XIII Capitolo

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Il sudore imperlava la fronte bollente del Dio della guerra, il veleno avanzava sempre più e le cure di Dario rallentavano l'avvicinarsi al cuore soltanto di poche ore.

«Dobbiamo raggiungere le Hawaii entro stasera, dopodiché avremo a disposizione soltanto due giorni per trovare l'antidoto» affermò Dario, con velata preoccupazione

Ashley era agitata, continuava a camminare avanti e indietro mentre Tamara seguiva i suoi movimenti con lo sguardo. D'improvviso, l'afferrò per il braccio, impedendole di continuare a camminare

«Hai intenzione di salvare Ares? Bene, allora siediti. Perché se continui così ti butto giù dall'aereo.»

Tamara le riversò quelle parole in faccia con estrema freddezza, così Ashley decise di obbedire mettendosi seduta.

Dall'aereo, la figlia di Zeus intravide delle isole verdeggianti, circondate da limpide acque azzurre, erano arrivati.

Tamara prese la spada d'ossidiana dal borsone di Ares, sostituendola alla sua.

«Non sappiamo quali divinità incontreremo su quelle isole» disse, rivolgendo lo sguardo ad ognuno dei suoi compagni di viaggio,

«Magari dovremo ucciderle.» concluse, inserendo la spada nel suo fodero.

.........

L'atterraggio si rivelò un po' turbolento, ma andò comunque a buon fine.

«Adesso che siamo qui, dov'è che andiamo? Fu Ares a guidarci verso le piramidi, era lui la nostra guida» disse Xavier, il figlio di Ermes, che sembrava sconfortato da quella situazione.

Ashley fece scorrere il proprio sguardo su tutti gli altri semidei che, come Xavier, sembravano essersi persi d'animo.

«Non molleremo proprio adesso.» intervenne Tamara

D'un tratto, una forte esplosione attirò l'attenzione dei presenti. Al di là di una colossale fumata nera, si ergeva una figura.

«Non pensavo che gli dèi fossero così disperati da inviare i propri figli in una missione suicida»

La voce non apparteneva alla figura nascosta dal fumo, ma ad un'altra persona comparsa improvvisamente.

«Eris...» ringhiò Tamara, a denti stretti

«In persona, mia cara» la donna sorrise, creando una sfera di fuoco che non esitò a lanciarci contro

Friedrich, il rampollo di Atena, fu colpito in pieno. Venne scaraventato ai piedi di un albero, dove rimase privo di sensi.

Tamara sguainò prontamente la sua spada. Eris sorrise beffardamente, materializzando nelle proprie mani una spada in argento.

Ashley generò un fulmine, che la dea evitò senza alcuno sforzo. La figura al di là della fumata nera si fece avanti, rendendo visibile il suo volto.

Era una donna di carnagione scura, aveva i capelli castani e gli occhi blu come l'Oceano. Indossava un lungo vestito acquamarina, mentre il suo capo era cinto da una corona fatta di coralli.

Ashley ricordò di averla vista, quando i Titani attaccarono l'Accademia.

«Sono Teti, padrona degli Oceani. E voi, stupidi ragazzini a cui piace comportarsi da eroi, perirete per mano mia.»

La donna portò di colpo le braccia in avanti, scaraventando tre semidei in mezzo al mare.

Fu questione di pochi istanti prima che le acque si tingessero di rosso.
Il mare si riempì di squali e tritoni che, armati di arpioni e tridenti, attendevano le loro prossime vittime.

Ashley caricò entrambe le mani di energia elettrica, lanciando due saette in direzione di Teti.

La Titanide assorbì i due fulmini in una sfera d'acqua, che scagliò in direzione della semidea.
La figlia di Zeus riuscì ad evitarla, ma Lilith, figlia di Enio, fu meno fortunata. La sfera la colpì in pieno, rendendola vittima di forti scariche elettriche.

Ashley sgranò gli occhi, vedendo il corpo fumante dell'amica. Lilith non dava più segni di vita.

«Bastarda!» urlò, caricando nuovamente le mani di energia elettrica

Teti si lasciò andare ad una risata di scherno,

«Come speri di sconfiggermi se neanche gli dèi ci sono riusciti?!»

La donna era pronta a lanciare Lena in mezzo al mare, così che fosse divorata da uno squalo, tuttavia il suo corpo iniziò ad ardere. Fiamme comparse dal nulla la avvolsero consumando le sue carni molto lentamente, sarebbe stata una morte lunga e dolorosa...

Ashley si guardò intorno, non vedeva nessuno, eppure le fiamme dovevano avere qualche origine.

Nel frattempo, lo scontro tra Tamara ed Eris diventava sempre più arduo, nessuna sembrava cedere ai colpi dell'avversario.

Ashley colse l'occasione, colpendo Eris alle spalle con un fulmine. La dea cadde a terra, priva di sensi. Ciò avrebbe concesso ai semidei un po' di vantaggio.

Erano rimasti in pochi, ma ciò non li avrebbe fermati.

Ripresero il loro percorso camminando più velocemente, dovevano lasciare la spiaggia prima che Eris si riprendesse. Si addentrarono nella foresta, raggiungendo il cuore boscoso dell'isola.

La terra era sovrastata da un'imponente alabastro di cristallo, che emanava una luce iridescente.

I pochi semidei rimasti ancora in vita, osservavano la roccia con stupore, come se essa li avesse stregati.

Una voce roca e profonda si udì provenire dalla foresta, i semidei afferrarono la propria spada e si misero in posizione da battaglia.

«Stolti ragazzini, osate davvero sfidare una dea?!» la voce irruppe tra i semidei come un tuono che squarcia il cielo, scuotendo addirittura la terra.

«Fatti vedere, codarda!» urlò Tamara,

«E chi si nasconde?»

La voce, questa volta semplice e melodica come quella di una donna qualunque, proveniva da dietro l'imponente alabastro. I semidei si voltarono in quella direzione, vedendo sbucare una donna dall'aspetto comune, se non fosse per i suoi capelli rossi come il fuoco.
Le bastò schioccare le dita, per far svanire in un solo istante ogni singola arma in possesso dei semidei.

«Tranquilli, non voglio farvi del male. Sono Pele, dea dei vulcani e dei terremoti.» la donna, con chiara ironia, fece un leggiadro inchino. «Sono io la dea che state cercando, ho io la cura per Ares» sentenziò, facendo apparire nella propria mano una boccetta di vetro contenente un liquido rosso come il sangue.

«Gocce di lava mischiate ad acqua di mare, con un pizzico di sabbia del deserto.»

«Funzionerà? Voglio dire, Ares è in una situazione critica, non possiamo perdere tempo con dei tentativi»

«È l'unica cura esistente per quel veleno. Ma se non lo vuoi...» disse, togliendo il piccolo tappo di sughero che chiudeva la boccetta «...la verserò a terra» concluse, inclinando leggermente la bottiglia

«No no, la vogliamo» disse Tamara, facendo cenno alla dea, con le mani, di non spingersi oltre.

Pele sorrise, tappando nuovamente la boccetta e dandola ad Ashley, la quale, mantenendo il proprio sguardo fisso sulla donna, chiese:

«Avete detto di essere la dea del fuoco, siete stata voi a bruciare Teti?»

La dea annuì, sorridendo dolcemente

«Tu sei una ragazza speciale, Ashley. Devi percorrere una lunga strada, se quella megera con i tentacoli ti avesse uccisa, con te sarebbe scomparsa fino all'ultima goccia di speranza.»

Ashley, nonostante il caloroso sorriso di Pele, quasi materno, non riusciva ad ostacolare quel senso di inquietudine che le stava invadendo lo stomaco. Le parole della dea hawaiana l'avevano turbata. Cosa intendeva per "ragazza speciale"? Qual'era la strada che doveva percorrere? E perché tutta la speranza dipendeva da lei?

Queste domande le tuonavano nella testa, ma non fece in tempo ad esporle, poiché, avvolti da una nube scarlatta, lei e i suoi compagni di viaggio si ritrovarono nuovamente sull'aereo.

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