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Questo romanzo breve è nato per partecipare al concorso erotico di ladygodiva_ e come potete immaginare questo concorso aveva delle regole e delle richieste. Una in particolare era di scrivere questo capitolo in prima persona invece che in terza. Ecco perché farò parlare Dora e Bruto, invece di essere una narratrice esterna. Dal prossimo capitolo tutto tornerà normale.

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La folla pressata nell'anfiteatro di Statilio Tauro era impressionante, ma noi Vestali non ne fummo minimamente soggiogate. Avevamo la nostra entrata privilegiata e le nostre panchette sopraelevate, coperte da morbidi tendaggi per proteggerci dal sole e dalla pioggia. Il consul suffectus che aveva allestito lo spettacolo in onore del genetliaco della Vestale Massima – che, si sussurrava, sarebbe diventata sua moglie non appena avesse terminato i trent'anni di servizio – venne a renderci omaggio, prima di raggiungere gli altri Grandi di Roma nel palchetto imperiale, tra cui anche Messalina, la moglie dell'imperatore.

Mi ero appena seduta, quando vidi una figuretta snella saltellare verso di me. Immediatamente le mie guardie del corpo serrarono le lance per impedirle il passaggio. La ragazza si fermò, imbronciata. «Sono la sorella della Vestale Silvana» annunciò con fierezza, «e devo conferire con lei!»

Le guardie mi lanciarono un'occhiata dubbiosa, cui io risposi con un cenno della mano. Le lance tornarono in posizione verticale, e la mia gemella mi si sedette accanto, con un gran sorriso. Erano passati tre mesi da quando mi aveva costretta a diventare una Vestale, mentre lei si godeva la mia vita, libera di fare ciò che le pareva. Mi sforzai di tenere a bada il rancore, domandandomi comunque come facesse a sembrare così allegra e spensierata, col pericolo che stavamo correndo.

Mentre ci scambiavamo i soliti convenevoli, i gladiatori vennero fatti entrare nell'arena, ma non appena iniziarono a scannarsi come bestie e il sangue prese a spargersi sulla sabbia chiara, io distolsi lo sguardo, puntandolo sul viso di mia sorella e perdendomi così gran parte dello spettacolo. Le altre Vestali invece lanciavano gridolini eccitati ed esclamazioni incontrollate quando il loro campione riusciva a spiccare la testa dell'avversario o ad impalarlo sul terreno.

Dopo un po', mi accorsi che il sorriso di Silvana si era fatto tirato. «Ho una novità» mi confidò, con un filo di voce.

Io mi allarmai immediatamente. Ero certa che non sarebbe stata una notizia buona, almeno per me.

«I nostri parenti hanno preso una decisione che non condivido affatto.»

«Di cosa si tratta?»

«Nozze riparatrici.»

Le mie sopracciglia – che ero stata costretta a depilare come le sue, trattenendo le lacrime per il dolore e insultando a labbra strette Silvana e le sue mani pesanti – schizzarono verso l'alto. «Vogliono che ti sposi? E con chi?»

«Dato che nessuno vorrebbe prendere in moglie una ragazza che si è fatta fregare, si sono messi d'accordo con i nostri genitori e hanno trovato un'unica soluzione possibile: tenere tutto in famiglia.»

«Non abbiamo parenti celibi, a quanto ricordo.»

«Uno ce l'abbiamo...»

Gli occhi violetti di Silvana migrarono verso il basso, verso l'arena insanguinata, verso l'unico combattente rimasto in vita, che ansimava profondamente e proprio in quell'istante si accingeva a levare l'ultimo respiro ad un moribondo, dopo aver ottenuto l'approvazione del console.

Ero abbastanza in alto, ma avrei potuto riconoscere quella muscolatura esagerata, quei folti capelli corvini e quell'andatura rabbiosa tra mille.

Bruto Cherea.

La vestale e il gladiatoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora