Perfetto? No tu sei il MIO AMORE AMARO

56 8 0
                                    

E' notte fonda e sdraiata sul letto ascolto l'album musicale "Bad" di Michael Jackson. Ciò è dovuto dalla mia mancanza di sonno, ma poco importa dato che il giorno che doveva venire sarebbe stato l'ultimo di scuola e ormai non prendevo neanche più il pullman, ma bensì il motorino che i miei mi avevano regalato per il diciottesimo. Mentre ascolto ripenso a tutto quello che è successo nella mia vita fino ad adesso e penso proprio che se morissi in questo preciso istante, sarei più che felice, anche se l'unico traguardo che mi manca è pubblicare il romanzo francese, ancora senza titolo. E' comunque tutto perfetto. Se le cose continuano a migliorare, tra due anni potrei anche andare a vivere da sola. Infatti, con il fatto che ora sono maggiorenne ho un piccolo lavoretto in una pizzeria e sto mettendo via i soldi, inoltre se il libro dovesse vendere ho anche i guadagni delle vendite. Insomma, considerando anche Thomas, la mia vita va a gonfie vele e pare che nulla possa sconvolgerla.

L'album finisce cosi guardo l'orario: sono le quattro. Il tempo passa piuttosto velocemente, nonostante questo non ho ancora sonno e inizio a messaggiare con Giulia, la quale si sveglia apposta apposta per tenermi compagnia. L'unica cosa è che non resistiamo più di mezz'ora al telefono e crolliamo dal sonno.

Una settimana dopo, partiamo io, Thommy, Giulia e Riccardo per la Calabria per un po' di tempo con lo scopo di sfogare  l'energia negativa che si era impossessata di noi durante l'anno. E per farlo ci è bastato divertirci, eliminare tutte le preoccupazioni e goderci il sole e il mare. C'è stato anche un momento in cui siamo rimaste sole io e la mia amica e una coppia di fratelli gemelli aveva iniziato a provarci con noi mentre giocavamo a racchettoni sulla riva del mare, quando la palla ci fini in acqua e loro la presero prima di noi per restituircela al solo scopo di parlarci. Erano davvero belli, tanto che lo notarono anche i nostri accompagnatori e, Thomas sopratutto, si erano arrabbiati molto e per farmi perdonare, a differenza di Giulia, ci misi troppo tempo.


Sto bene con me stessa. Sono felice. Sono la persona più entusiasta del mondo: ballo mentre cammino, sorrido per ogni cosa e  più importante, niente e dico niente... Mi arriva una notifica: è un messaggio di Thommy che mi dice che lo devo raggiungere a Milano perché a da dirmi qualcosa. Gli rispondo che arrivo subito e corro a prendere la metro per raggiungerlo. Arrivata, mi dirigo all'hotel, dove nella sua stanza Thomas mi aspetta con la faccia rivolta verso il basso e gioca con la sua bandana, la stessa che avevo anche io.

"Amore che hai? Stai ancora male, come quella volta agli studi di Amici?" chiedo preoccupata prendendogli la mano.

"Dobbiamo parlare" mi dice serio, senza rivolgermi lo sguardo

"Okay, non stai male. E' grave quello che devi dirmi?"

"Dipende" mi dice sempre guardando il pavimento, ma mi prende la mano e la stringe. La sua voce è anche più bassa del solito e fatico ancor di più a sentire cosa mi dice.

"Da cosa?" inizio a chiedere stressata da tutto quel mistero

"Ascolta. Mi è stata fatta un'offerta di lavoro" sento la sua mano tremare

"Davvero? ma è magnifico" dico entusiasta abbracciandolo

"Non ho finito." mi fermo e sempre abbracciata a lui, rimango in ascolto "Il posto è in America"

Mi stacco da lui e lo guardo con uno sguardo che chiede spiegazioni. Penso di aver capito male, rimango bloccata, solo la testa si muove mentre fa no. Fatico a parlare, voglio piangere e mi si creano dei nodi alla gola.

"Se stai scherzando, non è affatto divertente"

"Non è uno scherzo" per tutto il discorso era rimasto con la testa abbassata, ora alza lo sguardo verso di me "Io vorrei che tu venissi con me, ma la tua carriera è qui e non credo tu voglia rinunciare a tutto solo per seguirmi, anzi te lo impedirei personalmente. Voglio che tu rimanga qui. E' questo il tuo posto: accanto ai libri, con miliardi di lettori che leggono i tuoi romanzi. Che vieni riconosciuta quando cammini per la strada e ti vengano chiesti autografi. Io voglio il meglio per te, perché lo meriti. Avrai successo"

"Non puoi lasciarmi da sola" inizio a piangere

"Ti prego non piangere. Non posso sopportarlo. Non voglio vedere scendere lacrime sulle tue morbide guance.  Non ho ancora dato una risposta"

Thomas mi asciuga le lacrime e io non so che fare, rimango in silenzio e mi alzo dal letto sul quale ero seduta affianco a lui. Vado vicino alla porta.

"Se la mia risposta dovesse essere si, allora partirò il 21 luglio, ovvero tra una settimana giusta. E' una cosa prolungata molto nel tempo. Non mi basterà un anno"

Non riesco a continuare la conversazione. Lui rimane fermo sul letto, ma quando apro la porta si alza di scatto, pero non ha il coraggio di venire da me. Io corro via.  Il mondo mi sta crollando addosso. Proprio ora che andava tutto bene.

Non so più che fare...

Mancano quattro giorni alla partenza e Thommy mi chiede di vederlo o di parlargli, ma proprio non ci riesco. L'unica cosa che gli dissi dopo quel giorno fu quella che doveva partire e anche Anthony glielo disse, cosi accettò, ma da quel momento non ebbi pace. E il giorno della partenza, mi trovo a casa di una mia amica per festeggiare la sua vittoria alla gara di disegno che l'avrebbe ammessa in una scuola d'arte molto importante. Peccato che io non abbia la voglia di brindare, ma solo quella per pensare. Come avevo potuto dire a Thomas che era meglio lasciarsi, via telefono tra le altre cose?! Cosi, per la seconda volta, recupero le mie cose in fretta e furia e corro via di casa, cercando di chiamare un taxi, che dopo dieci minuti arriva.

"Dove la porto?"

"Aeroporto di Malpensa. La prego faccia in fretta è una questione importante"


Arrivata, corro verso il check in, ma vengo fermata da una guardia che mi inizia a chiedere il perché della mia corsa, della mia agitazione. E io rispondo con frasi lampo e fredde nei suoi confronti.

"La prego mi dica una cosa. L'aereo che è per San Francisco è già partito?"

Non faccio in tempo a finire la frase che un altoparlante mi risponde al posto della guardia. "I passeggeri pe il volo San Francisco delle 15 e 32 sono pregati di dirigersi al punto d'imbarco"

Inizio a insultarmi, a imprecare, a dire un sacco di cose a raffica senza un filo logico, solo quando la guardia mi inizia a parlare mi fermo e lo guardo con gli occhi alle lacrime.

"Chi è la persona che sta andando via?" mi chiede calmo

"E' il mio ragazzo, non l'ho salutato. Non gli ho detto addio. Non lo vedrò mai più" e scoppio ancor di più in lacrime e abbraccio l'uomo.

"Mi dispiace. L'aereo è appena partito" e mi accarezza i capelli.

"No Thommy. IO TI AMO." urlo cercando di avvicinarmi al finestrone da dove si vedevano gli aerei. Fortunatamente vengo trattenuta dalla guardia. Allora, in preda ad una crisi, corro fuori dall'aeroporto.


Quei Respiri Che Mancano {Wattys2017}Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora