Tenere il tempo è un'ossessione, ma è un ossessione per chi non ha l'ossessione del tempo.
Proprio il tipo di frase che mi sarebbe uscita da ubriaco, condizione abbastanza frequente nella mia vita, perché io la mia vita me la sono bevuta.
Comunque voglio spiegarvi e spiegarmi.
Io non sono nato batterista, o meglio forse batterista sono nato, ma il più grande lo sono diventato. Sembra che stia aggiungendo confusione alla confusione ma devo comunque provare ad andare avanti.
L'ossessione della batteria ce l'ho sempre avuta.
Ero fondamentalmente un tipo tranquillo, un'acqua cheta, uno che non diresti mai potesse diventare quello che io poi sono diventato.
A me piaceva suonare e piaceva perfezionarmi.
Non è solo come tieni il tempo. Certo quello per uno che sta dietro le pelli è fondamentale, ma... ma è come le pelli le colpisci, come senti il rimbalzo della bacchetta e lo sfrutti per invertirne la corsa e pestare ancora più duro e più veloce. E' fondamentale capire come la bacchetta deve toccare la pelle tesa, la forza e l'angolazione che deve avere.
Chi pensa che suonare la batteria sia solo questione di precisione e forza tralascia due aspetti fondamentali.
Uno che la batteria è pur sempre uno strumento e se la suoni senza pensare al suono che ne dovrebbe uscire fai solo del gran casino, magari cadenzato giusto, magari forte, magari veloce, ma pur sempre del gran casino.
Due che la batteria è pur sempre uno strumento e se la suoni senz'anima non puoi combinarci un gran che.
Comunque.
Tutto è iniziato che ero molto piccolo ed è proseguito fino a quando ho concluso la mia breve vita. Prima di sfondare con John, Robert e Jimmy ho dovuto picchiarne di colpi, snervare pelli e assordare chi mi stava vicino.
I miei mi regalarono la mia prima batteria, ma mio padre pretese che imparassi un lavoro e quindi a 17 anni alternavo i colpi con le bacchette a quelli con il martello da falegname. Forse preludio al fatto che diventassi il Martello degli Dei.
Ma i colpi che preferivo erano quelli sul mio drumset e nel giro di poco riuscii a diventare batterista a tempo pieno.
Anche allora trovai più di un problema sulla mia strada. Pensate che in alcuni locali non mi facevano manco entrare a suonare dicendo che ero troppo... rumoroso. La mia forza, il mio vigore mica potevo abbassarli come facevano con i loro amplificatori i ragazzi che suonavano con me.
Io dovevo picchiare forte e duro perché quello era il suono che cercavo. Idioti...
In quei tempi conobbi Pat, mi misi con lei e lei rimase incinta...
"John trovati un lavoro...non è per me, ma per il figlio che ho nel grembo...con la batteria qui non ci campa nessuno..."
Io promettevo di cercare qualcosa di più stabile di più remunerativo e all'inizio lo feci.
Ma le pelli mi chiamavano...
Sentivo in testa dum, dum, dum, dum...
La cassa voleva il suo profeta.
Dum...Dum...Dum...
E continuai. Miseria se continuai e finalmente mi trovai con i compagni del Dirigibile e in trenta ore incidemmo il nostro primo disco. E tutti iniziammo a volare.
Si creò un assieme, un'alchimia irripetibile che ci portò a diventare non una rock band, ma la Rock Band.
Bruciammo le tappe in tempi assurdamente brevi e cominciammo a girare il mondo.
Io che ero il più fottuto figlio della campagna inglese, che a guardare solo l'orizzonte mi prendeva la nostalgia mi trovai ad essere una superstar.
La cosa peggiore furono le tournee infinite. Non ero più a casa, con mia moglie, con mio figlio e allora mi rifugiavo negli eccessi.
Provavo a riempire il vuoto della loro nostalgia con ogni porcata che mi passava vicino, soprattutto alcool.
E quando bevevo da Bonzo il pacifico mi trasformavo in John la Bestia. Spaccavo tutto come se il mondo che mi stava attorno fosse un'enorme batteria da colpire con tutta la violenza che avevo in corpo.
Passata la sbornia tornavo in me.
Quando potevo me ne stavo a casa con i miei e li avreste potuto vedere un uomo esemplare dedito al proprio nido.
Bonzo il pacifico. John la Bestia. Successo. Alcool. John la Bestia. Casa. Bonzo il pacifico...
Forse è una sintesi estrema. Ma la mia vita stessa fu estrema. Estrema nel darmi...estrema nel togliermi...
Credo di essere entrato nella storia della musica e del mio strumento come una grande balena bianca. Ingombrante, fragoroso, potente e unico. Ma come la grande balena bianca anche io avevo il destino segnato...dalle mie mani, dai miei piedi, dalla mia doppia personalità di quiete ed eccesso...
La notte che venni qui neanche me ne accorsi talmente ero ubriaco...poi la pace che provai fu tale che capii che era accaduto qualcosa...
Vidi molta gente piangere per me ed io piansi per loro...
Ma a tutto ci si abitua.
Come i miei cari si abituarono in qualche modo alla mia dipartita anche io mi abituai alla mia nuova situazione. Solo una cosa chiesi e mi venne concessa.
Un paio di bacchette per suonare.
Così adesso chiedetevi, al prossimo tuono, se sia un temporale...o il Martello degli Dei che picchia duro sulla pelle delle nuvole.
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PARADISE CITY
Narrativa generaleHo voluto scrivere una sorta di Antologia di Spoon River in prosa dove a parlare sono le Star del Rock ormai trapassate che in poche righe ripercorrono la loro parentesi terrena.