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Dora amava il peristilio della sua casa. Era l'unico luogo dove poteva stare da sola con i suoi pensieri. E di pensieri ne aveva tanti, ultimamente. Le impedivano di dormire la notte, la facevano vagare come una sonnambula di giorno. I suoi parenti cercavano di capire cosa le prendesse, facevano battutine sul motivo per cui la novella sposa non riusciva a riposare, ma in sostanza non le erano di alcun aiuto. Anzi, la facevano stare peggio, le stavano fra i piedi quando Dora avrebbe solo voluto piangersi addosso.

Era loro grata per l'accoglienza che le avevano riservato, quando era arrivata a Roma rispondendo alla lettera di soccorso della gemella. Ma la gratitudine si era esaurita il giorno stesso del suo matrimonio. Ora li considerava la fonte di tutte le sue disgrazie. Non poteva incolpare sua sorella: Silvana soffriva già moltissimo. Da quando aveva perso il bambino, pareva aver perso ogni voglia di vivere. Non usciva più dall'Atrium Vestae, pregava e digiunava, faceva turni di veglia terrificanti intorno al fuoco sacro*; e quando Dora andava a trovarla, le rispondeva con duri monosillabi.

Persa la sua unica confidente, lì a Roma, Dora si sentiva tremendamente sola. Non riusciva a legare con le sue cugine, i suoi zii parlavano sempre e solo di politica.

E Bruto... Bruto non era neanche da prendere in considerazione. Dopo l'oltraggio che le aveva inflitto alle terme, due mesi prima, non l'aveva più toccata, né le aveva rivolto la parola. Quando si incrociavano nei corridoi, Bruto la sorpassava svelto, neanche fosse appestata. Era quasi come se la temesse, il che era assurdo. Era lei piuttosto ad esserne terrorizzata. Ogni volta tratteneva il sospiro quando sentiva i suoi passi pesanti avvicinarsi; ogni notte aspettava che spalancasse la porta del cubiculum con un tonfo e la possedesse con violenza. Ma non succedeva mai.

Dora sollevò gli occhi sul ragazzo seduto di fronte a lei. Avevano pochi anni di differenza, ma Gaio Silio aveva un animo infinitamente più giovanile e spensierato del suo. Era lui la sua salvezza. Lo aveva incontrato un giorno al mercato; lui l'aveva riconosciuta come la kyria che lo aveva salvato dal grottesco gladiatore l'anno prima e l'aveva salutata con entusiasmo. Da allora si erano visti regolarmente. Gaio Silio era il suo unico amico, anche se non aveva avuto il coraggio di confidargli tutte le pene racchiuse nel suo cuore.

«Avete creato un nuovo profumo, kyria

La voce leggera di Gaio interruppe i suoi pensieri. Indicava gli ingredienti che Dora aveva disposto sul tavolino in pietra al centro del cortile interno: una boccetta d'olio d'oliva, fiori di iris essiccati, semi di henné rosso per dare la tinta finale, e poi mirra, resina, cannella...

«Ci sto lavorando.»

«Posso?» Gaio fece per prendere la boccetta, ma Dora l'allontanò.

«Oh, no, non è ancora pronto. Vorrei creare qualcosa di sconvolgente.» Alzò gli occhi verso il cielo, sognante. «Una fragranza forte, inebriante, ma al contempo dolce, che sia virile e femminile al tempo stesso. È assurdo?»

«Niente di quello che dite è assurdo» le garantì Gaio con uno sguardo ammirato.

Dora sorrise, massaggiandosi le spalle.

«Vi duole il collo?»

«Dormo male, in questo periodo.»

«Posso?»

Dora lo fissò stupita alzarsi e mettersi alle sue spalle. Esitò. Nessun uomo le aveva mai messo le mani addosso prima. L'unico era stato Bruto, ed era stata un'esperienza da non ripetere.

Ma Gaio la rassicurò con una risatina: «La vostra ancella sarà testimone del mio comportamento virtuoso.»

Dora scambiò uno sguardo con Iris, che stazionava in piedi in disparte, ma non si perdeva una sillaba della loro conversazione.

La vestale e il gladiatoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora