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Roma, 48 d.C.

Valeria Messalina sedeva accanto al marito sugli spalti imperiali dell'anfiteatro. Non avrebbero potuto formare una coppia più strana. Claudio era brutto, goffo, balbuziente e claudicante, sempre con un'espressione ebete dipinta in viso. Sprofondava nelle pieghe della toga picta e sedeva ingobbito sul suo scranno, gli occhi spalancati puntati sul combattimento che giungeva ormai al termine, la piccola bocca arrotondata in una perfetta O, come se non avesse mai visto un duello in vita sua. Ma Claudio era così, si stupiva sempre per tutto.

Non c'era più nulla che potesse stupire Messalina, invece. Aveva visto più cose lei in ventitré anni di vita che il suo Cesare in cinquantotto. Pur essendo nata all'interno della famiglia più prestigiosa di Roma, non le era stata risparmiata alcuna infamia. Aveva appreso le arti dell'amore in tenera età dalla madre, che aveva voluto prepararla al meglio. Perché la vita era crudele, gli uomini erano lupi, e se la piccola Messalina ci teneva a sopravvivere doveva indurire il suo cuore. Doveva prendere e mai dare. Non doveva mai esporre i propri sentimenti. Doveva sorridere sempre alle persone giuste, e aprire le gambe quando necessario.

Messalina l'aveva ascoltata. E quando Gaio Caligola, il precedente imperatore, aveva annunciato le nozze tra la giovanissima e il di lui zio, lei non si era tirata indietro. Anzi, si era seduta sorridendo in grembo al vecchio e gli aveva dato un bacio. A Claudio, abituato a ricevere amore solo dalle lupae e a scontrarsi con la freddezza e il disgusto delle sue precedenti mogli, era parso di vivere un sogno. Ancora adesso un luccichio gli faceva brillare gli occhi, ogni volta che li posava sulla sua bellissima moglie.

Ma essere venerata come una dea all'Augusta non bastava. Lei non era come sua madre. Lei aveva bisogno dell'amore fisico, di un appagamento che Claudio non sarebbe mai riuscito a darle. Per questo si era circondata di così tanti amanti che le voci avevano iniziato presto a correre.

L'imperatrice indossa una maschera e si fa sbattere nei postriboli.

L'imperatrice ha partecipato ad un'orgia composta da uomini e donne.

L'imperatrice frequenta le celle dei gladiatori.

E quelle voci erano tutte vere. Specialmente l'ultima.

Gli occhi grigio-verdi della giovane erano fissati sulla coppia di gladiatori al centro dell'arena. Celadus il Trace e Sux il Mirmillone. Messalina li aveva già fatti scontrare per soddisfare la sete di vendetta della sua amica Clodia, quando Celadus aveva rifiutato di giacere con lei. Il Sospiro delle fanciulle sarebbe crepato, se non si fosse messa in mezzo quella Vestale.

Ora, li faceva duellare di nuovo, per un motivo simile. Stavolta, Celadus aveva rifiutato di giacere con l'imperatrice in persona, e questo era un torto che la matrona era freddamente determinata a riparare.

Proprio in quel momento, il Mirmillone venne sbattuto a terra da Celadus, che si portò sopra di lui, gli puntò la sica contro la gola e sollevò lo sguardo sul palchetto imperiale.

«Lascialo vivere» suggerì Messalina al marito. Voleva che Celadus si sentisse sicuro. Voleva che vedesse la clemenza di Claudio. Voleva che credesse ce ne sarebbe stata anche per lui.

Perché sarebbe stato allora che lei avrebbe colpito.

...

Bruto ansimava accaldato sotto l'elmo col grifone. Si massaggiò le dita della mano, indolenzite intorno all'elsa della sica. Erano due ore che combatteva lì dentro e iniziava ad essere stanco.

Ma a quanto pareva, Messalina non ne aveva ancora abbastanza. Poteva immaginare la sua rabbia. Nessuno osava rifiutare l'imperatrice quando si presentava nelle stanze di un gladiatore. Ma lui l'aveva fatto. Perché da quando stava con Dora aveva ricominciato a capire cosa significasse essere libero. Ora sapeva cosa voleva dire dormire in un cubiculum senza sbarre.

La vestale e il gladiatoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora