Disinfettante

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Il tonfo della stampella contro il pavimento coprì grossolanamente il commento di Nick, decisamente poco incline ad un cartone Disney, e Judy drizzò le orecchie senza trovare la lucidità mentale di rimproverare il collega. Le forze l'abbandonarono per qualche istante per poi tornare come un'ondata incandescente che le arruffò leggermente il pelo.

"Jack!" esclamò alla radio. "Bellwether è scappata!".

-Cosa?- commentò la voce della lepre dall'altra parte, distorta dai circuiti della trasmittente. La sua voce non era pacata e quella nota stridula di ansia fece digrignare i denti alla volpe.

"Le telecamere, Jack! Trovala!" esclamò la coniglietta. Attimo di silenzio, poi Jack parlò nuovamente.

-Ok, tutti calmi- disse, tornando freddo. –Il laboratorio è attivo e sorvegliato dalle guardie: non può entrare senza attirare l'attenzione e lei ha il divieto di accedervi. Dovunque sia, la troverò. Comunque, complimenti Wilde: la tua sorveglianza è stata qualcosa di ineccepibile-

"Disse quello seduto davanti alle telecamere" commentò lui raccogliendo la stampella. "Dimmi un po' tu dove si trova visto che dovevi essere gli occhi del laboratorio".

-Era una tua responsabilità, Wilde- osservò la lepre dalla radio.

"E allora perché hai preso posto la dentro?" chiese lui, ghignando alla telecamera nell'angolo in alto. "Dì la verità, stavi spiando nei bagni eh?".

-Non ci sono le telecamere nei bagni- replicò lui asciutto.

"Bene, allora direi che possiamo andarli a controllare per primi" osservò lui, zoppicando fuori dalla stanza e chiudendo la conversazione. Judy spense la radio e lo inseguì.

"Nick senti..." cominciò. "Riguardo a prima...".

"Non mi sembra il momento, Carotina" interruppe lui. "Avvisa Alopex e cercala anche tu: separati copriremo più luoghi in meno tempo. E poi, siete più veloci di me in questo momento".

Aveva ragione: la coniglietta si ripeté questo pensiero nella testa mentre lo guardava arrancare verso i bagni e gli spogliatoi con la velocità massima consentitagli dalla zampa ferita. Deglutì; prendere la direzione opposta a quella che gli aveva visto imboccare fu stranamente difficile, ma scosse la testa ed afferrò il pomello della porta della mensa.

(Più tardi) pensò. (Quando avremo acciuffato Bellwether e questa storia sarà finita: non c'è nulla che non possa risolvere, nulla di cui non possa parlarmi). Proprio lei parlava...

Quella città, Zootropolis...era una città di ingrati e di cuccioli da compagnia. Diavolo, che fine avevano fatto le socievoli zebre, i furtivi e timorosi scoiattoli, i lenti e pigri ippopotami? Erano tutti in giacca e cravatta o con un grembiule da fruttivendolo o con un ridicolo cappello di giornale piegato a berretto che impilavano mattoni su mattoni.

Dei tempi della scuola si ricordava un libro della biblioteca civica di Zootropolis: parlava della natura e degli animali primitivi, quelli in cui il richiamo della natura dettava legge e le sole cose che garantivano la sopravvivenza erano la caccia al cibo e l'istinto. Niente classi sociali, niente capi e schiavi, impiegati e operai, ricchi e poveri: solo prede e predatori ed il più veloce, il più forte sopravviveva.

Wilde le aveva detto che lei non era in cima alla catena alimentare: aveva ragione, certamente, ma a lei non interessava. Tutto quanto quello che voleva era dar vita al suo sogno meglio nascosto nel suo piccolo cassetto.

Il ruggito del leone: diamine se voleva sentirlo.

Non il ruggito che il sindaco Lionheart le rivolgeva quando inciampava e dava il giro alla pila eccessivamente alta di documenti che portava tra le piccole zampe oppure quello di quando gli aveva rovesciato il caffè sui pantaloni di flanella blu mentre lui ancora stringeva tra le zampe lo scontrino. No, quello che voleva era il re degli animali, non il sindaco di Zootropolis. Rivolse un sorrisetto affabile ai due lupi di guardia al laboratorio e mostrò il badge attaccato al collare accanto alla campanella. Uno dei due si abbassò sul secchio ed annusò.

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