CLARKE: Leave or Take

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Scopro che catalogare medicinali è più interessante di quel che sembra. Negli ultimi giorni, sono stata alle calcagna di Abby continuando a chiederle come potessi rendermi utile finché non si è stufata di avermi sempre tra i piedi. Così, sono finita in infermeria a etichettare boccette e compilare elenchi. «Con una ferita ancora da cicatrizzare» mi ha detto, «è l'unico lavoro che puoi svolgere. Prendere o lasciare.»

Ho preso.

Molto probabilmente non è il compito più eccitante sul pianeta, ma stare al Campo senza avere il permesso di fare niente—a parte annoiarmi e sentirmi inutile—era decisamente peggio. I miei amici erano quasi sempre impegnati, chi al di qua del cancello e chi al di là, a procurare provviste per l'inverno. Li vedevo durante i pasti e lasciavo che mi parlassero di come si viveva qui, come se le loro parole potessero colmare i miei tre mesi di assenza e farmi appartenere di più a questo posto. Ma a volte Raven era impegnata in un progetto e saltava il pranzo, a volte Monty scompariva alla ricerca di Jasper, a volte Octavia e Lincoln mangiavano nella foresta e, in fondo, erano più le volte in cui stavo da sola.

Fino a poco tempo fa la solitudine era una mia cara compagna, ma adesso le cose sono cambiate. Adesso, voglio disperatamente fare ancora parte dei Cento e mettere tutto a posto. Visto che la prima a non essere a posto sono io, forse sentirmi come la vecchia Clarke mi avrebbe aiutato a ridiventarlo. E se c'è qualcosa che quella versione di me era, era essere utile.

Per cui sono felice di trascorrere le mie giornate a compilare scartoffie e sistemare medicinali negli scaffali, occasionalmente facendo avanti e indietro dal magazzino. Anche se in piccolissima parte, mi fa sentire utile. Il lavoro che sto facendo è monotono e di solito ci sono situazioni più importanti di cui occuparsi, per cui si continua a rimandare. Spetterebbe a Jackson e lui mi è sembrato più che contento di essere sollevato da questa incombenza. Abbastanza da disobbedire agli ordini del suo diretto superiore, ovvero Abigail Griffin nonché mia madre, e farmi cambiare qualche benda o cambiare una o due sacche. Inoltre, osservando lui e Abby sto imparando qualche nozione in più sulla medicina, che non è male. Conoscere la funzione di ogni elemento che compone un medicinale fa parte anche di questo. Non ho mai avuto il tempo di studiare per bene, essendo stata prima incarcerata e poi gettata sulla Terra, ma ho sempre desiderato diventare un medico e poter aiutare le persone. Rimanere a Camp Jaha è una buona occasione per imparare a fare entrambi.

Durante le pause, prendo carta e matita e mi metto a disegnare. Inizio col delineare il profilo della terra e dei frutti che ci offre, sforzandomi di rendere ogni foglia e ogni sasso il più realistico possibile. Poi la mia mano ha il sopravvento sulla mia mente e, quando sono di nuovo in possesso delle mie facoltà, scopro di aver disegnato un volto.

La prima volta è stato quello di Lexa, i capelli ricci sparsi sul cuscino e attorno ai suoi seni. Il senso di colpa e la rabbia hanno iniziato ad azzannarsi tra loro, lasciandomi una vaga sensazione di malessere. Il problema è stato quando ho incominciato a disegnare Maya. Le mie dita hanno tracciato involontariamente le linee del suo viso deturpato dalle radiazioni, il suo corpo abbandonato tra le braccia di Jasper, gli occhi spalancati verso l'alto, verso di lui, ancora pieni di speranza. Ancora pieni di amore.

Ho stracciato il disegno.

Quando ho scoperto di non poter sfuggire agli sguardi di nessuno degli abitanti di Mount Weather, ho messo da parte carta e carboncino e non li ho più toccati.

Questo mi ha lasciato più tempo per pensare. La potenza delle mie riflessioni è così intensa che spesso mi fermo a metà di un'azione. La maggior parte delle volte non sono di natura piacevole, ma non è una novità. Una costante è ripetere il dialogo tra me e Bellamy, avanti e indietro, avanti e indietro, in continuazione. Da quel giorno l'ho visto solo di sfuggita e, se lui ha visto me, ha finto che non esistessi. Probabilmente, per lui, non esisto più.

Devi lasciar perdere. *Se Bellamy sta meglio così, non è tuo diritto intrometterti, mi dico. Eppure non posso fare a meno di pensare che lui è troppo importante per non fare nemmeno un tentativo di rimettere a posto le cose.

Mi mordicchio l'interno della guancia, bloccata a quest'impasse per l'ennesima volta. Scuoto la testa, sbatto le palpebre e leggo di nuovo l'etichetta sul pacchetto di pillole davanti a me. Del banale analgesico, di cui abbiamo... già le bellezza di quattro confezioni da sei! Meraviglioso. Camp Jaha non avrà mai problemi di mal di testa.

«Clarke.» Mi giro alla voce di Jackson. Ha il volto paonazzo e l'aria concitata. Realizzo che anche il suo tono di voce è segnato dall'ansia. «C'è un'emergenza. Abbiamo bisogno di tutto l'aiuto possibile.»

Metto immediatamente giù penna ed elenco. Mentre mi lego velocemente i capelli e lo seguo fuori dal magazzino, chiedo: «Cos'è successo?»

Jackson mi lancia una breve occhiata da sopra la spalla. «Bellamy» risponde soltanto.

* quel "se" dovrebbe essere cancellato, con una riga sopra, ma wattpad non mi permette di farlo 😒

ik sono orribile. tra un aggiornamento e l'altro fanno in tempo a sciogliersi i ghiacciai per il surriscaldamento globale. anyway, ho preferito lasciarvi qualcosa prima della parte succosa del capitolo, che comparirà durante le vacanze di pasqua. grazie per continuare a seguirmi (e avere pazienza. molta pazienza)

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