Il giorno dopo diventano quattro giorni di febbre a trentotto, durante i quali assisto impotente al girare del mondo.Dustin mi sommerge di telefonate e messaggi, cui non rispondo perché ho la gola in fiamme e gli occhi offuscati dalle lacrime.
Clayton tratta la mia influenza penosa come una giuria da influenzare in una causa penale: la mattina mi elenca tutte le medicine che devo prendere durante il giorno e la sera me le ripete in tono autoritario per assicurarsi che abbia seguito alla lettera le istruzioni del bugiardino.
Lexie fa capolino dalla porta della mia stanza con una mano davanti alla bocca e, dopo avermi fatto presente quanto gli facciano schifo i miei bacilli, ha l'ardire di scroccarmi gli appunti di un esame che ho dato un anno fa – con buona pace della riconoscenza per averla aiutata in un momento di difficoltà.
L'unica a passare il suo tempo con me è la santa Priscilla, che m'intrattiene a botte di minestre e filastrocche. «Te la ricordi questa del leone? Avevate nove anni» canticchia, scuotendo la testa.
Sorrido. Certo che me la ricordo. Non potrei mai dimenticare quello che Priscilla ha fatto per me e mia sorella, dopo la morte di nostra madre.
A metà settimana risorgo finalmente dal baratro in cui sono piombata e mi trascino faticosamente in bagno.
Sono ancora scossa dai brividi, ma quelli dovuti alla febbre non sono niente rispetto al brivido che mi scuote di fronte allo specchio: ho il viso più pallido del solito, gli zigomi sporgenti e i capelli annodati in una sorta di rasta. Avrò il mio bel da fare per rendermi presentabile – penso con un sospiro.
Stamattina il mio ragazzo ha insistito per accompagnarmi al Campus e, prevedendo quanto sarà perfetto nel suo completo da praticante avvocato, non voglio essere da meno.
Stirati i capelli, ravvivo le guance con un tocco di fard e stendo un velo di gloss sulle labbra. Gli occhi li trucco poco: le mie lunghe ciglia scure non hanno bisogno di essere messe in risalto, specialmente in una giornata di studio da passare in biblioteca. Dall'armadio, infine, sfilo un abito che rispecchia alla perfezione la mia resurrezione: bianco, leggero e a fiori.
È un fine maggio eccezionalmente caldo per essere a novecento metri sul livello dell'Oceano Pacifico, in mezzo a una foresta e a un passo dalle rive del South Lake. Proprio l'altro giorno, Clayton ha detto di non ricordarne uno simile. Io, invece, me lo ricordo bene.
Eravamo reduci dall'inverno più freddo mai registrato nella Contea di Eldorado e la primavera, quell'anno, fu una vera e propria rinascita.
L'ultima della mia vita.
Ci ripenso con malinconia, mentre attraverso il vialetto di casa per andare incontro a Dustin che mi sta aspettando al di là della strada. L'odore d'erba fresca, di terra smossa e di rosa appena sbocciata; il sorriso solare di mia madre, il sudore imperlato sulla sua fronte e gli spilli di rosmarino infilati nei jeans; la sensazione di calore sulla pelle, la morbidezza delle carezze e gli occhi accecati dai mille colori dei fiori.
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UGUALI MA DIVERSI
FanfictionL'apparenza inganna? Julie Emerson non si è mai posta questa domanda. Da quando il sogno dell'infanzia è stato spezzato dal vuoto della mancanza, il suo mondo non ammette vie di mezzo: tutto ruota intorno ai confini netti e definiti di bianco o ne...