6

20.2K 315 80
                                    

Dora era sdraiata sul triclinium, intenta ad assaporare delle olive precedentemente snocciolate dagli schiavi. Era nell'ala privata della domus, accanto al cubiculum e alle terme. Prima che lei e Bruto si trasferissero lì, quella stanza era un semplice tablinum, ma lei l'aveva riconvertita in un'intima sala da pranzo, con due triclini disposti intorno ad un grande tavolo quadrato, in quel momento zeppo di resti di cibarie.

Dora si allungò per prendere un bicchiere di vino. Mentre lo sorseggiava, però, la porta si aprì di scatto e Bruto entrò con un gran baccano. Dora sobbalzò, versandosi il Falerno sulla stola. «Minerva! Mi hai spaventata!» esclamò, quando riuscì a parlare senza balbettare di paura.

Bruto ridacchiò, chiudendo con esagerata delicatezza la porta. «È rimasto qualcosa per me?»

Sua moglie fece un cenno a Iris, che scivolò silenziosamente via per portargli da mangiare. Dora raddrizzò la schiena, mentre Bruto si lasciava pesantemente cadere su un triclinio. «Non ti ho aspettato per cena, pensavo tornassi tardi come ieri.»

«Non importa.»

Dora si morse un labbro. Si sentiva ancora in forte imbarazzo in sua compagnia. Dopo le confessioni che le aveva fatto su Dendra, dopo il piacere che le aveva donato senza chiedere nulla in cambio, il suo cuore si era un po' sciolto nei suoi confronti. Ora non lo odiava più... e questa cosa la spaventava.

«Tutto bene?» domandò, senza sapere che altro dire.

Bruto la fissò sardonico. «Sai, a volte penso che tu abbia una doppia personalità. Quando ci siamo incontrati a Roma, sprizzavi fuoco e fiamme. Poi, durante il nostro "fidanzamento" fino alla nascita del bambino, sei diventata una specie di matrona modello, silenziosa, sorridente ed educata. Infine, dal giorno della nostra festa di nuptiae, ti sei ritrasformata nella megera antipatica e arrogante che avevo ammirato e odiato fin dal primo momento. E ora eccoti: la perfetta mogliettina che chiede al marito com'è andata al lavoro.»

Dora serrò le labbra, irritata. «Perdonami, la prossima volta fingerò di non notare nemmeno la tua presenza e continuerò a farmi i fatti miei.»

Bruto sorrise, osservandola con un luccichio negli occhi. «Questa è la mia Dora. Ma davvero, perché eri così... così carina, prima?»

«Cre...credo fosse colpa degli ormoni della gravidanza» improvvisò al momento Dora, voltando il viso per nascondere le guance in fiamme e bevendo d'un fiato tutto il vino contenuto nel suo calice.

«Per Plutone, spero che non perderai la testa in quel modo ad ogni figlio che ti metterò in pancia!»

«"Ogni figlio"? Perché, quanti ne avresti in mente?»

«Stavo pensando ad un manipolo*...»

Suo malgrado, Dora non riuscì a trattenere una risata. «Allora sarà meglio che ti trovi qualche altra decina di mogli!»

In un attimo, Bruto fu al suo fianco, a stringerla tra le braccia. Il suo fiato caldo le solleticava la pelle sotto l'orecchio, mentre le sussurrava: «Non saresti gelosa?»

«Tu saresti geloso?»

«Mi pare di avertelo già ampiamente dimostrato con quel fellator di Silio.»

Vennero interrotti dall'entrata di Iris con un altro schiavo; portavano vassoi carichi di lagana, arrosto di maiale al miele, lingue di fenicottero cotte nel vino e frittelle con miele e papavero.

Imbandita la tavola, gli schiavi vennero congedati. Bruto tintinnò la sua tazza di vino contro quella di Dora, abbracciandola poi stretta. «Ti preferisco così, Dora. Anche quando mi fai perdere le staffe.»

La vestale e il gladiatoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora