III capitolo

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POV's Ashley

Ogni uscita era bloccata.
Io e Lena correvamo molto veloce, ma le distanze con il mostro si accorciavano minuto dopo minuto.
Ci ritrovammo di fronte all'uscita di emergenza, bloccata anche quella, e il mostro ci raggiunse.
«Siamo spacciate...» dissi a Lena
«Non ancora» mi voltai verso la mia amica e le dissi:
«Da quando parli come un uomo?»
Lei mi guardò male «guarda che non ho detto niente!»
«Infatti sono io a parlare»
Si udì di nuovo quella voce.
Anche il mostro riusciva a sentirla, e sembrava le facesse paura. Poi una spada la trafisse da dietro fuoriuscendo dal suo ventre.
Dalla ferita sgorgò un sangue verde e maleodorante come l'acido.
Quando il mostro cadde a terra privo di vita, vedemmo comparire un uomo sulla trentina, con i capelli neri come le pece e gli occhi scuri e penetranti. Aveva una cicatrice sull'occhio destro.
«Sono Ares, il dio della guerra. Non aggiungo altro dato che la mia fama mi avrà sicuramente preceduto, e di me saprete già tutto»
«Aggiungerei anche dio della modestia» disse Lena guardandolo male, io le pestai un piede per farle capire che doveva stare zitta.
«Sono qui per portarvi sull'Olimpo. Lì verrete riconosciute dai vostri genitori divini e spediti all'Accademia per Semidei»
«Genitori divini?» chiedemmo io e Lena all'unisono.
«Si. Avete un padre o una madre che è una divinità. Ciò vi rende dèi per il 50%, e quindi siete dei semidei»
«Ashley...questo qui è pazzo!» mi sussurrò Lena all'orecchio, Ares ci rivolse un'occhiataccia, ciò vuol dire che aveva sentito bene ciò che Lena aveva detto.
«Se preferite morire divorate da un mostro, per me non è un problema. Sono qui per portarvi sull'Olimpo di vostra spontanea volontà, ma visto che non volete, vi lascerò qui per far da pranzo a qualche mostro di passaggio». Ares fece per andarsene, ma dopo aver visto con i miei occhi un mostro che mi inseguiva, mi riusciva difficile non credergli.
«Aspetta!» si fermò «Verremo con te!».
Si voltò nuovamente verso di noi, con un espressione del tipo "sapevo sarebbe finita così",
«Bene...» mi prese la mano, «prendi per mano la tua amica».
Feci ciò che mi disse, Lena non sembrava essere molto convinta da questa storia, ma meglio un pazzo che un mostro affamato. Ares chiuse gli occhi e si concentrò per qualche secondo, dopodiché una nuvola nerastra ci avvolse, e quando si dissolse non eravamo più nel museo.
Il paesaggio che si presentava ai nostri occhi era magnifico. Prati verdeggianti costellati da fiori di ogni tipo e colore, immensi fiumi di acqua limpida...
Situati qua e là vi erano sontuosi templi, con colonne di marmo e rappresentazioni in oro di scene mitologiche.
Ares fu il primo a rompere quel silenzio:
«Questo ragazze...» ripose la spada che aveva tenuto in mano tutto il tempo «...è l'Olimpo!».

Ci guardammo intorno, incantate dagli splendidi paesaggi, per alcuni minuti, poi Ares prese nuovamente parola, «dobbiamo andare alla dimora di mio figlio, Himeros, sarà lui a condurvi all'Accademia» Ares s'incamminò e noi lo seguimmo.
Giungemmo ad un tempio con le colonne di marmo, il gigantesco portone era di legno di castagno e le finestre erano abbellite da splendidi disegni rappresentanti scene...erotiche?!
«Ares è tipico di voi divinità avere disegni del genere sulle finestre?»
«No, ma cosa ti aspetti dal dio del desiderio sessuale?»
«Tuo figlio è il dio del desiderio sessuale?» chiesi con un'espressione da ragazza scandalizzata,
«Esattamente» mi rispose lui entrando nel tempio.
Notai subito il trono d'oro, costellato di rubini e smeraldi, in mezzo alla sala. Ares si avvicino a una porta, che spalancò senza bussare. Ciò che stava succedendo all'interno di quella stanza mi lasciò senza parole. Bussare sarebbe stato meglio per noi.
Tre ragazze con le orecchie elfiche, i capelli abbelliti da rose colorate e le labbra intrise di un pesante rossetto rosso, giacevano nude insieme a un ragazzo dal viso angelico, con i capelli biondo platino e gli occhi di due colori differenti, uno verde e uno azzurro. Ad un ragazzo così bello con poteva mancare una tartaruga ben scolpita.
«Vi presento mio figlio» disse Ares interrompendo quella imbarazzante e silenziosa atmosfera. Il ragazzo ci sorrise e si alzò dal letto senza preoccuparsi minimamente del fatto che fosse nudo. Io arrossì e mi coprì gli occhi, mentre Lena da brava ragazza perversa rimase a guardare commentando sottovoce che il ragazzo non fosse niente male. Lui le fece l'occhiolino, poi si rivestì.
«Nuove semidee padre?»
«Si. Conducile all'Accademia. Ora.»
«Va bene, va bene...» Himeros sbuffò, annoiato dall'incarico che gli aveva assegnato il padre, poi disse: «Seguitemi» ci passò davanti e uscì dalla stanza, noi lo seguimmo.
Una volta fuori dal tempio si avvicinò a una grande quercia, con un incavo nel tronco. Prese una ghianda e la butto dentro quell'incavo, nel quale si aprì un portale.
Himeros lo attraversò, ed io e Lena, anche se un po esitanti, facemmo lo stesso.
Dall'altra parte del portale trovammo ad aspettarci una grande struttura, con molti piani, molte finestre, un cortile e una gigantesca fontana al centro. Intuì subito che quella fosse la famosa Accademia che Ares aveva più volte nominato. Il cortile era pieno di ragazzi, che appena videro Himeros smisero di parlare tra loro e abbassarono il capo come se si stessero inchinando.
Himeros entrò nella struttura, e noi gli andammo dietro.
«Vi porterò dal preside, una volta giunti davanti a lui dovrete presentarvi» disse mentre continuava a camminare. A un certo punto però, quando si udì la voce di un bambino che urlava la parola "papà" mentre correva verso di noi, Himeros si fermò e sorrise, e quando il bambino fu abbastanza vicino lo prese subito in braccio.
«Elias...» disse sorridendo dolcemente per poi dare un bacio al bambino sulla fronte,
«È tuo figlio?» gli chiese Lena,
«Si» rispose lui riprendendo a camminare con il bambino ancora in braccio.
«Quanti anni ha?» chiesi con molta curiosità,
«Cinque» rispose lui prima di fermarsi davanti a una porta, bussò ed essa si aprì lentamente. Dalla stanza usciva un'intensa luce, entrammo e vedemmo un uomo sulla cinquantina seduto su un sontuoso trono dorato dietro una scrivania. Si alzò in piedi e fece apparire nella sua mano un bastone con l'estremità superiore a forma di fulmine.
«Io sono Zeus, padre nonché sovrano di tutti gli dèi. Vi do il benvenuto in questa scuola che vi accoglierà come casa e rifugio dai mostri. Siate le benvenute».
Io e Lena ringrazziamo senza nascondere il timore che ci causava la serietà e l'aspetto dell'uomo. Era alto, aveva i capelli biondi, quasi simili a dei filamenti d'oro, aveva una barba ben curata e gli occhi di un azzurro molto intenso, come se il giorno e la notte si fossero uniti dentro di essi. Indossava un'armatura d'oro, e sotto di essa una tunica bianca come le candide nuvole.
Era lui, Zeus, l'Onnipotente re degli dèi!

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