D'ingiusto c'è solo la vita

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Ci è stato chiesto di scrivere un racconto completo, con protagonista un uomo ateo che entra in chiesa. Il protagonista ha subito una perdita, ma nonostante questo è in pace con se stesso

Erano diversi anni che non ci metteva piede.

Demetrio conosceva bene quella chiesa, tutti gli eventi importanti della sua vita sembravano ruotarle attorno. Era sempre vissuto lì, non si era mai spostato dal suo paese.

Lo amava quanto lo aveva detestato.

La sua casa, un piccolo appartamento situato nella parte alta di Sennori, era tutto quello che gli restava di una vita da bracciante agricolo. La piccola porta d'ingresso, in vetro e alluminio, faceva pensare che l'interno fosse altrettanto piccolo mentre, una volta dentro, un lungo corridoio dava accesso a diversi ambienti. Lungo le pareti, quadri di nature morte e piccole imbarcazioni ritratte sulle rive della costa sarda, si alternavano a fotografie di famiglia, alcune vecchie quanto quella casa, appartenuta ai suoi genitori. I mobili erano quelli acquistati prima del matrimonio, era stata sostituita solo la cucina e acquistato qualche altro mobile nel corso degli anni, ma l'arredamento era rimasto pressoché identico ad allora, specialmente la camera da letto dove, sopra la spalliera, spiccava una scultura rappresentante la Madonna con Gesù Bambino.

Quella mattina di luglio, Demetrio, era uscito a fare la solita passeggiata, pochi passi, vista la sua condizione, in compagnia del suo bastone in legno di olivo. L'aveva fatto lui stesso, lavorando a lungo un grosso tronco che altrimenti sarebbe stato destinato alla brace; infine l'aveva impreziosito infilando in cima una decorazione d'argento. Da quando la sua condizione gli impediva di stare per troppo tempo fuori casa, era solito passare il tempo facendo lavoretti di questo tipo.

Spesso veniva schernito dai giovani per l'andatura claudicante, e Demetrio cercava di allontanarli minacciando di colpirli con il suo bastone. Tutti lo conoscevano e lo reputavano un po' strano perché taciturno e solitario. Non era sempre stato così, lo era diventato dopo l'incidente, lo stesso che gli aveva portato via sua moglie, diciassette anni prima. Da allora nessuno l'aveva più visto in parrocchia, nemmeno in occasione dei funerali di amici e conoscenti.

Aveva smesso di credere in Dio.

Raggiunta la piazza di San Basilio, Demetrio si riposò poggiandosi al muro di granito che delimitava il piazzale, non essendo presente nessuna panchina per non attirare ragazzi in cerca di spazi dove bere una birra la sera e spingerli altrove.

Ripensò al giorno delle sue nozze con l'amata Marisa. Erano passati quarantadue anni da quel giorno, ma il ricordo era vivido, impresso nella sua memoria.

Gli venne voglia di entrare.

Da lontano contò gli scalini, erano cinque. Riprese fiato, si avvicinò e li salì lentamente, ritrovandosi davanti il pesante portone di legno che conduceva all'interno. Afferrò il bastone con la mano sinistra e con l'altra spinse con forza.

Quasi aveva dimenticato il profumo di cera misto all'odore dell'umidità, il fresco piacevole che si avverte all'interno durante il periodo estivo. Quelle sensazioni gli ricordavano l'infanzia all'oratorio e le domeniche a fare il chierichetto. D'istinto diede uno sguardo all'acquasantiera, ma le passò oltre. Percorse la navata laterale alla sua destra, fermandosi qualche istante a osservare le candele, alcune ancora accese, altre spente in attesa di una grazia che non sarebbe mai arrivata. Demetrio provò tristezza al pensiero che ancora qualcuno ci credesse. Era strano, per gran parte della sua vita anche per lui era stato così.

Arrivò sino all'altare e lì si sedette, non per pregare o ritrovare se stesso, ma per ammirare la chiesa da un punto di vista architettonico, come si addice a un buon ateo.

La chiesa di San Basilio, seppur con una storia antica alle spalle, non era di certo una delle più belle che avesse mai visto. Distrutta durante la seconda guerra mondiale, era stata ricostruita quasi interamente, conservando ben poco dell'aspetto originario, riuscendo a conservare al suo interno un retablo del Cinquecento di scuola cagliaritana raffigurante L'incoronazione della Vergine.

Ai lati dell'altare erano presenti due grosse statue, di scarsa fattura, rappresentanti dei santi, Demetrio non ricordava chi fossero, la memoria iniziava a giocargli i primi scherzi. Notò un'altra statua alla destra, rappresentante Padre Pio che non aveva mai visto, sicuramente era stata inserita dopo il funerale di sua moglie. La trovò talmente brutta che era impossibile l'avesse scordata. L'effige di San Basilio era posta alle spalle dell'altare all'interno di un tabernacolo: visto con altri occhi gli sembrò raffigurasse un re e non un santo.

Sentiva un legame con quel posto, ma non ne avvertiva più la sacralità, senza avvertire un senso di colpa ma al contrario provando sollievo.

«Demetrio?» domandò una voce alla sua destra, così sussurrata da pensare di essersela immaginata.

Si voltò di scatto trovandosi davanti don Tore, uno dei preti più anziani della parrocchia. Trovò che fosse molto invecchiato e immagino che anche il prete stesse pensando la stessa cosa di lui.

«Cercavi qualcuno?» gli domandò, non riuscendo a spiegarsi perché si trovasse lì.

In paese tutti sapevano che era diventato un ateo convinto e detestava l'indottrinamento cattolico.

«No, don Tore» rispose rispettando il titolo che gli spettava. «Non si può entrare in una chiesa senza una ragione precisa?»

«Come stai?»

«Come i vecchi» rispose cinico.

Don Tore si sedette accanto a lui. Ne aveva viste tante, nel corso del suo lungo sacerdozio, di anime perse come quella. Un figliol prodigo alla ricerca della strada di casa. «Vuoi confessarti?» gli chiese, convinto che fosse quella la ragione della sua visita.

In paese si diceva che la notte dell'incidente fosse ubriaco, e non si fosse mai perdonato che a causa sua la moglie fosse morta. Voleva forse liberarsi di questo peso? – pensò Don Tore quando lo vide.

«Non ho nulla da confessare» gli rispose in maniera brusca, intuendo quale fosse il suo pensiero.

«Tutti hanno bisogno del perdono del Signore. Ti aiuterebbe a sentirti in pace con te stesso.»

Demetrio cominciò a pentirsi di essere entrato. Non gli andava di discutere, di far capire le sue ragioni. Era già in pace con se stesso, lo era da quando aveva deciso di allontanare Dio dalla sua vita. Prendersi le proprie responsabilità e non imputarle a un disegno divino. Per Demetrio, pensare che qualcosa di ignoto avesse deciso per lui e gli avesse dato un dolore così grande, era qualcosa di assurdo, era ormai convinto che non ci fosse nulla a guidare gli eventi.

D'ingiusto, al mondo, c'era solo la vita.

Fece presa con il suo bastone e si sollevò. Prima di voltarsi e andare via, chinò appena la testa in segno di saluto. Don Tore rispose nella stessa maniera. Percorse la navata centrale e uscì.

Per l'ultima volta, ne era sicuro.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 23, 2017 ⏰

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