte dei ragazzi entrano in classe, alcuni dopo due minuti. La lezione inizia con le presentazioni del prof e le nostre, per poi iniziare a parlare degli strumenti musicali dell'ottocento e dei principali musicisti di quell'epoca. Devo dire che, nonostante questa roba sia un po' pallosa per i miei gusti, con il signor Armstrong sembra quasi...magica.

BOOM! Nuova storiella pella pella! Cosa ne dite? ProfXstudente? Le vostre prime impressioni? Ah, mi dimenticavo, questa storia è stata scritta in collaborazione con il mio Billie, per chi non lo sapesse una delle mietre voci. Saluta Billie!

Hey Ragazzi.

Beh, ora vi lascio! Ciao Cuccioli!

-Martina e Billie

Yes, Sir. /Green Day/Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora