Capitolo 2

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[Grazie Diego.♡07.05.2017♡]

Osservavo la luna e pensavo.

Davvero un'ora prima l'avevo visto cantare?
Pareva fosse un sogno.
E poi ecco Giada che torna alla vita normale appena uscita dal locale: coi suoi amichetti del cuore a fumare erba.

«Principessa?? Se non ti decidi guarda che fumiamo tutto noi al posto tuo!» esclamò Jordi.

Niente è sbagliato se ti rende felice.

«Passa.» sospirai.

«Dai depressa, tra poco starai meglio.» disse Loris accennando un sorriso.
«E intanto che aspettiamo...» iniziò Brandon tirando fuori la piccola cassa, che non mancava mai durante le nostre fantastiche avventure.

«Giada... Vedrai che lo riincontreremo! Non devi preoccuparti!» aggiunse Loris avvicinandomi la canna alle labbra.

La presi tra le dita.

E Diego era sempre fisso nei miei pensieri anche durante il fumo.

"Ogni canna che faccio è in problema in meno."

Solo per qualche ora.
Magari sparissero per sempre i problemi, ma non è così.
Cerco di evitarli quando dovrei affrontarli.
Un'altra ora passata a ridere senza apparenti motivi, con qualsiasi tipo di musica sparata a volume alto.

Finchè...
Non udimmo dei cani abbaiare.

«Oh merda spegni! Sbrigati!» urlò Loris a Jordi.
«Ma che spegni e spegni! Stanno arrivando!!»

L'erba mi rendeva troppo paranoica e ansiosa.
Andai troppo nel panico in pochi secondi.

«SBRIGATEVI!» Gridai iniziando a correre via verso non si sa quale meta.
«GIADA ASPETTA!» udii Brandon.

Scattai in mezzo secondo, facendo un errore madornale:
Mai abbandonare i propri amici.

Eppure non so perchè lo feci, mi sentii in pericolo?
Ne ho affrontate di peggiori, come mai adesso ho il cuore a mille?

Pregai che anche la mia compagnia fosse corsa via, altrimenti non l'avrebbero passata liscia stavolta.

Correvo.
Da sola.
Di notte.
In una città che conoscevo poco e niente.

Ero in grado di difendermi, certo, ma non è mai stato il massimo rimanere sola soletta in un posto sconosciuto.

«Cazzo perchè li ho lasciati da soli?!»

Mi fermai dopo pochi minuti, abbastanza lontana dal posto in cui eravamo, più vicina però al centro di Milano.
Cercai di camminare nel buio, sperando di non essere notata da un'ipotetica persona.

Camminai fino a quando non mi ritrovai di fronte all'entrata di un hotel: avevo un po' di soldi con me, non c'erano neanche più i treni per tornare a Lecco, era troppo tardi.
Entrai, sperando di poter trovare una stanza.
Mi guardai attorno: era piuttosto messo bene.
Avevo paura di quello che mi sarebbe costata.

Si e in tutto questo ero fatta.

Che grandi idee Giada.

Andai verso la reception, dove c'era una ragazza che stava finendo di fare non so che cosa.
«Scusi...?»
«Mh?» alzò lo sguardo.
«Volevo sapere se c'era una stanza libera... Solo per stanotte, posso andare via anche già alla mattina.»
La ragazza mi squadrò, fissandomi gli occhi.
Non devi fissarmi gli occhi, sono già in una situazione di merda.
«Penso proprio di averne una singola...» disse voltandosi verso quello che chiamavo io, l'appendichiavi.

Ne prese una con su scritto il numero 12, e poi me la passò.

«2° Piano... Okay? Riesci a pagarmela domani vero?» mi chiese con tono preoccupato.
Sghignazzai annuendole.
Giravo con un po' troppi soldi, lo so.
«Tutto apposto.»

E Diego di nuovo.

La canzone che aveva fatto con Sfera era diventata la colonna sonora del mio trip.
Buffo.


Nel mentre che salivo le scale, sentivo gli occhi che iniziavano a chiudersi, avevo bisogno di sdraiarmi da qualche parte al più presto.
Il mal di testa mi stava sventrando.
Girai la chiave all'interno della fessura della porta numero 12, ed entrai.

Non feci nemmeno a caso alla stanza, mi buttai direttamente sul letto.

Presi il celluare dalla tasca gigante del mio felpone: volevo chiamarli.

«Ma... Accenditi suvvia!»

La giornata internazionale delle sfighe, mi si era spento il cellulare per colpa della batteria scarica.
Dovevo alzarmi di nuovo.
Andare a chiedere ad un vicino di camera se aveva un caricatore da prestarmi.
Caricare il telefono.
E sapere se quei 4 erano ancora vivi.

«Che giornata di merdaaaaaaaaaaaaa!»

Camminavo e sembravo uno zombie.
Bussai alla stanza accanto, la numero 13.
Aspettai una decina di secondi prima di vedere la porta aprirsi.

Ma, non appena vidi chi mi aprii la porta, mi si spalancarono gli occhi.

«Ma non sei ciccio...»

Quei due occhi marroni.

Pensai fosse solamente frutto delle mie allucinazioni.

Ma lui era lì.

Era fottutamente di fronte a me.

FENICE ||  IZI Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora