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Era stato orribile svegliarsi e rendersi conto che era stato solo un sogno. Un bellissimo sogno. I giorni seguenti erano passati lentamente, ma con una distrazione tale da farmi perdere completamente la cognizione del tempo, da farmi mescolare le giornate. Parlavo di cose del giorno prima, quando invece erano successe già da una settimana.

Mi aveva lasciata terribilmente, o piacevolmente, frastornata. Se quel giorno mi ero svegliata, a rigor di logica dovevo per forza essermi addormentata. E, a meno che, per qualche arcano motivo, non fossi svenuta delicatamente adagiata sul mio letto senza contusioni, dolori, lividi o qualunque altro segno che lasciasse presagire il motivo per il quale persi coscienza, non c'erano altre opzioni. Il che mi faceva pensare che forse era davvero stato solo un sogno.

Ma restava comunque il fatto che quando ti svegli, ti rendi conto che quel sogno vivido e presente non è poi così realistico. Quando ci ripensi, hai una visione distorta di quello che è successo, perché sai che non è successo davvero. Ma quella che a distanza di giorni e giorni, invece, continuavo a provare era una sensazione diversa. Completamente. Ed era tanto bella quanto frustrante, come un fazzoletto di velluto che graffiava la pelle.

«... Insulta Mello e vedi come ci caga.»  

Mi girai di colpo. «Cosa?!» chiesi con versi disumani e l'impulso di strangolare qualcuno.

Sedute ad aspettare il treno, le due ragazze scoppiarono a ridere. «Ah, questo l'hai sentito però!»

E certo. "Insulta Mello". Come non sentirlo?

«Quattro anni che ti parliamo e tu nemmeno rispondi» spiegò la mia amica.

«Ah» risi «Scusami!»

«"Eh, è solo che non riesco davvero a concentrarmi, non posso togliermelo dalla testa, è stato troppo strano!"» mi fece il verso. Schiusi la bocca, inspirandovi attraverso. Non mi aspettavo una risposta del genere.

«Beh...» balbettai. «No, infatti, è stato stranissimo davvero!»   

Il treno arrivò pochi minuti dopo. Salimmo, dirette verso scuola. Occupammo un gruppo di sedili da quattro, di cui uno rimase vuoto, mentre le due ragazze provarono per l'ennesima volta a raccontarmi cos'era successo la sera prima con rumori strani e nessun altro in casa dopo aver letto strane creepypasta e guardato inquietanti video su Youtube, che avevano sicuramente aperto portali che collegavano camera sua direttamente all'inferno.

Sedendomi, guardai fuori dall'ampio finestrino. «Oddio, guarda!» dissi non appena il treno iniziò a muoversi, lasciandomi addosso la sensazione che fosse il resto del mondo a farlo. Non diedi troppo peso alla regola del plurale.

La ragazza sbuffò all'ennesima interruzione del racconto, senza tuttavia essere troppo irritata.

«È la tizia del sogno!»

Le due giovani si appiattirono di colpo sulla gelida superficie del vetro come due calamite ad un gigantesco magnete, alla ricerca della celeberrima "Fata Madrina". «Dove?!» «Chi?!»

«Quella!» Schiacciai il dito contro il vetro, rendendo metà dell'unghia dell'indice completamente bianca. «Quella tutta nera!» esclamai, riferendomi ai suoi abiti. Mentre il treno acquisiva velocità, io spostavo il l'indice attraverso la finestra, quasi a scatti, lasciando il segno del dito sul vetro già poco pulito, cercando di seguire l'immagine della giovane donna.

«Eccola!» fece Stefania dopo qualche attimo di silenzio speso a cercare la sua figura.

«Dove? Non la vedo!»

«Niente, non si vede più.»

«"Non si vede più" cosa?» chiese incuriosita una donna molto giovane, sedendo al quarto posto.

MichelleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora