3/4 - L'anello del vescovo - Puntata 4

25 0 0
                                    

La faccia di don Alberto era molto più amichevole di quanto non fosse tre giorni prima, quando Gotti e Irene avevano cercato di rientrare nella cappella della Madonna delle Nevi dopo la funzione e lui aveva chiuso bruscamente la porta.

«Maresciallo» disse girando l'enorme chiave nella serratura della chiesetta, «proprio non capisco questa sua improvvisa passione per l'arte sacra. E anche lei, signora Irene, non credevo che rientrasse nei suoi interessi. Però metto in guardia tutti e due; per capire l'arte sacra bisogna innanzitutto conoscere e praticare la dottrina cristiana, a partire dai comandamenti: non uccidere, non rubare, non desiderare la donna d'altri...»

Ci risiamo, pensò Gotti, e passò la palla a Irene.

«Don Alberto» disse, «potrei vedere più da vicino quella madonna con bambino che sta nella nicchia di sinistra?»

«Certo mia cara signora, è una statua lignea del Settecento, di artista anonimo, ma di pregevole fattura.»

Così dicendo si avvicinò alla nicchia e Irene poté finalmente avere una conferma: in braccio alla settecentesca madonna in legno, stava un... settecentesco Bambin Gesù in legno.

«Grazie» disse Irene seccata, «ho visto tutto quello che mi interessava, possiamo andare.»

«Già finita la smania per l'arte sacra?» domandò acido il parroco. Ma Irene era già lontana. Toccò a Gotti chiedere scusa per quel comportamento scostante.

«Non si preoccupi, maresciallo. Noi preti siamo abituati. Se avrà ancora bisogno di me, mi troverà in chiesa... in confessionale.»

Gotti dovette correre per raggiungere Irene che camminava verso il paese tutta stizzita, a culodritto, come si dice.

«Dico, ma sei impazzita? Prima ti inventi la storia di Cicciobello, del bambolotto che sostituisce la statua, e poi, quando sbatti il naso contro la realtà, fai la bisbetica?»

«Ti dico che l'altro giorno, io quel bambolotto l'ho visto ed era al posto del Bambin Gesù.»

A quel punto il maresciallo si arrabbiò davvero.

«Allora facciamo così: io vado a cercare di capire chi ha ucciso lo scultore e tu indaghi sulla scomparsa del bambolotto; se hai bisogno di aiuto chiama la Barbie.»

Una battuta così significava andare in bianco per almeno un mese, ma quando ci vuole ci vuole.

Tornando in caserma, Gotti passò davanti alla bottega dello scultore e non poté fare a meno di pensare quanto fossero pacchiani gli gnomi di pietra e le salamandre giganti che occhieggiavano dalla vetrina. Sculture grossolane e di cattivo gusto, specie al cospetto delle splendido crocefisso in noce che troneggiava nella vetrina attigua, quella dell'antiquario Revelli.

Al diavolo anche le statue. Per quel giorno ne aveva viste abbastanza. Altro che andare dietro alle statue di legno e ai bambolotti di plastica, lui doveva incastrare un assassino di carne ed ossa.

Gotti si sedette nel suo ufficio, intenzionato a non alzarsi più di lì fino a che non avesse avuto una buona idea sul caso di Benito. Per concentrarsi, si obbligò a tenere gli occhi fissi sul piano di plastica della scrivania che imitava in maniera abbastanza credibile il legno di faggio; lo percorse con gli occhi, arrivando fino al tavolino porta-porta computer, che invece era in legno, ma verniciato così male da sembrare di plastica. Legno e plastica, plastica e legno... Eccola l'idea!

Alzò di scatto il ricevitore e compose il numero di Irene:

«Ascolta» incominciò senza salutare, «il bambolotto che hai visto era davvero di plastica o avrebbe potuto essere in legno verniciato malamente?»

«Adesso che mi ci fai pensare...»

«Ho capito. Ti richiamo appena ho arrestato l'assassino: credo di sapere chi è.»

H

Le inchieste del maresciallo GottiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora