Alcune persone hanno paura del sangue. Lo associano alla morte, alla perdita, alla malattia. Altre provano repulsione, lo collegano alla sporcizia e al pericolo. Io lo amavo. Per me il sangue era la vita, era la forza che scorre nelle nostre vene, l'ossigeno che ci permette di vivere. Bastava un solo respiro, il tempo di riempire i polmoni, e il sangue faceva il resto. Era una delle più grandi creazioni ingegneristiche della natura, una delle più uniche meraviglie dell'uomo. Adesso, sangue ricopre il volto di Bellamy e inzuppa la sua maglietta. Adesso, mi parla di dolore e sofferenza e morte. Adesso, non lo amo più.
L'infermeria si è riempita di colpo. Harper, Monty e il resto del gruppo di caccia con cui è partito sono tutti qui e affollano l'ambiente. I loro visi sono delle maschere di preoccupazione, ansia e, in alcuni casi, di dolore. Scambio veloci sguardi con loro, perché i miei occhi non riescono a staccarsi dalla vista del sangue sul corpo di Bellamy, ancora ostinatamente seduto sulla brandina. C'è una vocina nella testa che mi dice che dovrebbe stare dentro, non fuori, non in quelle quantità.
«Clarke.»
La voce di Abby mi riscuote. Ha assunto il suo tono da medico: fermo, autoritario, irremovibile. Con fatica sposto lo sguardo su di lei.
«Cosa devo fare?»
«L'hai sentito» risponde, una nota di dispetto appena percepibile. Visto che non ho sentito, praticamente non ho fatto altro che fissare una maglietta zuppa di sangue, sono grata che aggiunga: «Occupati di Gena e Harper. Non vuole che aspettino finché non abbiamo finito con lui.»
Il pensiero che tutto questo è così da Bellamy mi farebbe sorridere, in altre circostanze. In questa, però, non è il momento di sorridere. Annuisco ed entro anch'io in modalità medico, quella che non accetta altri risultati se non il successo e che pensa a tutte le maniere possibili per raggiungerlo. Mentre Abby e Jackson tirano una tenda per creare la sala operatoria, io faccio segno agli altri di allontanarsi e mi disinfetto le mani.
Inizio da Harper. La ragazza si affida a me completamente e mi viene voglia di ringraziarla, tanto è intensa l'ondata d'affetto che provo per lei in questo momento. Raffreddata e con lividi sparsi su tutto il corpo, l'unica ferita degna di nota è una spalla lussata, di cui mi prendo cura il più delicatamente possibile. Miller la accompagna a indossare dei vestiti caldi e asciutti, mentre Gena prende il suo posto. Non è una dei Cento, per cui non ci conosciamo, ma decide comunque di fidarsi di me, prendendo esempio dall'amica. Le disinfetto i tagli che ha sulle nocche e uno sulla fronte, che per fortuna non ha bisogno di punti.
Quando ho finito, prendo Monty per una spalla e mi allontano di qualche metro dal resto del gruppo. L'ansia si annida dietro le mie parole, quando domando: «Cos'è successo?»
Il ragazzo sospira e si massaggia la radice del naso, spiegandomi a sommi capi l'incontro ravvicinato con la Tribù dei Ghiacci. Sapevo che la loro disobbedienza non ha pari, eppure non pensavo si spingessero tanto in là per una mera scaramuccia di confine.
«Ne dovremo parlare con Lexa» commento a racconto terminato. «Questa storia deve finire qui e ora. Episodi del genere non devono ripetersi.»
Monty annuisce più volte. «Decisamente.»
Dopo un attimo di silenzio, sussurro: «Vado a vedere come sta andando là dentro. Vi farò sapere.»
Gli occhi dell'asiatico esprimono tutta la sua riconoscenza e anche parte della sua preoccupazione. Jackson e mia madre sono un ottimo team, sanno cosa fare e come farlo, eppure non posso fare a meno di provarne anch'io. Scivolo oltre la tenda e mi metto in disparte per non disturbare.
Hanno già estratto il pugnale che, fino a poco prima, si trovava ancora nella pancia di Bellamy. Era pericoloso, dal momento che muovendosi poteva finire più a fondo e danneggiare organi vitali, ma non quanto estrarlo malamente e, oltre a creare danni, condannare Bellamy a una morte per dissanguamento. Osservo le mani di mia madre muoversi sopra la ferita e ricucirla, seguendo ogni passaggio con la stessa attenzione che metterei se stessi compiendo io l'operazione. I punti sono posti accuratamente uno dietro l'altro, in modo da lasciare una cicatrice sottile e meno evidente. Mi scopro a sperare che la mia approvazione silenziosa raggiunga i due medici.
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Should've Been Us
FanficPost 2x16. Bellarke is the way. Passano tre mesi, prima che Clarke torni a Camp Jaha. Ferita, all'esterno e all'interno, i suoi demoni che ancora non la lasciano andare. Ma non è la sola. Anche Bellamy ha difficoltà a scendere a patti con quello che...