2.5 |LA CHIAMATA|

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Erano circa le 4 del pomeriggio.
Bill e Tom erano andati a studiare in biblioteca e Simone era a casa da sola.
Quando...
Driiiin!
Il telefono squillò e lei alzò la cornetta.
"Pronto? Chi è?"
"Salve, sono la professoressa Müller. Le volevo parlare di suo figlio."
"Ehm..mio figlio..ehm.."
"Oh, sì, mi scusi. Di Bill."

Simone era sconvolta.
Bill era un angioletto a scuola, che era successo?

"Che cosa è successo?"
"Ha avuto un comportamento estremamente negativo a scuola ed irrispettoso nei confronti miei e per la sensibilitá dei compagni."

Simone si sedette sul divano e sospirò.
Da Tom se lo sarebbe potuto aspettare, ma da Bill...cosa gli era saltato in mente?!

"La invito a venire a scuola da me, per parlarne, se può."
"Certo..certo. Sarò lì fra mezz'ora."

Si rialzò. Sospirò.
Provò a chiamare Bill, ma non rispose.
Allora chiamò Tom, e sentì la suoneria del suo cellulare provenire dalla stanza dei gemelli.
Era davvero confusa.
L'unica cosa di cui si preoccupava ora era sapere se Bil stava bene, ma nonostante ciò uscì di casa e si diresse verso la scuola.

Bill e Tom erano in biblioteca.
Non si guardavano negli occhi.
Bill era troppo imbarazzato, ma Tom era incazzato nero.
Erano appoggiati con la schiena a una grande libreria di legno, nascosta in un angolo invisibile.
Bill provò ad avvicinarsi a Tom.
Lui lo respinse, chiuse il libro che stava guardando, e si diresse verso il bagno, tenendo lo sguardo basso per non farsi riconoscere.
Bill si accucciò in un angolo, abbracciato alle sue ginocchia.
Aspettò qualche minuto, ma quando si accorse che Tom non tornava si diresse anch'esso verso il bagno, a controllare il suo gemello.
Nel bagno dei maschi c'era un'unica porta chiusa.
Bill bussò dolcemente.
"Ehi Tomi"
"Lasciami stare. Non chiamarmi così."
"Ti prego, non te la prendere. Non volevo, te lo giuro!"
"Vattene via Bill.
Mi hai sputtanato davanti a tutti e ora saremo etichettati per sempre come i due osceni gemelli froci. ORA VATTENE, LASCIAMI DA SOLO."

Bill aveva voglia di piangere.
Si accasciò sulla porta, strisciando.

Dopo un po' di tempo Tom disse piano piano:"Hei, Bill..sei ancora lì?"

Bill non rispose.
Mugolò. "Mhh"

"Mi dispiace per quello che ti ho detto."
"Mh."
Tom aprì la porta dolcemente, e raggiunse Bill, raggomitolato sotto al lavandino.

"Scusa." Disse Tom.
Bill non si mosse.
Allora Tom si sedette accanto a lui e lo abbracciò.
Bill si sciolse e sembrò volere quell'abbraccio più di ogni altra cosa al mondo, loro due erano come una catena, che non si sarebbe mai spezzata.
Bill iniziò a lacrimare e a sobbalzare.

"È...è..tu-tutta colpa mia...sono sta-stato un id-id-idiota.."

Tom lo strinse più forte.
Dopotutto, Tom poteva anche essere un duro, atteggiarsi come un bullo, ma era la persona più dolce che Bill avesse mai conosciuto finora.
Dopo essersi 'snodati' Tom aiutò Bill ad alzarsi.
"Te l'avevo detto. Io per te ci sarei sempre stato."
Bill sorrise, e i due fratelli si diressero verso casa.

Simone a quel punto era giá arrivata a scuola.
Chise in segreteria dove si trovava la professoressa Müller e poi ci fu il ricevimento.

La professoressa di tecnologia spiegò a Simone tutto nei minimi dettagli.

Era sconvolta, era diventata bianca in volto.

Quando la professoressa ebbe finito di parlare, Simone uscì dalla scuola.

Pensò che era colpa sua, che era sempre stata assente per loro, e non aveva dato loro alcun modello o esempio, e ora i suoi figli ne pagavano le dure conseguenze.
Simone pensò di essere una cattiva madre, non riusciva a perdonarsi, e, amareggiata, tornò a casa, piena di rimorsi e di sensi di colpa.

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