In questo esercizio ci è stato richiesto di parlare di un personaggio dopo avergli fatto un'ipotetica intervista attraverso delle domande fornite dall'insegnante. Dovevamo collocare il personaggio in un ambiente a noi molto familiare. Il personaggio ha un segreto vitale che non ci ha detto, scopre qualcosa che non ci rivela e dev'essere misterioso persino per noi stessi.Come ogni sera, Elias, si fermò a contemplare le luci e i colori del tramonto mentre con la sua bici faceva rientro a casa. Nonostante passasse lì ogni sera, lo spettacolo di Capo Caccia tinteggiato di rosa, del mare che rifletteva tutte le sfumature del cielo, delle lucine accese delle imbarcazioni a largo, riusciva a coinvolgerlo sempre, tanto che, spesso, non resisteva alla tentazione di fermarsi e scattare qualche foto con il suo smartphone. Ne aveva a decine, e se a un primo sguardo sembravano tutte uguali, ogni foto regalava scenari differenti.
La bella stagione stava per cominciare, presto, Alghero sarebbe stata invasa dai turisti, e Elias cercava di godersi l'ultimo periodo di pace prima della stagione estiva. Preferiva la calma e la tranquillità alla confusione, il silenzio e la solitudine; per questa ragione, considerata la sua giovane età, era considerato un tipo strano, poco socievole.
Di lui si sapeva poco in giro e quel poco che si sapeva era noto a tutti. Viveva con una zia, sorella di sua madre dall'età di cinque anni, nessuno conosceva le vere ragioni della sua adozione, e che fine avessero fatto i veri genitori, e questo non face che alimentare negli altri fantasie e teorie di ogni genere.
Stanco di pedalare, Elias decise di scendere dalla bici e proseguire un tratto a piedi. Arrivato nei pressi di piazza Sulis, continuò in direzione dei Bastioni, preferendo la strada più lunga pur di continuare a godersi il panorama.
Era la parte della città che preferiva, con le sue antiche mura a picco sul mare e alcuni vecchi cannoni posizionati in punti strategici, quasi potessero sparare ancora. Quante volte, da bambino, aveva sognato di essere un pirata salendoci sopra a cavalcioni, immaginando storie in cui finalmente era lui l'eroe, il vero protagonista. Gli piaceva inventarsi storie, al punto che qualche volta gli amici gli avevano dato del bugiardo.
Scese la scalinata che dai Bastioni si ricongiungeva al centro storico, prese l'iPod dalla tasca del giubbotto e prima di salire in sella alla sua bici per proseguire in direzione di casa, si infilò le cuffie e ripartì, svoltando verso il porto turistico e proseguendo per il lungomare.
La luce era ormai calata e del tramonto restava solo qualche nuvola ancora accesa in lontananza. L'aria cominciava a farsi più fresca, procurando a Elias una sensazione di fastidio, contrastando con la sua pelle sudata. Ora che non c'era più niente da ammirare aveva fretta di rientrare a casa e mangiare finalmente qualcosa, così aumentò l'andatura, fino all'arrivo a casa. Legò con la catena la vecchia bici al solito palo e fece le scale di corsa spinto da un profumino invitante proveniente proprio dalla loro abitazione, lui e la zia erano soliti cenare presto.
Quando entrò in casa la trovò ai fornelli come immaginava, la zia amava cucinare e si occupava di lui come fosse suo figlio, da quando, dieci anni prima, era andato a vivere insieme a lei e a suo marito. Per Elias fu un duro colpo quando lo zio venne a mancare, tre anni prima. Eppure, per diverso tempo, aveva detestato quell'uomo e la freddezza con la quale gli raccontò tutta la verità sui suoi veri genitori. Si era sentito in colpa per la sua morte, si convinse che la reazione di quel giorno fu una delle cause del suo aggravamento. Lui stesso stentò a riconoscersi, ebbe paura di se stesso e della sua ira.
Posò lo zaino sulla sedia ma prima che potesse aprir bocca la zia lo rimproverò. «Va' a fare una doccia, sei tutto sudato» le disse la zia appena lo vide varcare la soglia della cucina. «Non voglio vederti a cena in quelle condizioni.»
Elias sbuffò, era stanco e avrebbe preferito sdraiarsi sul divano a guardare un po' di tv finché la cena non fosse pronta. I compiti, invece, li avrebbe fatti dopo, chiuso nella sua stanza, la zia era convinta che dopo la scuola andasse a casa di un amico a farli e che per questa ragione, e che era questa la ragione per cui, da qualche tempo a questa parte, rincasava più tardi del solito.
Dopo la doccia, Elias andò nella sua stanza a cambiarsi e la stanchezza cominciò a sopraffare persino la fame. La sua stanza era piccola, senza fronzoli, si adattava al suo fisico minuto ed esile, al suo carattere semplice. La zia ripeteva sempre che sarebbe cresciuto, che a quell'età il fisico non si era sviluppato del tutto, che probabilmente sarebbe cresciuto tutto in una volta. A lui poco importavano quei discorsi, spesso lo imbarazzavano. «Vedrai che ragazzone diventerai, e la smetteranno quei deficienti di prenderti in giro per la tua altezza» gli diceva. Ma lui, evitava quasi di guardarsi allo specchio, e quando non poteva fare a meno di farlo non vedeva altro che un ammasso di brufoli e sopracciglia.
«Hai finito? È pronto» urlò la zia dalla cucina per farsi sentire.
Elias alzò gli occhi al cielo e uscì dalla sua stanza per raggiungerla. Ogni giorno era sempre più difficile inventare la giornata che non aveva vissuto, raccontare aneddoti di fatti mai accaduti e, soprattutto, far sembrare che le cose andassero bene e che tutto fosse identico a prima.
«Come è andata l'interrogazione di oggi?» gli chiese per rompere il silenzio.
«Bene» si limitò a rispondere deglutendo a fatica il pezzo di pane che aveva in bocca.
La zia lo guardò di sottecchi limitandosi a commentare con un: «Mmm.» D'altronde, non erano i voti scolastici a preoccuparla, da quel punto di vista, Elias, le aveva dato sempre grandissime soddisfazioni. Ciò che la turbava realmente era il male che si portava dentro, quella rabbia celata e pronta a esplodere di nuovo. Come quel giorno.
«Come sono andati i compiti? Potreste venire qui qualche volta anziché essere tu ad andare sempre da lui.»
Elias venne colto da un colpo allo stomaco. Sta diventando sospettosa, pensò immediatamente. «No zia, viene di strada andare direttamente da lui, abita vicino alla scuola.»
«Potrei riaccompagnarlo in macchina, non sarebbe un problema» insistette.
A quel punto l'espressione di Elias cambiò improvvisamente, e seppur per una frazione di secondo, la zia vide in quello sguardo lo stesso di quel giorno. «Okay, domani provo a dirglielo» rispose, ma il suo tono calmo contrastava con il suo viso tirato.
Finirono di cenare e alla richiesta della zia di restare con lui a guardare la televisione sul divano, come un tempo erano soliti fare, Elias rispose che era davvero troppo stanco. La zia non insistette, aveva capito benissimo che non tirava aria quel giorno, seppur non immaginasse minimamente il perché e imputando gli sbalzi di umore – ultimamente sempre più repentini – allo sviluppo. Per un attimo sorrise anche, immaginando che era la ricerca di intimità e di nuove scoperte a preferire la casa dell'amico alla loro, troppo piccola e con una presenza di troppo, per fare le esperienze tipiche della sua età.
Non poteva immaginare quale fosse la verità, ancora non poteva sapere che il suo incubo più grande stava per diventare una realtà e che, ben presto, tutto sarebbe venuto a galla.
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Laboratorio di scrittura
RandomRaccolta dei diversi esercizi stile che sto svolgendo durante il laboratorio di scrittura creativa