Richiesta d'amicizia

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Non so come sia trascorsa questa prima giornata scolastica. Vorrei descriverla, ma non trovo le parole adatte. Disastrosa? Strepitosa? Magari nessuna delle due? Claire è del mio stesso umore, quando usciamo  all'aria aperta, cinque ore dopo. Pare che lei ed Alessandro non si siano parlati affatto.  Non so se sia più triste la mia o la sua situazione! Io ci ho parlato, per poco ma ci ho parlato. E cosa importante, non abbiamo discusso amorevolmente come mi sono immaginata io decine di volte. Anzi, ha compiuto un gesto terribile nei miei confronti! Non voglio dirlo a Claire. Peggiorerebbe soltanto le cose, ed io voglio soltanto godermi l'ultimo tepore della stagione. Sediamo sulla panchina del parco e mentre fumo la mia classica sigaretta, chiudo gli occhi al sole. Occhi che invece Claire copre con occhiali da sole di Dolce e Gabbana.
« Ecco, vedi? Tu sei come loro! Alessandro puzza di fumo! E anche Daniele! Tu farai la stessa fine se non la smetti! »

Apro un occhio per guardarla. Ha le gambe elegantemente accavallate e tra le mani ha una rivista di moda. È cosi perfetta anche quando non vuole sembrarlo. Una vera e propria bambolina. Mi rendo conto di non averle chiesto il viaggio in Croazia, regalo di promozione da parte di suo padre. Ma non ne ho voglia, non dopo quella mattinata infernale.
« Smettila! Cerca di non pensarci al momento! Ci passerai un anno assieme. Fattene una ragione! »

Lei chiude la sua rivista e mi osserva offesa.
« Come puoi pensarla cosi? Ci hanno diviso, si è preso una cosa che non era sua! Anzi due! Il mio banco e la mia migliore amica! »

Arrossisco senza volerlo. Odio arrossire. Tiro una boccata più veloce delle altre e quasi tossisco. Queste frasi non deve dirmele. Sa quanto possano fare effetto su di me. Se ne rende subito conto e mi guarda con compassione. So già dove vuole andare a parare.
« Non ha preso un bel niente! E poi, io sono sempre vicina. Basta che ti giri e sono li! E non guardarmi in quel modo, ti prego! »

Lei poggia il gomito sul suo ginocchio e il mento sulla mano. Intravedo il colore dei suoi occhi anche attraverso gli occhiali scuri. Mi sento timida sotto quello sguardo indagatore. Quando parla la sua voce assomiglia più a un sussurro.
« Sai che metà delle ragazze vorrebbe sedere vicino al più figo della scuola durante l'anno scolastico? »

Ci sta girando intorno. Mi inumidisco le labbra, pronta all'attacco.

« Avanti, arriva al sodo! Cosa vuoi dirmi? »

Le sue pupille si dilatano e la voce si riduce davvero ad un sussurro, come se qualcuno fosse li ad ascoltarci.

« Come ti senti a stare vicino a lui? »

Quella domanda mi agita ancor di più. È troppo diretta, come un boomerang lanciato a tutta velocità. Getto via la sigaretta e mi passo le mani sugli occhi stanchi. È un gesto che faccio quando la situazione mi sfugge di mano, quando tutto mi sta scomodo. Anche la panchina su cui siamo sedute. Anche gli abiti che indosso.

« Come vuoi che mi senta? Come una scolaretta idiota che ha una cotta per il compagno di classe che non sa neanche della sua esistenza. Ecco come mi sento! La solita fottuta sensazione! »

Claire raddrizza la schiena e mi afferra una mano stringendola tra le sue. Mi torna in mente la sua scritta cancellata sul banco e il cuore sprofonda nel petto, come un enorme masso. Mi viene da piangere, ma reprimo le lacrime.

« Lo sapevo dal momento in cui l'ho visto toccare il banco, le mani a pochi centimetri. Lo sapevo che sarebbe stato un disastro! »

Vorrei urlare a squarciagola e cancellare quegli istanti, ma non posso farlo. Mi limito ad alzare le spalle e ad assumere un'aria strafottente.

« Lo sappiamo da due anni, ormai! Dovrò solo cancellarlo dalla mia memoria e forse imparerò davvero ad odiarlo! »

Claire annuisce. Ma lo fa soltanto per infondermi coraggio. Entrambe sappiamo quanto non sia vero. Quanto io ci abbia provato in questi tre anni ad ignorarlo. E quanto sminuivo i miei tentativi, correndo a spiare il suo profilo Facebook ogni volta che ne avevo la possibilità. Aveva anche la bacheca pubblica, lo stronzo! Come se in qualche modo sapesse di essere desiderato! Mi dicevo che soltanto per questo, dovevo odiarlo. Disprezzarlo. Ma non ci sono mai riuscita. E non ci riuscirò ora, che dovrò convincerci per nove lunghi mesi.
Restiamo in un silenzio pesante e opprimente, come una coltre di nubi nel mese di novembre, fino a quando decido di cambiare sponda e di approdare su un'altra isola di pensiero. Almeno per il momento.

« Ti va di raccontarmi del tuo fantastico viaggio? »


Diverse ore dopo, con una tazza di tè bollente tra le mani e un computer sulle gambe, sono rilassata sul mio letto. Mia nonna è uscita due ore fa, dicendo che raggiungeva le sue amiche per un giro di spese in città. Mia nonna è una donna forte! Ha sessant'anni, ma è come se non li avesse. Si muove come una trentenne ed è sempre indaffarata! Da quando è morto mio nonno ha cercato il suo svago fuori da queste quattro mura e tra amiche, shopping e una nipote come me in casa, non ci pensa quasi più. Anche se un amore grande come il loro non può essere cancellato. Ho scelto di vivere con lei, sei anni fa. Quando i miei genitori hanno deciso per il divorzio. Mia madre vive a Milano con il suo nuovo compagno e mio padre è rimasto alla patria vivendo gli anni che gli restano in assoluta tranquillità! Io e la nonna viviamo a Roma, dove non è mai difficile annoiarsi! Io e lei sappiamo trovarci e la nostra convivenza si basa su solide promesse, comodi compromessi e una splendida amicizia. Lei ha i suoi spazi, io i miei!
Il silenzio della casa è assordante, tranne per la tv tenuta a volume basso, soltanto perché io odio il silenzio. Ho bisogno di sentirmi circondata di vita, di colori, di movimento.
Poggio la mia tazza stracolma di tè sul comodino ed entro sulla piattaforma sociale più famosa al mondo: Facebook. Ho tre notifiche; due di Claire e i suoi like sotto i miei link e una richiesta di maledetti giochi. Ma quello che attira la mia attenzione è una richiesta di amicizia. Clicco rapida sul puntino rosso e subito avverto il cuore perdere diversi battiti. Sono sull'orlo di lanciare un urlo o di prendere il computer e scaraventarlo per terra. Non posso crederci! Non voglio crederci! Le mie mani cercano il telefono, lo trovano e rapide scorrono la lista dei contatti. La chat di Claire si apre all'istante e subito le scrivo.
"Mi ha aggiunta su Facebook! Che faccio?"
Sto tremando e so benissimo il perché. Finisco inevitabilmente sul suo profilo, attenta a non schiacciare su 'accetta richiesta' ed ammiro la sua foto del diario. Un suo primo piano, il suo profilo in bianco e nero. Qualcosa di assurdamente straordinario, come il suo sorriso in quello scatto. Arriva la risposta di Claire ed io smetto di scorrere sulla sua bacheca che ormai conosco a memoria.
"Cosa? Parli sul serio? Accetta! Ovvio! Cosa stai aspettando?"
Mi mordo freneticamente le labbra indecisa sul da farsi. Vorrei averla vicino per aver maggior sostegno, ma lei non è qui. Strofino gli occhi con i pugni chiusi e cerco di razionalizzare. Dopotutto è solo una stupida richiesta d'amicizia. Non è nulla! Anzi niente! Zero assoluto, come i cantanti. Dopodiché tiro un lungo sospiro e accetto la richiesta. Chiudo gli occhi. Magari sto immaginando tutto. O sto dormendo profondamente. Riapro gli occhi e il suo profilo è ancora li, con quella piccola sbarra bianca che evidenzia la parola 'amici' che non siamo mai stati! Aprendo la lista delle chat, noto che lui non è online. Non mi avrebbe mai scritto, di questo ne sono sicura. Come ero sicura che non mi avrebbe mai mandato la richiesta. Contraddittoria, scema e idiota! Ecco cosa sono! Chiudo il pc con un gesto secco e lo ripongo ai piedi del letto. Afferro la testa tra le mani e conto mentalmente fino a dieci. Devo calmarmi o finirò per fumarmi l'intero pacco di sigarette in dieci minuti!

Quella sera, tra diverse chiamate con Claire, parecchie tazze di tè e cinque sigarette, crollo stanca sul letto dopo essermi rinfrescata con una sana doccia. Non ho fame, mi si è chiuso lo stomaco al pensiero di dover affrontare domani, ma che dico tutti i giorni, quello stronzo di Daniele! Mia nonna l'ha chiamata malattia d'amore e in quel momento ho odiato tanto anche lei. Oggi era particolarmente allegra; ha preparato la cena canticchiando un motivetto a me sconosciuto e ha comprato delle begonie, sistemandole sulla grande finestra del salotto. Il loro profumo si sente per tutta casa e durante la doccia ho rimasto la porta del bagno aperta, per potermi rilassare ancor di più. Spengo il telefono poggiandolo sul comodino. L'ultimo messaggio di Claire recitava:
"Però se ci penso, mi dico che è stato fin troppo gentile a rispettare la regola! Uno come Alessandro non lo avrebbe mai fatto!"
E io avrei tanto voluto risponderle, che fino al giorno prima anche noi pensavamo che Daniele fosse strafottente. Ma lascio perdere, troppo stanca per poter ribattere. Mi infilo sotto le coperte e sbadiglio sonoramente, tastando ai piedi del letto la borsa dell'acqua calda. Fa ancora caldo per poterla usare. Mi distendo, spegnendo la luce. I miei occhi cercano all'istante la finestra. Il cielo è una distesa di stelle. È meraviglioso guardarle comodamente distesi nel proprio letto. Claire me l'ha sempre invidiato! La sua stanza non ha finestre. Non ho mai capito la forma della sua casa ad essere sincera! Le palpebre cominciano a tremarmi e lentamente cado in un sonno profondo, sognando occhi azzurri come il mare.


Non so come abbia fatto ad uscire in orario da casa, questa mattina! I jeans non volevano saperne di salirmi su per le cosce, i capelli non prendevano la forma che volevo io, tanto che alla fine ho optato per una lunga coda di cavallo e la maglietta che volevo mettere era in realtà macchiata di caffè e ho dovuto indossare una felpa grigia. La fermata dell'autobus è a pochi passi da casa mia, ed è la cosa che odio di più, il tragitto nel bus. La calca di studenti si ostina a riempire sempre lo stesso mezzo, ed io mi ritrovo schiacciata contro le porte come ormai succede dal primo anno. Ci conosciamo quasi tutti e le chiacchiere sono sempre tante. A volte preferirei sedermi tranquillamente ed infilare gli auricolari nelle orecchie. Invece mi tocca subirmi i pettegolezzi di Natalie e Samantha, un anno più piccole di me.
Quando finalmente arrivo a scuola, avverto una debole fitta allo stomaco. Riconosco queste avvisaglie e so che sono collegate all'ansia. Claire mi aspetta come al solito davanti al cancello principale e la raggiungo velocemente, senza guardarmi intorno. Guardandola bene, noto che è ansiosa! Non c'è nulla da fare. Se succede una cosa a me, si preoccupa e si agita in maniera assurda. Se succede qualcosa a lei, a me capita la medesima cosa. Siamo fatte per restare unite tutta la vita, non ci sono spiegazioni! Lei non mi abbraccia ma si limita ad afferrarmi per il polso e a prendermi sottobraccio. Ed eccola che parte con la sua parlantina. Solo io riesco a starle dietro. Cerca di distrarmi dal pensiero di doverlo incontrare di li a poco, ma sa che la sua è una battaglia persa. Quando entriamo in classe riesce a dedicarmi uno sguardo preoccupato per poi emettere un brontolio agitato e correre al suo banco, dove Alessandro è già seduto.  Daniele non c'è, ed è un sollievo. Almeno non sarò io a decidere se salutarlo o no. Prendo posto, aprendo subito la mia borsa. Tiro fuori le solite cose, ma il mio sguardo cade involontariamente al suo banco, dove il suo nome spicca nero e lucido su quello cancellato di Claire. In quel momento sento Alessandro chiederle:

« Perché ti sei tinta i capelli? »

Claire si agita al suo posto e sistema la lunga chioma sulla spalla destra. Gesto che immancabilmente compie di continuo. La sua risposta si perde nell'eco dei miei pensieri quando Daniele entra in classe. Trattengo il respiro ed abbasso lo sguardo sul mio quaderno. Lo sento salutare Alessandro e poi prendere posto accanto a me. Avverto il suo sguardo bruciante, ma faccio finta di non essermi accorta del suo arrivo. Lo so, devo sembrare davvero scema.

« Buongiorno, Fiore! »

Sollevo lentamente lo sguardo incrociando il suo. Chissà se mi dirà qualcosa riguardo ieri. Ma cosa voglio che mi dica? Mi ripeto che un'amicizia su Facebook non equivale a nulla.

« Buongiorno! »

La mia risposta è secca e diretta. Ritorno con lo sguardo sul mio quaderno e lo apro, togliendo il tappo alla penna. Lui incrocia le braccia e mi si avvicina. Il suo profumo inebriante mi arriva dritto alla testa. Sarà sicuramente One Million, il profumo che tutti i ragazzi usano al giorno d'oggi. C'è anche la versione femminile che Claire custodisce segretamente.

« Grazie per aver accettato, ieri sera! »

Annuisco sperando che basti come gesto. Ma lui insiste e non mi lascia scampo: devo parlargli.

« Possibile che ti stai limitando a poche parole, o addirittura gesti per comunicare con me? »

Il cuore mi batte energicamente nel petto, come se volesse pompare più sangue del dovuto. Ogni muscolo del mio corpo si irrigidisce e quasi non riesco a muovermi. L'unica cosa che posso fare è alzare nuovamente il capo per affrontarlo. Non solo ha intrapreso un discorso che pensavo avesse poca importanza, ma soprattutto si lamenta del fatto che io non voglia parlargli. Questo è davvero troppo per me. Le mani cominciano a sudarmi per l'agitazione che mi opprime come una sciarpa stretta troppo intorno al collo. Devo trovare la risposta adatta!

« Magari non ho voglia di parlarti, non pensi? »

Il tono di voce che ne è uscito è stato duro e glaciale. Vorrei tanto sentirmi grata di ciò, ma sono brava soltanto a pentirmene. Soprattutto dopo lo sguardo offeso che mi rivolge. È cosi tenero quando aggrotta la fronte!

« Ti faccio cosi schifo da non volermi rivolgere la parola? »

Se lui mi disgusta, allora il caffè senza zucchero è una cosa meravigliosa! Ma non posso rispondergli cosi! Lo guardo intensamente, perdendomi per una frazione di secondi nell'intensità del suo sguardo azzurrino.

« Può darsi! »

Vorrei prendermi a pugni, strapparmi la carne con le unghia. Eppure resto immobile, legata ai suoi occhi. Daniele si allontana da me, mettendo una larga distanza tra i due posti. Mi mordicchio le labbra, aspettando la frase finale che metterà a termine questa seconda discussione tra noi.

« Va bene cosi? O devo anche staccare il banco dal tuo? »

Scuoto lievemente il capo, stringendo la penna nel pugno destro. Abbasso lo sguardo e ritorno al mio quaderno.

« Non c'è bisogno! »

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