Capitolo 3

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'Cause I'm T.N.T., I'm dynamite
(T.N.T.) and I'll win the fight
(T.N.T.) I'm a power load
(T.N.T.) watch me explode
      T.N.T -AC/DC


-Allora, quanto tempo resterai a casa di Daniel?-
La voce di Phoebe spezza il silenzio che c'è stato da quando le ho detto di aver perso la scommessa.
Sobbalzo e mi volto verso lei. In tutto questo tempo non ho fatto altro che insultarmi mentalmente per aver accettato quella stupida scommessa.

-Per tutto l'anno scolastico-
Borbotto incupendomi ancor più di prima e gettando con troppa energia una maglietta nella valigia.
Dentro di me albergano varie emozioni, ma prevalgono la delusione per aver perso, sia pure una stupida scommessa, e, soprattutto, l'amarezza del rimpianto. Tuttavia, il mio carattere mi impedisce di evitare di mettermi costantemente alla prova e, inoltre, preferisco di gran lunga il rimpianto per aver fatto una cosa piuttosto che quello per non averla fatta. È così che sono diventata quella di oggi e, sinceramente, a me va bene così. Sbuffando sonoramente, getto in modo totalmente casuale e poco fine alcune creme e una bottiglia di shampoo nella valigia.

Fortuna che c'è Phoebe a sistemare tutto come si deve.
Vivo da sola da due anni ormai, in una casa enorme e fin troppo silenziosa. Con i miei genitori ho un pessimo rapporto. Loro sono i tipici snob ricoperti di soldi dalla radice dei capelli alla punta dei piedi e hanno sempre tenuto più all'apparenza che alla sostanza. Mi parlavano soltanto quando dovevano rimproverarmi per il mio comportamento e linguaggio. A crescermi sono state tante balie, cambiate così di frequente che non ho mai avuto il tempo di affezionarmi a loro. Il motivo era semplice: nessuna riusciva a tenermi testa; se mi chiudevano a chiave in camera per punizione, saltavo sull'albero fuori dalla mia finestra e correvo in giardino a giocare...una arrivò a chiudere a chiave i miei giocattoli in una scatola. Usai una forcina per capelli e in due minuti furono di nuovo in mio possesso. Ovviamente, mi vendicavo più che sufficientemente e tutte se ne andavano poco dopo aver accettato l'incarico. Spesso penso che non avrei dovuto trattarle così. Insomma, loro cercavano solo di fare il loro lavoro e io le usavo come sacco da boxe per scaricare tutta la rabbia e il risentimento che in realtà avevo per i miei genitori. Non importava quanto urlassi, loro non mi ascoltavano mai. Volevo solo un po' di attenzione da parte loro e, quando ho capito che consideravano la mia esistenza solo in quel casi, non riuscivo a trattenermi.
Non chiedevo molto, solo che mio padre giocasse con me ogni tanto o che mia madre mi sistemasse i capelli. Invece da loro ho sempre ricevuto solo e soltanto indifferenza e rimproveri. Per loro contava solo l'apparenza di famiglia perfetta e si accorgevano della mia esistenza solo quando dovevo recitare la parte di figlia modello. Spesso sono fuggita di casa, decisa a farla finita con loro e di cambiare totalmente vita. Purtroppo, da ragazzina quale ero, prima di lasciare la città passavo sempre da mia nonna. Era l'unica che sembrava davvero ricordarsi che io esistevo e che avevo bisogno di qualcuno nella mia vita. Non mi costringeva a tornare a casa. Mi offriva cioccolata calda e biscotti appena sfornati e mi parlava come solo lei sapeva fare. Metteva dolcezza nelle parole che usava ed era una vecchietta saggia e furba. La amavo e la amo tutt'ora. Nemmeno quando è morta mi ha abbandonata. Due anni fa, alla lettura del suo testamento, l'avvocato disse che mi aveva lasciato la sua casa e uno dei suoi anelli. Mi ci ero trasferita il giorno dopo.
Istintivamente mi porto una mano al petto, dove l'anello della nonna è sempre appeso ad una catenina d'oro bianco accanto al mio cuore. Lo tengo sempre sotto le magliette in modo tale da sentirla sempre a contatto con la mia pelle.

-Lily? Mi stai ascoltando?-
Scuoto la testa e mi riprendo da questi pensieri che mi avrebbero solo portata a deprimermi di più.
-Scusa, ero soprappensiero. Mi hai chiesto qualcosa?-
Phoebe mi guarda incuriosita per un attimo e poi scrolla le spalle.
-Ho detto che credo sia arrivato Daniel. Hanno bussato alla porta-
Annuisco e porto giù le valigie, aiutata da Phoebe. Quando apro la porta, la tentazione di chiudergliela in faccia schizza alle stelle. Daniel Morrison è appoggiato allo stipite della porta e mi sta guardando con il ghigno beffardo più irritante che abbia mai visto.

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