Incomprensioni notturne

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Salite sul treno io e giulia prendiamo i posti vicino al finestrino, uno di fronte all'altra, cosi da parlare meglio di tutte le minchiate possibili immaginabili: ragazzi, figure di merda, professori, litigate, ragazzi, ragazzi, ragazzi... volevo dire ragazze insopportabili, tr**e(evitiamo quella parola) e ovviamente alla fine finiamo col parlare di quanto io sia imbranata, rompiballe, pirla e tanti altri aggettivi che non basterebbe una giornata, o meglio, tutto il tempo che passo davanti al computer a scrivere questa storia. Sta di fatto che mentre parliamo, il telefono inizia a vibrare, una vibrazione corta che mi fa comprendere che qualcuno sta per rompermi.

<Ehi Carols, tanti auguri?>

<Ah ora te ne sei ricordata?>

<Dai su, volevo farti prendere uno spavento>

<Di quale spavento parli?>

<Farti credere che mi ero dimenticata del tuo compleanno. Allora quanti regali hai ricevuto?>

<Oddio che paura. Comunque per ora due: un biglietto per Roma e la vittoria della scuola di danza>

<Avete vinto?! Bravissimi!!>

<Modestamente. Ora vado che sto per iniziare a giocare a carte>

<Okay, vinci mi raccomando>

<Ovvio>

"Okay ora devi giocare a scala 40 con me, quindi a meno che non siano i tuoi o tua sorella o qualcun'altro della tua famiglia il telefono non lo usi. Ragazzi venite a giocare tutti"

Una mandria di ballerini si precipita davanti ai nostri posti, io li guardo un po preoccupata "No spiegatemi come facciamo a giocare tutti quanti se non abbiamo tutto questo spazio" dico indicando il tavolo. Alessandro, l'unico ballerino della squadra, inizia ad aprire bocca, ma "No la tua idea non la voglio sentire, pinocchio" lui mi guarda con aria arrabbiata però capisce subito perchè non lo voglio far parlare e la spiegazione è che quella "intelligentona" della Giulia aveva già l'idea pronta.

"Propongo di andare al bar del treno e fare un torneo. Giochiamo a turno, per poi fare la finale. Ovviamente io sarò la prima". e tutta soddisfatta prende il mazzo dirigendosi al bar, senza chiedere il nostro parere, che ovviamente era positivo riguardo alla sua soluzione. In totale siamo dodici, quindi optiamo per partite a tre e in finale arriviamo io, Giulia (ovviamente) e Alice, una ragazza che nè io nè la mia parabatai sopportavamo, lei è sempre stata una ragazza che si sentiva superiore a tutti, quando in realtà era uguale ad ognuna di noi. Alla fine di tutto Giulia, come era stato predetto, vince. Passate un paio di ore, arriviamo a Roma, non la ricordavo così bella. Il paese è pieno di vita e decidiamo di uscire, tanto il giorno dopo non ci sarebbe stata scuola e saremmo dovuti andare agli studios di mediaset verso le due del pomeriggio, quindi svegliarsi tardi non sarebbe stato un problema. Di corsa, dopo aver preso le chiavi, andiamo nelle nostre stanze a cambiarci io e Giulia siamo nella stanza numero 213. Non è male le pareti sono rosse, ci sono due letti matrimoniali, un bagno con la vasca in stile ottocentesco e un meraviglioso balconcino che da come vista un altrettanto splendido giardino. Dopo questa corta e perciò inutile descrizione della camera, siamo tutti pronti per andare al pub e ovvviamente tutti indossiamo un paio di pantaloni, neanche uno che si sia differenziato con una gonna o un vestito. Ci incamminiamo verso il pub, che sono più o meno le 11, cosi optiamo per stare fuori almeno tre ore, anche se dopo il viaggio siamo un po stanchi.

Appena entriamo, la musica ad alto volume si imprigiona del nostro udito e nessuno sente più la voce del vicino. Dopo due ore di drink, musica, risate le testa mi diventa un pallone e non capisco più niente "Giorgio dove sei?!" chiedo disperata. "Giorgio è a casa pirla" mi risponde Giulia
"Ah già. Bhe io vado al hotel" . Giulia fa okay col pollice e si allontana con il suo bicchiere.

Sto camminando tranquilla, al hotel mancano più o meno 5 minuti quando tutto ad un tratto noto correre una persona verso di me.

"Oddio un pedofilo" urlo e anche io inizio a correre, menomale che ho le converse.

"Aiuto! Qualcuno mi aiuti. Un uomo mi sta seguendo" dico ripetutamente senza smettere di correre. Poi finalmente arrivo, ma come è mia solita sfortuna inciampo in quell'unica buca e l'uomo si avvicina a me.

"Mi dispiace averla spaventata. Ho provato a dirle che volevo solo restituirle il bracciale che aveva perso, ma lei continuava a correre ed era difficile ridarglielo"
Lo guardo imbarazzata, mentre lui mi porge la sua mano per aiutarmi al alzare.

"No, grazie mille faccio da sola. Dopo quello che le ho fatto passare mi sembra il minimo. Mi perdoni"

Quei Respiri Che Mancano {Wattys2017}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora