Capitolo 1• Scappare e mancarsi

68 5 2
                                    

«Cazzo, cazzo. Parti, porca puttana» sbatté i palmi sul volante, mentre la luce alle sue spalle si fece più luminosa. Ma il vecchio catorcio, come lo chiamava lei, non ne voleva sapere. Scese dall'auto e con una capriola si precipitò giù per una discesa che portava a un piccolo, ma altrettanto fitto, boschetto.

«Avviso a tutte le unità! La ragazza non si trova nell'auto, perlustrate la zona e liberate i cani» sentí la voce metallica in lontananza. Quando percepí i cani abbaiare rabbiosamente e la luce abbagliante dell'elicottero passare attraverso i rami, si lasciò andare ad un'imprecazione: "mi prendete per il culo?". Continuò a correre sino a che non si imbatté in un fiume in piena. Non aveva la minima idea di come uscire da quella situazione e cominciò a guardarsi attorno presa dall'ansia. Cercò ovunque, ma non c'era via di scampo, si arrese all'idea che quella sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe respirato all'aperto. I passi si fecero vicini, la luce si fece più abbagliante e quando ormai stette per chiudere gli occhi e prepararsi agli spari imminenti, individuó delle insenature su una struttura di roccia. Senza il minimo ripensamento, si precipitò sopra di essa e cominciò a scalare rapidamente la sua unica salvezza. Una volta in cima, riuscì persino ad infilarsi tra un albero e la roccia in questione, rendendo di conseguenza impossibile anche all'elicottero di individuarla.

«Le impronte finiscono qui!» Urlò quello che sembrava essere il suo superiore, o dovrei dire, ex superiore. «Controllate ovunque, se non la trovate vi uccideró tutti, uno per uno, con le mie stesse mani».

Quasi si mise a ridere per quanto quella situazione ai suoi occhi fosse ridicola, quando però, come fosse uno scherzo del destino, un cane iniziò ad abbaiare rabbiosamente sotto la roccia. Decise però di non farsi prendere dal panico e di acquattarsi il più possibile.

«Ehi, guardate qui, il cane sta abbaiando verso questa strana roccia» esclamò una voce. Maledì mentalmente quel dannato cane.

Subito numerose torce vennero puntate verso di lei, ma nessuno sembrò accorgersi della sua presenza. Si congratuló con se stessa per la scelta dell'abbigliamento mimetico.

«Deve solo aver dato di matto» borbottò un'altra voce tirando il cane per il collare, «qui non c'è niente, non perdiamo altro tempo».

Non sapeva esattamente quanto tempo fosse passato, se secondi, minuti od ore, l'unica cosa che le importava era delle voci che pian piano si affievolirono, del rumore insistente dell'elicottero che si allontanava e dell'assenza di suoni prodotti da cani rabbiosi. Quando con un ultimo sterzo anche l'ultima Range Rover abbandonò le strade di quella strana e solitamente tranquilla cittadina, la ragazza riuscì finalmente a tirare un sospiro di sollievo, che non ricordava di aver trattenuto.

"Diamine, c'é mancato davvero poco", continuava a ripetersi, mentre scendeva con difficoltà e respirava a fatica.

Appena i suoi piedi toccarono terra, notó con dispiacere i numerosi tagli sanguinanti sulle braccia e li coprí, stringendo leggermente, con un lembo strappato dalla maglia. Fece per dirigersi verso l'asfalto quando un assordante rombo riempí le sue orecchie. Si nascose in fretta, dietro un tronco abbattuto, con il cuore in gola e le mani tremanti.

"Che abbiano deciso di ricontrollare?" si chiese dubbiosa al riguardo. D'altronde, nonostante la sua fama, la C.I.A., non era affatto perspicace ai suoi occhi.

Quando il rumore si fece più vicino, riuscì a scorgere fra i cespugli quella che sembrava, niente meno che, la moto di Eliah. Quest'ultimo scese e cominciò a guardarsi attorno, come alla ricerca di qualcosa. Tirò fuori una Para 45, una delle pistole più comuni in commercio, e dopo aver ricaricato l'arma, si fece strada con passo felpato verso la piccola selva.

La ragazza si portó una mano alla fronte divertita, come se la moto non avesse fatto rumore a sufficienza, si disse. Decise di stare al suo gioco.

Con una capriola si portó alla parte opposta verso la quale Eliah stava puntando e salí cautamente il piccolo pendio che si creava tra il ciglio della strada e il boschetto. Si posizionó sul sedile della moto e sentendo un brivido scuoterle il corpo, fece rombare il veicolo. Due rombi bastarono.

Subito i vispi occhi azzurri dell'amico entrarono in contatto con i suoi e un sorriso si fece spazio sulle labbra di entrambi.

Si ritrovarono faccia a faccia dopo pochi secondi.

«Ce ne hai messo di tempo, Anderson» borbottò aggrottando scherzosamente le sopracciglia.

Eliah si lasciò andare ad una risata liberatoria, mentre la stringeva fra le braccia.

Strinse la sua maglia fra le dita, accarezzó lentamente, quasi in modo estenuante, i suoi lisci capelli alla base della nuca e inspiró a pieni polmoni l'aroma di fresco che non le invadeva le narici da fin troppo tempo.

«Mi sei mancata, Katherine» sussurró mentre le lasciava dei leggeri baci fra i capelli corvini.

«Salta su, si torna a casa».

∆∆∆
Spazio autrice:
Questo è il primo capitolo di una storia che ho pensato da tempo (rifatto tre volte tra l'altro) non credo sia una delle solite storie che si leggono su Wattpad, e spero che per questo non venga subito pregiudicata e considerata noiosa. Poi volevo anche dire che questo sarà, credo, uno dei pochi capitoli narrati in terza persona, tutti gli altri avranno un point of view. Prima di finire, volevo subito avvertire chi avrebbe cominciato a leggerla: sono una persona estremamente pigra e che non riesce a portare avanti un'attività con costanza, quindi vi potrebbero essere lunghi ritardi sulla pubblicazione. Volevo dirlo ora, perché so quanto può essere fastidiosa l'attesa poiche non la sopporto io stessa. Inanzitutto vi ringrazio di essere arrivati a questo punto del capitolo, per me è già tanto.

Grazie e ci vediamo al prossimo capitolo <3.

¥∆$π¡N€

Burnt ∆Harry Styles∆Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora