Capitolo 4

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No matter what we breed
We still are made of greed
This is my kingdom come
This is my kingdom come
      Demons -Imagine dragons

Apro lentamente gli occhi e, come sempre prima di alzarmi dal letto, mi giro verso l'altro lato. O almeno ci provo, ma qualcosa mi blocca. Aggrottando le sopracciglia, abbasso lo sguardo sulla pressione che sento sul ventre e sgrano gli occhi vedendo un braccio che mi stringe. Sto per urlare, quando dei velocissimi flashback della sera prima mi colpiscono.
Con un po' di sforzo, volto leggermente la testa, ritrovandomi il viso di Daniel, profondamente addormentato, a pochi centimetri dal mio. So già che Morrison è bello, non avrebbe senso negarlo. Però, di solito la sua bellezza passa sempre in secondo piano dato che appena apre bocca ne escono solo frecciatine idiote. Tuttavia, in questo momento sembra un'altra persona. Il volto è rilassato e il respiro calmo e regolare, mentre le labbra, di solito arricciate in un ghigno beffardo o in un sorriso strafottente, sono piegate leggermente all'insù in una specie di mezzo sorriso. Mi ritrovo a chiedermi cosa stia sognando di bello...Okay, basta contemplare la bellezza del mio nemico. Scuoto la testa per riprendermi e, stando attenta a non svegliarlo, scosto il suo braccio dal mio ventre e mi metto in piedi. Ovviamente, se non l'ho svegliato in malo modo è solo perché voglio un po' di calma, almeno di prima mattina. Prendo velocemente una felpa a caso e un paio di jeans strappati e mi rinchiudo nel bagno in fondo al corridoio. Mi preparo velocemente e scendo di sotto.
Sta mattina ho fatto tardi e non ho tempo di fare colazione, quindi, lanciando uno sguardo dispiaciuto alla cucina, esco di casa e mi chiudo la porta alle spalle.
Mentre aspetto l'autobus alla fermata, mi guardo intorno distrattamente, osservando i passanti che mi superano senza degnarmi di uno sguardo, mentre mi perdo nei miei soliti pensieri.
Quando, finalmente, l'autobus si decide a muovere quel culo di metallo che si ritrova e fermarsi davanti a me, sento una voce tristemente conosciuta chiamarmi. Mi volto e, ovviamente, Morrison è in sella al suo unico e vero amore.
-Reynolds, si può sapere perché non mi hai aspettato sta mattina?-
Sembra infastidito. Bene.
-Perché avrei dovuto? Tu potevi uscire anche tra mezz'ora dato che hai la moto e che ti diverti a superare tutti i limiti di velocità-
Alza gli occhi al cielo e sbuffa. Ah, pure infastidito è?
-Dai, salta su-
Mi porge un casco, ma io scuoto la testa e mi sbrigo a salire sull'autobus prima che parta senza di me.
Mi lascio cadere stancamente su uno dei sedili e sbuffo. Non è passato nemmeno un giorno e già sento i nervi pronti per suicidarsi.

Fortunatamente siamo già a metà giornata e non ho ancora visto Daniel. Sul serio, quel ragazzo finirà col farmi impazzire.
-Te lo giuro, Phoebe, sto pensando seriamente di mandare a quel bellissimo paesino di campagna tutti i miei principi e tornarmene a casa-
Ormai è ora di pranzo e, come al solito quando le giornate non sono troppo fredde, io e Phoebe siamo sedute in cortile a mangiare.
Lei ridacchia e scuote la testa.
-Non ci credo, non lo faresti mai-
Grugnisco contrariata perché so che ha ragione. Purtroppo, il mio vizio di accettare ogni sorta di sfida o scommessa mi porta anche al pagare qualsiasi pegno. Mi sentirei in colpa con me stessa per non aver tenuto fede alla parola data per non so quanto tempo, ma io davvero non ce la faccio a passare un anno così.
-Lo so, ma lasciami sognare-
Sospiro e addento il mio panino quasi con rabbia.
-Dai, non abbatterti. Dopotutto, è solo il primo giorno-
Sorride dolcemente e mi poggia una mano sulla spalla. Come farei senza questa dolcezza di ragazza?
-Ci proverò-
Mormoro senza molta convinzione.
-Perché non provate a stabilire una tregua? Insomma, farvi la guerra mentre vivete sotto lo stesso tetto porterebbe al manicomio chiunque-
La guardo come se avesse detto che Voldemort ha sposato una babbana e scuoto la testa.
-Sarebbe come ammettere la sconfitta e questo non accadrà mai! Non ho nessuna intenzione di diventare la sua Cenerentola-
Incrocio le braccia al petto e so che i miei occhi stanno mandando fiamme. Phoebe alza gli occhi al cielo e borbotta qualcosa di incomprensibile.
-Va bene, va bene, scusa se ho provato a semplificarti la vita-
Ridacchio e la spintono con la spalla.
-Non puoi capire perché tu sei troppo dolce e gentile, ma quello diventerebbe peggio di Hitler se glielo lasciassi fare-
Lei si limita a scrollare le spalle e a fissarmi dubbiosa.
-Non conosco Daniel, ma non credo sarebbe così sadico. Più che altro, immagino voglia solo farti dei dispetti stupidi-
Scuoto la testa e sospiro, mangiando anche l'ultimo boccone del panino. Mi lascio cadere all'indietro sull'erba e chiudo gli occhi, incrociando le dita sul ventre.
-Lils, devo andare a parlare con una mia compagna di classe ora. Ci vediamo dopo?-
Mugugno qualcosa che assomiglia vagamente a un "va bene" e poi sento i suoi passi allontanarsi. Si sta così bene, qui. C'è un vento leggero che sembra quasi accarezzarmi, il sole che ti scalda la pelle e il chiacchiericcio degli altri studenti in sottofondo.
Ovviamente, il mio momento di pace è finito prima ancora di cominciare dato che qualche coglione ha deciso di voler morire in modo lento e doloroso buttandomi dell'acqua in faccia. Mi rialzo di scatto, portandomi le mani al viso per tentare di asciugarlo.
Quando riprendo la facoltà di vedere, naturalmente mi ritrovo davanti Daniel Morrison che ride come se non ci fosse un ‪domani‬. Mi avvicino a lui con passo pesante, puntandogli un dito contro il petto.
-Questa me la pagherai con gli interessi, Morrison-
Sibilo quando sono abbastanza vicina a lui. In tutta risposta, vedo il suo ghigno allargarsi e si china su di me, accostando le sue labbra al mio orecchio. Immediatamente vengo travolta dal suo profumo di menta e liquirizia.
-Considerala una piccola vendetta per questa mattina-
Sussurra prima di rimettersi diritto.
-Ti aspetto alla fine delle lezioni al cancello. Ti accompagno io a casa-
E se ne va, lasciandomi qui a fissarlo. Ma chi si crede di essere? Non può darmi ordini!
Okay, tecnicamente si, ma non è questo il punto.
Sbuffo sonoramente e mi dirigo infuriata verso l'aula di chimica.

-Quindi tornerai a casa con lui? Sulla sua moto?-
Ancora una volta, Phoebe mi fa questa domanda e io alzo gli occhi al cielo.
-Ti ho già detto di sì. Cosa c'è di strano?-
Lei si stringe nelle spalle e mi guarda con l'aria di chi la sa lunga.
-Oh, niente a parte il fatto che, da quando Daniel possiede quella moto, non ha permesso mai a nessuno nemmeno di sfiorarla con lo sguardo mentre ora ti sta praticamente imponendo di salirci-
La guardo stupita e inclino la testa di lato. Più che dalle parole in se, sono sorpresa del fatto che lei lo sappia.
-E tu come lo sai?-
Si morde il labbro inferiore per un attimo, come se fosse in difficoltà, ma poi si riprende.
-Oh, beh, l'ho sentito in giro. Sai che qui spettegolare è una ragione di vita-
Non ha tutti i torti, ma conosco Phoebe e qualcosa mi dice che non è esattamente così che l'ha scoperto. D'altro canto, tra me e lei non ci sono mai stati segreti, per quanto spiacevoli potessero essere. Forse non è così importante da parlarmene. Scrollo le spalle e decido di lasciar perdere, ma questa me la segno.
-Sì, in effetti qui non si fa altro-
Phoebe mi indica con un cenno della testa qualcosa davanti a me e io alzo gli occhi al cielo nel vedere Morrison in una posa da figo mancato accanto alla sua moto. Beh, in realtà tanto figo mancato non è, però non lo ammetterò mai, non a lui.
-Buona fortuna-
Mi augura ridacchiando la mia migliore amica mentre si allontana. Sarà anche dolce e zuccherosa, ma certe volte è davvero una stronza.
Cerco di infilarmi in tutta quella massa di gente in modo che non mi veda e io possa filarmela senza farmi notare. Tutti i miei sogni e le mie speranze vanno in frantumi quando sento qualcosa afferrarmi la mano.
-Reynolds dove credi di scappare?-
Più che arrabbiato, sembra divertito. Mi volto verso di lui e, si, confermo, è decisamente divertito dalla situazione.
-In bagno-
Dico rendendomi conto solo dopo averla detta della cazzata che ho sparato.
-In bagno? E, esattamente, dov'è che volevi andare in bagno?-
Il bastardo ha capito perfettamente che era una scusa, ma si diverte troppo a infierire.
-Ehm...nel bar. Insomma, avranno pure un bagno, no?-
È palese che sta tentando in tutti i modi di trattenere le risate.
-Con la mia moto ci metteremo cinque minuti a tornare a casa e lì ci sarà un bagno pulito ad aspettarti-
In effetti, alcuni bar hanno dei bagni in cui rischi di prenderti chissà quale malattia infettiva e mortale solo guardandoli in foto.
Sospiro, ammettendo la mia sconfitta e lui mi lascia il polso. Strano, non mi ero accorta che lo avesse tenuto fino ad ora.
-Mi spieghi perché non vuoi salire sulla mia moto?-
Chiede poi mentre camminiamo nella direzione inversa alla quale stavo andando.
-Perché tu guidi in modo sconsiderato e non voglio morire così e per di più con te-
Inarca un sopracciglio e mi scruta dall'alto in basso.
-Sicura sia solo questo? E poi, io guido benissimo e lo sai-
Alzo gli occhi al cielo e sbuffo. Di certo non è stupido, questo devo concederglielo.
-No. In realtà io ho paura di andare in moto-
Ammetto con non poca riluttanza. Non so perché gliel'ho detto. Solo Phoebe sa di questa mia paura. Probabilmente è solo perché non mi avrebbe dato pace finché non glielo avessi detto.
-Potevi dirlo subito, sai?-
Scuote la testa e sospira.
-Hai paura di cadere o fare un incidente?-
Sono io pazza o è il suo tono che è più dolce? Strano, mi aspettavo qualche battutina stupida.
Alzo lo sguardo su di lui e annuisco.
-Mio cugino è morto in un incidente mentre guidava la moto e il tipo che era con lui invece è rimasto paralizzato dalla vita in giù-
Okay, questo non ero davvero tenuta a dirglielo. Ma perché gli sto raccontando i cazzi miei? Mi tornano gli occhi lucidi, come ogni volta che ripenso a Kevin. Anche se è passato tanto tempo, fa male come sempre e mi mordo il labbro per impedirmi di scoppiare a piangere come una perfetta cretina davanti alla scuola e, soprattutto, davanti a lui.
-Ehi, mi dispiace, sul serio. Ma, io sono un ottimo pilota e non c'è niente di cui aver paura-
Mi ha preso di nuovo la mano e io gliel'ho lasciato fare.
È strano per me ammetterlo, ma mi piace il modo in cui si è comportato dopo la mia rivelazione. Non mi ha guardata come se fossi un cucciolo pestato a sangue, ma non è neanche rimasto indifferente. Mi sta vicino, ma senza invadere troppo i miei spazi ed è, in parte, riuscito a impedirmi di lacrimare.
Intanto siamo arrivati alla moto e lui mi porge uno dei caschi. Riluttante, lo prendo e, come da copione, do inizio ad un'assurda guerra tra me e il cinturino.
-Oh, ma andiamo! Possibile che tu sia così impedita?-
Ridacchia lo stronzo prima di avvicinarsi e risolvere il problema.
Ed ecco che il momento serietà, o normale, quantomeno, viene drasticamente rotto in mille pezzi.
-Sta zitto, Morrison-
Sbuffo mentre lui sale sulla moto e aspetta che io faccia lo stesso. Riluttante, mi metto dietro di lui e afferro saldamente le maniche ai lati del mezzo. Si volta verso di me e scuote la testa.
-Se hai davvero così tanta paura ti consiglio di tenerti a me-
Il suo tono è serio e, per una volta, decido di dargli retta. Gli avvolgo le braccia intorno alla vita e lui parte lentamente. So che sta andando decisamente più piano di come è abituato, ma non posso fare a meno di irrigidirmi e stringerlo con più forza. Poggio la testa sulla sua schiena, in modo da non vedere incidenti ovunque come una pazza visionaria.
-Reynolds? Siamo arrivati e siamo ancora vivi-
Mi stacco subito da lui e scendo dalla moto, ricominciando a litigare con il casco. Ma perché diamine deve essere così complicato? Com'è possibile che non riesca a toglierlo?
Beh, di certo le mani che tremano leggermente non aiutano. Continuo a insultare il casco in tutte le lingue del mondo finché Daniel non si decide ad aiutarmi.
-Quel coso è una trappola mortale-
Sbuffo incrociando le braccia al petto. Scoppia a ridere e scuote la testa.
-Io dico che sei tu ad essere incapace-
Lo fulmino con lo sguardo mentre lui apre la porta di casa.
Non appena metto piede nel salotto, mi butto sul divano e accendo la TV. So che tra non molto mi addormenterò, così imposto la sveglia sul cellulare dato che oggi sono di turno nel negozio.
Come previsto, nemmeno dieci minuti dopo sprofondo nel sonno.
Fortunatamente ho impostato la sveglia ad alto volume altrimenti avrei fatto tardi. Mi cambio in fretta dopo essermi rinfrescata un po' e poi mi guardo in giro. Non che me ne freghi qualcosa, ma mi sembra giusto almeno avvisare Daniel che esco.
-Morrison, io esco!-
Dico ad alta voce. Niente. Aggrotto le sopracciglia e lo cerco per la casa, ma non c'è. Forse è uscito. Controllo anche in cucina e, infatti, trovo un post-it sul frigo. È uscito con una ragazza. Spero solo che abbia la decenza di non portarla qui.
Scrollo le spalle ed esco di casa. Probabilmente passerà la notte da lei, quindi non lascio nessun messaggio perché sarebbe inutile.

Sorrido quando entro al Bread N Music, il nome del negozio in cui lavoro.
-Ehila, splendore. Come va?-
Frank, il proprietario del negozio, saluta sempre tutti in questo modo, è proprio il suo modo di parlare. All'inizio lo trovavo strano, ma poi ho imparato a farci l'abitudine.
-Tutto bene, Frank. Giornata fiacca?-
Chiedo notando la poca affluenza di clienti.
-Eh sì, ormai più nessuno viene a comprare CD-
Alza gli occhi al cielo e io annuisco. Ormai le persone scaricano gli album sui cellulari invece di comprarli, cercano gli spartiti delle canzoni su internet e sono sempre meno quelli che suonano uno strumento e, alcuni di loro, addirittura preferiscono suonarlo dal cellulare. No, dico, scherziamo? Come si fa a preferire uno schermo alla sensazione di toccare delle vere corde, di sentire le dita intorpidite e doloranti da tutte le ore passate ad esercitarsi e di imprecare per ogni sbaglio? Inaccettabile, assolutamente inaccettabile.
-Le persone non sanno cosa si perdono-
Gli faccio l'occhiolino e poi vado a mettermi la maglietta con il logo del negozio, pronta a cominciare il turno.

Ormai sono già le ‪22:30‬. In realtà, il negozio chiude ‪alle 20:00‬, ma dopo l'orario di chiusura Frank e gli altri che lavorano lì si divertono a suonare qualcosa o a cantare (quelli che sanno farlo, ovviamente) mentre mangiamo cibo cinese. Sono tutti fantastici, ma Frank è di gran lunga il migliore. È stato lui ad insegnarmi a suonare la chitarra, sia classica che elettrica. Quando scappavo dalle mie tate, mi rifugiavo in questo stesso negozio e, dopo aver capito la storia, Frank ha deciso che avrei sfruttato quel tempo passato li nel miglior modo possibile: imparando a suonare. Ogni volta perdo la cognizione del tempo, tra cena da asporto, chiacchiere e musica, ma tanto non ho mai avuto nessuno che mi aspettasse a casa e anche sta volta non è diverso. Fortunatamente, Daniel mi aveva dato la chiave di riserva in attesa che la mia copia fosse pronta.
Okay, io sono più che certa di aver spento tutte le luci quando sono uscita e Daniel sarà sul più bello del suo appuntamento, quindi chi diamine c'è in casa? Lentamente, apro la porta e me la richiudo alle spalle, guardandomi intorno.
D'improvviso, vengo travolta da una figura nera e urlo, finché un familiare profumo di liquirizia e menta mi invade le narici.
-Morrison? Che cosa ci fai qui?-
Lui mi guarda stupito, ma furioso al tempo stesso, mentre io sono solo confusa.
-Cosa ci faccio qui? Piuttosto, tu dov'eri finita? Hai idea di che ore siano? Volevi per caso farmi venire un infarto?-
Quasi mi urla contro e io tento di mantenere la calma, guardandolo però male.
-Ero al lavoro, non ti agitare. Non ti ho avvisato perché credevo che avresti.."dormito" da un'altra parte-
Mimo le virgolette alla parola "dormito" e lui sospira, tentando di calmarsi.
-Volevo farlo, ma era così insopportabile che ho preferito tornare a casa. Mi dispiace aver alzato la voce, ma non hai idea di quanto mi sia preoccupato. Non sapevo nemmeno che avessi un lavoro!-
Scrollo le spalle e mi passo una mano tra i capelli biondi. Poi lui fa qualcosa che non mi sarei mai aspettata. Mi attira a se e mi stringe in un abbraccio. Mi irrigidisco e resto immobile per qualche istante, troppo stupita per reagire.
-Mi hai fatto prendere un colpo, dolcezza, lo sai?-
Sussurra con voce roca al mio orecchio. Ignoro volutamente il brivido che mi corre lungo la schiena imputandolo al freddo. Mi decido a ricambiare l'abbraccio e sorrido.
-Avevi paura che qualcuno mi uccidesse prima di te?-
Tento di sdrammatizzare e lui ridacchia, scuotendo la testa.
-La prossima volta che esci, avvisami. E dammi il tuo numero di cellulare-
Mi scocca un bacio sulla guancia prima di allontanarsi, lasciandomi davvero stupita.
Era davvero preoccupato per me? A quanto pare si dato che sembra appena essersi ripreso da un principio di infarto. Stranamente, mi ritrovo a sorridere e sento il cuore saltare un battito. È la prima volta che qualcuno si preoccupa seriamente per me, senza secondi fini. Insomma, le tate erano solo preoccupate di non ricevere lo stipendio, i miei non ci sono mai e comunque non si interessano minimamente di me se non gli servo e mia nonna è sempre stata l'anziana più calma di questo mondo.
Mi riprendo scuotendo la testa dai miei pensieri e ci scambiamo i numeri, per poi andare a dormire e, ovviamente, io devo stare nel suo letto e per essere usata come orsacchiotto umano.

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