8 febbraio 2017

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A 16 anni non sai cosa sia l'essere grande, sei convinto che ciò che fanno i grandi ti rendano tale.
Ogni cosa che fai lo fai per essere qualcuno, qualcuno che sogni di essere ma allo stesso tempo hai paura di esserlo.
Mi ricordo quando litigavo con mamma, mi allontanavo di casa senza dirle nulla, tornavo dopo giorni.
Ero convinto che a lei non importasse ciò che mi accadesse.
Ogni mio mal'essere era incentrato sulle mie mancanze: mancanza di un papà, mancanza di soldi, mancanza di vestiti alla moda o cose che a noi adolescenti piace.
Ogni mia mancanza era una buona scusa per fare tutto da me.
Sbagliavo io, ma davo la colpa alle circostanze, ero un vigliacco, avevo troppa paura di deludere me stesso che gli altri, vivevo per me.
Il mio ego lentamente si ingigantiva, non avevo più sogni, i sogni diventarono ciò che potevo possedere, non avevo nulla, ma mi prendevo tutto.
Era un continuo agire alle spalle di altri, riuscivo a fare e avere ciò che volevo.
Facendo così persi quei pochi rapporti che avevo.
Rimasi da solo e non è facile avere un punto instabile come punto fisso.
La fiducia verso gli altri era inesistente, diventi consapevole del fatto che l'altro non sarebbe stato in grado di renderti felice, neanche per quei pochi attimi che salva le persone, perché la felicità non ha mai salvato nessuno.
I grandi geni erano spesso infelici, i poeti sono infelici, perché nulla basta alla tua mente, non vuoi fermarti alle apparenze, punti all'essenza.
Facendo così bruci relazioni perché pretendi troppo dalla gente, perdi qualche ragazza perché hai bisogno di molto più amore di quello che hanno, cerchi di essere riempito da qualcuno più vuoto di te.
Per questo non hai un filo che ti riporti fuori dal labirinto in cui sei.
Non hai più nessuno a cui aggrapparti quando cadi, sei solamente tu, ma non riesci a stare stabile con i pesi e le angoscie che ti porti a presso.
Non ti senti come le altre persone, perché non senti le altre persone, sei chiuso in una stanza di specchi dove c'è solo il tuo riflesso.
E hai paura di te, perché ti rendi conto che ogni cosa negativa è accaduto per colpa tua, e nessuno ti salva.
Ti senti frustrato e arrabbiato con tutto ciò che ti circonda, è un continuo cadere, ma senza un fondo, senti le vertigini, l'ansia che ti spezza la schiena.
Non vuoi essere come gli altri, ma vuoi stare con gli altri, è questo il tuo problema, vuoi vedere te stesso felice grazie a terzi.
Cerchi la felicità, ma non sai cosa sia, vuoi sempre ciò che ti manca, non vedi il valore di ciò che hai attorno.
Poi dal nulla alzi la testa, e ti trovi isolato dal mondo, vuoi urlare, ma nessuno ti capirebbe.
Non è vittimismo, perché non ti fai pena, ma ti fai schifo, odi ciò che sei.
Non dormi la notte, mangi poco e eviti luoghi affollati, vuoi stare da solo ma allo stesso tempo vorresti che qualcuno stesse da solo con te, e ci resti male quando vieni tradito o sminuito.
È un fottuto labirinto, ci sei in mezzo ma non vuoi tornare indietro, vaghi nel vuoto cercando un'uscita, un'uscita che potrebbe non esserci e quindi viaggi per una meta incerta.
E non sai cosa fare, arriverà la fine di tutto questo, ma sarà solo l'inizio.

Cristopher Dylan Sahagun .

La fragilità degli uraganiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora