SilenceII
Il fruscio del vento mi svegliò di botto, mentre con le mani, frenetiche, mi scrollavo le ciocche di capelli neri sul volto che mi oscuravano la vista e che a causa del sudore si erano appicciate al mio viso. Non sapevo spiegarmene il motivo, ma dovevo allontanarmi dal letto. Lentamente quasi in trance mi avvicinai alla finestra e già potevo sentire le mie mani fremere dalla paura. La mia mente mi diceva di non muovermi, di scappare via prima che la morte mi portasse via, ma il cuore mi diceva di restare. Perché non scegliere una azione razionale?
Perché Isibèal non era mai razionale.
Con le minute dita pallide toccai il vetro freddo, accarezzandolo con le cinque dita. Il battito del mio cuore iniziò a battere sempre più forte.Socchiusi gli occhi provando ad ascoltare il suono della foresta, stavo per ritirarmi dentro la stanza quando sentii un mano toccarmi i capelli e una voce urlare testuali parole:«Dio, finalmente ti ho trovata.»
Un ragazzo dai capelli neri che gli ricadevano dietro la nuca, e due profondi occhi verdi mi osservava interamente. Sembrava quasi... emozionato? Istintivamente sobbalzai arretrando di un passo.Non sapevo perfettamente come spiegarlo, siccome non conoscevo nemmeno io l'origine di questi orribili sentimenti che stavano nascendo dentro il mio corpo. Afferrai di fretta il prima oggetto posto davanti alla mia visuale.
«F-Fermati.» balbettai incerta non trovando le parole giuste per quella determinata situazione. Insomma se stavo per essere uccisa non avrei potuto pensare di dire una frase più ad effetto? Tipo: Fatti sotto bello, questo sarà il giorno della tua tomba non la mia oppure Non puoi uccidermi perché io sono immortale. Purtroppo stavamo parlando della realtà e nel mondo reale l'uomo era un essere codardo. Infondo era questo ciò che ero: una codarda.
Dall'altra parte mentre mi perdevo nei miei più insulsi e quanto inappropriati pensieri partì una sonora risata. Lo guardai allibita quasi offesa dal suo atteggiamento sfacciato. «Vorresti ferirmi con una penna?» Guardai l'oggetto in questione che stringevo forte tra le mani e arrossii. La puntai di nuovo verso di lui provando a sorreggere il suo sguardo. «Non sai in quanti modi può essere utilizzata una semplice penna. Può apparire insulsa quasi innocua, ma in realtà nasconde mille sfaccettature talvolta anche terrificanti.» mi inventai ingoiando il groppo alla gola.
Sembrò quasi divertito dalle mie parole e con un salto preciso e quasi elegante entrò nella stanza. «Scusami per l'ora tarda, ma sai saranno almeno anni che sono alla tua ricerca.» disse spolverandosi le ginocchia dalla polvere. Istintivamente starnutii. Mi sembrava o almeno per quanto ricordavo ero allergica alla polvere.
«Alla mia ricerca? E per quale motivo?» mi chiesi quasi soprappensiero. Infondo erano anni che non uscivo all'area aperta, gli unici che potevano ancora ricordare la mia presenza erano la mia famiglia. «Per caso ti manda la mia famiglia?» domandai con un tono non proprio differente.
Almeno un po' speravo che non si fossero dimenticati di me, che magari attendessero ancora il mio ritorno, ma soprattutto era meglio che farsi sentire che era stato mandato da lui. In quel caso non potevo sentirmi al sicuro.
«No riprova.» iniziavo a sudare freddo. Le mani iniziavano a tremarmi, le gambe non riuscivano più a sostenere il mio peso, mentre potevo sentire i miei occhi, lucidi, ormai pronti al pianto.
«Ti ha mandato lui?» a questa richiesta lui sembrò quasi esitare nella risposta mentre pendevo letteralmente dalle sue labbra.
La tensione era palpabile e nella mia mente stavo già progettando un modo per uscire da quella situazione. Potevo uscire dalla porta, ma con la sua agilità - mostrata attimi prima- mi avrebbe raggiunto di sicuro, oppure potrei saltare dalla finestra, infondo era un primo piano cosa mi sarei rimediata una costola rotta? Oppure un braccio lesionato? Una frattura al piede? Era sicuramente una scelta che non potevo escludere a prescindere, meglio morire per cause naturali che morire per mano sua.
«Bhe... non proprio.» l'osservai dubbiosa mentre pronunciava quelle parole. Che intendeva dire con non proprio? Prima che però arrivasse a formulare con la mente quel pensiero mi strattonò per il braccio e mi spinse verso la finestra. «Però è a causa sua se mi trovo qui.» mormorò stringendo con il suo braccio destro e si lanciò verso la finestra trasportandomi nella sua morsa suicida. Chiusi gli occhi aspettando di sentire le mie ossa scricchiolare al contatto con il terreno ruvido, ma ciò non avvenne . Atterrai con estrema eleganza.
«È stato una figata vero?» mi chiese divertito. Si, proprio una figata se mettiamo che al momento del salto sono letteralmente sbiancata dalla paura, il cuore mi batteva talmente tanto che temevo mi uscisse dal petto e sentivo di aver appena visto la morte attraversarmi il viso. Gli lanciai un occhiataccia e provai a staccarmi dal suo corpo. Accidenti! Era bollente.
«So che la mia temperatura corporea non è di tuo gradimento, ma non possiamo fare altrimenti.» disse rafforzando la presa e iniziando a correre verso la foresta tenendomi sulle spalle. Iniziai a dimenarmi provando in tutti modi a liberarmi, ma possedeva una forza sovrumana è ancora non capivo come riuscisse a vedere così bene al buio.
«Tu... tu sei come lui vero?» non ottenni risposta, ma già da lontano potevo sentire il distinto suono di un ululato, finché non mi si appannò completamente la vista e non potei vedere più nulla.
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Isibéal - La dama sfregiata #wattys2017
ParanormalConta fino a dieci e desiderai di morire. Niente faceva più paura della morte, anche se spesso ci aggrappavamo a quest'ultima disperatamente cercando un po' di sollievo da quel dolore che ci lacerava la pelle. Era fredda. Era buia, ma confortev...