Ora.

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ORA
-MARIO-

Le luci della mattina entravano dalla finestra, mi svegliai con un mal di testa tremendo, e piano piano riuscii ad aprire gli occhi.

Non riconobbi subito la casa in cui stavo.
Per qualche secondo mi sforzai di ricordare ciò che era successo la sera prima.

"piacere Claudio"
"Mario, piacere mio"

girai la testa e vidi l'immagine del mio nuovo vicino di casa mentre dormiva con le dita che toccavano le varie bottiglie di birra accanto al divano.

"Mario, stai ridendo! Finalmente!"

Mentre guardavo Claudio dormire, ripensando a ciò che aveva detto ieri sera quando era ubriaco, sorrisi passandomi una mano sul viso, avevo riso dopo tanto tempo.

Mi alzai dal divano, stiracchiandomi, mi avviai verso la porta per tornare a casa mia, e sussurrai un 'grazie' prima di chiudermi la porta alle spalle, prima di lasciare la mia serenità in quella casa.

* * *

Controllai l'orologio appeso in cucina, erano le 10:30 di un sabato mattina, ed io ero seduto sul divano a pensare, ricordare.

Cos'ho di sbagliato?

Ho paura di prendere il telefono in mano e trovare un messaggio dei miei genitori dove mi chiedono di tornare normale, come se avessi una malattia.

Ho paura di prendere il telefono in mano e trovare un messaggio dai miei amici dove mi chiedono che fine io abbia fatto, ma che nessuno se lo chieda veramente.

Sono sparito da tre settimane,
sono sparito da una realtà che non mi piaceva,
sono sparito dalle persone false,
sono sparito, fuggito,
sono stato ucciso dalle parole.

Di solito esco di casa solo per andare a fare la spesa o a lavorare in biblioteca.

Ho sempre amato i libri, di qualsiasi genere, mi hanno insegnato a nascondermi in un'altra realtà diversa, per non pensare, per non ricordare.

A distrarmi dai miei pensieri fu il campanello,e corsi verso la porta, come a volerla richiudere al più presto.

"Ehi Mario! Buongiorno!" disse Claudio tutto euforico.
"Buongiorno anche a te" dissi io accennando un sorriso.

E lui mi sorrise, indossava la stessa canottiera di ieri sera.

"ti va di prendere un caffè insieme?"
"no, ora no, mi dispiace" avevo paura, non potevo ancora.

Avevo chiuso quella porta.
Mi ero chiuso dentro quella casa.
Intrappolato nel mio incubo.

* * *

Ormai si era fatta sera, e un altro giorno era voltato via.

Mario si stava distruggendo, e non ne era consapevole.
Mario stava male, ma questo lo sapeva.
Mario a volte si guardava allo specchio, e vedeva il suo volto rovinato.
Non dormiva più, o almeno, dormiva pochissimo.
Mario sentiva rotto, in mille pezzi.

E lui voleva essere aiutato, solo che non poteva.
Non riusciva a fidarsi ancora, e come puoi essere salvato se aveva paura anche di se stesso?

Aveva paura di quello che era.
Gay.
E a volte se lo diceva che lui non aveva colpa, che fosse tutto 'normalità.'

A volte si convinceva pure, e iniziava a mandare a fanculo tutti, a ricominciare da se.

Ma era ancora troppo fragile per affrontare la sua rinascita da solo.

Aveva bisogno di aiuto.

* * *

Mi ritrovai quella sera davanti la porta di Claudio, con la mano tremante, avevo paura di una porta sbattuta in faccia.

E me lo meritavo, eccome se me lo meritavo.

Ma avevo bisogno di conforto in quel momento.

Suonai.

Dopo pochi secondi mi ritrovai un Claudio sorridente.

"ehi Claudio.." dissi con voce tremante
"Mario, dimmi" e sorrise, era un sorriso tranquillizzante.
"posso entrare?" posso essere aiutato?
Claudio non rispose, ma si scansò per farmi passare, ed io entrai ringraziandolo.

* * *

Ridevo, stavamo ridendo.

Claudio continuava a fare battute, ed io ridevo,
e poi lui cantava, era stonatissimo,
ma a me piaceva vederlo ridere, e mi piaceva vedermi sereno.

Tra vino e battute, un'altra serata stava per finire.

"Mario"
pronunciò il mio nome quasi sussurrando, e io lo seguii rispondendo a mia volta: "Claudio", accennò un sorriso, poi si avvicino a me, seduto sul divano.

"sei triste?"

cosa aveva detto?

"no" secco, distaccato.

Non sono triste, sono a pezzi, ma tu oggi mi hai fatto sorridere, quindi no, ora, non sono triste.

"Mario, saremo vicini per molto tempo, perché non impariamo a conoscerci?"

ed io iniziai a tremare, conoscerci, conoscermi, conoscere il vero me.

Conoscere le mie paure, la mia ansia, le mie sofferenze, ciò che mi rende debole.

No, non possiamo conoscerci, ancora no, ora no.

"Claudio, mi dispiace, non posso farmi conoscere ora" dissi con la voce strozzata, stavo per piangere, e lui se ne accorse.

"Mario, cos'hai?"

non ho nulla Claudio, ho solo paura, paura di ciò che potresti pensare, e di stare ancora più male, non mi va.

"Claudio.." volevo chiedergli di smetterla, volevo solo evitarmi altro dolore, e lui, naturalmente, non poteva capirlo.

"Mario.." mi disse con voce tranquilla, ma io sentivo che voleva sapere, cosi, mi alzai, volevo fuggire, fuggire ancora, sempre.

Mi avviai verso la porta quando in un secondo mi ritrovai tra le braccia di Claudio, stretto lì, in un abbraccio che mi fece sentire al sicuro. 

Lui non lo sapeva, non sapeva nulla.

Eppure mi aveva visto fragile, mi stava per vedere crollare.

Ed io non lo avrei mai permesso.

Fragile, come vetro.
Non devo crollare, ora no.

E così, tra quelle braccia, quasi in un sussurro lo dissi.

Ora si.

"Claudio, sono gay."

***
ciao a tutte!
sono tornata (prestissimo) col secondo capitolo, scusate sempre i vari possibili errori.
Spero vi piaccia, fatemi sapere!

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