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Mi sveglio verso mezzogiorno.
È sabato e non vado a scuola. Scendo per pranzare ancora in pigiama.
Mi avvicino al tavolo e noto un biglietto.

"Tesoro ho da fare a lavoro. Cucina tu, passo alle tre per portarti a ripetizioni. Baci, mamma"

Devo cucinare?
Mi sa di si...
Ma se cucini tu non arriviamo vivi a domani.
Pizza?
Pizza.

Chiamo la pizzeria e ordino una diavola, intanto mi sdraio sul divano e prendo in mano il telefono.
Guardo un po i Social per poi sentire suonare il campanello.
Apro la porta e vedo davanti a me un ragazzo moro dagli occhi azzurri.

Molto bello.

Già, peccato che io abbia un pigiama rosa addosso, e lui mi stia fissando.
Sorrido imbarazzata e gli chiedo quant' è.

《Sette euro》sorride e mi chiede una penna.

Scrive qualcosa sul cartone e poi se ne va.

Non saluta, come tutti ormai.
Mi piacerebbe ricevere un saluto qualche volta, vedere che alla gente importa di me.
Depressa.
Non sono depressa.
Di solito alla tua età la gente non pensa a queste cose.
...
Cercherò di essere più positiva.
Bene.

Mi butto sul divano ed inizio a mangiare.
Accendo la televisione e giro un po tra i canali finché non trovo un film horror.
Inizio a guardarlo chiudendo il cartone della pizza. Appena finito mi alzo, vado fuori e lo butto.

Torno in casa e noto che sono già le due e mezza.
Corro in bagno e mi faccio una doccia veloce per poi vestirmi con una semplice tuta, in fondo devo solo andare a ripetizioni, quanto sarà terribile l' insegnante?

Scendo appena sento suonare il campanello. È mia mamma che mi urla di muovermi e che sono già in ritardo di 34 secondi.
Ma che è un orologio svizzero?!
Salgo in macchina e lei mette in moto.
Piove.
Amo la pioggia, il rumore che fa e il profumo di bagnato che lascia quando se ne va.
I temporali sono la cosa che preferisco: un misto di luci accecanti e tuoni rimbombanti, sono fantastici, adatti per leggere all' aria aperta.
Inizio a guardare una goccia e la seguo per tutto il suo tragitto finché non scompare infrangendosi sul bordo del finestrino.
La macchina si ferma.

《Bene. È questa, cognome Grandi. Suona. Ci vediamo tra tre ore. Chiamai. Ciao》dice in fretta mentre sta già ripartendo.

Suono il campanello e, senza ricevere nessuna risposta, vedo la pesante porta di legno aprirsi.
Entro e salgo un paio di piani ma quando vedo che tutte le porte sono chiuse inizio ad urlare.

《Sono qui per delle stupide ripetizioni. Aprimi, grazie o i soldi che ti deve dare mia madre a fine giornata sai dove te li infilo?》grido ma in quel momento qualcuno mi prende per il polso e mi trascina dentro una porta.

《Sei scema? Cosa cazzo urli?!》sbotta un ragazzo. É alto poco più di me. Sarà un metro e ottanta. Moro, capelli castani dello stesso colore degli occhi, labbra carnose e viso corrucciato in un espressione infastidita.

《Non mi parlare così! Potevi aprirmi, cosa dovevo andare a fare? Ma si giusto, potevo bussare ad ogni porta per sapere in quale dovessi entrare entrare. E già che c' ero perché non mi mettevo a vendere biscotti!?》commento sarcastica.

《Magari guardavi il cognome sulla porta? Dovevo aspettarmelo, se ti mandano a ripetizioni un motivo ci sarà, forse devo pure insegnarti a leggere...》dice ridendo e poi avvicinandosi ad un tavolo di marmo.

《Comunque piacere, Andrea》

《Bel nome. Io sono Alice. Ora iniziamo che non vedo l' ora di andarmene. Mi hai già stancato》dico e mi siedo.

《Bene. Che materia?》chiede lui poggiando la testa sulle mani e mettendo in evidenza la mascella.

《Ah boh. Per me è uguale e anche per i miei. Basta che mi metti in testa qualcosa, qualsiasi cosa, e loro saranno contenti. Puoi parlarmi anche di come sono nati i numeri, a me non interesserà mai niente di quello che faremo. Sappilo. Sono venuta perché mi hanno obbligato》rispondo secca.

《Bene, Alice. Allora facciamo matematica. Magari se ti insegno a fare due più due potrai prendere anche qualche sufficienza. Sai, tua madre mi ha fatto vedere la pagella. Non ho mai visto tante materie sotto in una volta sola》ironizza.

《Mr. Simpatia muoviti a spiegare così magari riesco a capire qualcosa...》

¤¤¤

《No! No! No! Qui devi dividere, poi elevi al cubo e moltiplichi per il resto della sottrazione. Capito?》dice dopo che provo a fare un' operazione per la centesima volta.

《No che non ho capito, mio caro secchioncello, altrimenti l' avrei già risolta...》dico.

《Lascia perdere matematica. Facciamo...inglese?》domanda.

《Cosa? Cambiamo materia? Ma sono già quaranta minuti che lavoriamo...》mi lamento.

《Devi stare qua altre due ore. Ora vado a stamparti un brano da leggere così sentiamo la tua pronuncia. Tu non muoverti da qui.》

《Perché?》chiedo.

《Perché è casa mia e non voglio che una ragazzina frughi tra le mie cose》disse Andrea andando in un altra stanza.

Pensa di decidere lui.
Mah...in effetti è casa sua.
Si ma tu hai fame, lo so. Tu hai sempre fame. Alzati e prendi da mangiare.
Si in effetti ho un certo languorino...

Mi alzo e vado in cucina. È spaziosa e luminosa con un grande tavolo di legno chiaro al centro.
Frugo un po' tra gli scaffali finché non trovo dei biscotti.
Li prendo e torno al tavolo della sala.

In quel momento Andrea torna e si siede.
È stanco, si vede.
Si passa lentamente una mano sul viso e tiene gli occhi chiusi per un paio di secondi.
Mi piace immaginare la vita delle persone.
Lui è un semplice studente che da ripetizioni per arrotondare la paghetta settimanale dei suoi.
Poi ci sei tu che non hai un euro.
Vero.

《Dove li hai presi?》chiede indicando i biscotti.

《In cucina. Avevo fame》rispondo calma.

《Ti avevo detto di non muoverti...》

《Non mi interessa quel che mi dici, non mi hai chiesto niente. "Chi sei?", "come stai?" Solo il nome. Dell' età non ti interessa, immagino》mi interrmopo per prendere un altro biscotto.
Lui apre la bocca per parlare ma con un gesto lo blocco.

《Ma è normale sai?》continuo alzando le spalle con finta indifferenza《 La gente è così. Egoista. Se ne frega degli altri. Tutti vogliono la loro fantastica vita che si immaginano da quando erano bambini. Principesse e principi azzurri. Ma la vita è un casino e se siamo ancora fermi a queste convinzioni fidati, non andremo da nessuna parte. Ma comunque iniziamo. Di tempo da perdere non ne ho.》dico tutto d' un fiato lasciandolo a bocca aperta.

Non dice niente e lentamente fa scivolare il foglio sotto i miei occhi.

《Leggi》mi ordina secco.

¤¤¤

Mi chiudo la porta alle spalle e scendo le scale.
Piove ancora.
Mia mamma mi aspetta in macchina davanti alla porta del palazzo.
Entro e tiro la portiera.

《Divertita?》domanda.

《Si. Bello...》rispondo per farla felice.

《Bene. Ci torni domani. Ma per un' ora. È domenica e anche lui deve riposare》detto questo mette in moto e si dirige verso casa.

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