Prologo

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La mia vita sembra essere avvolta da un enorme buco nero, un vortice implacabile che ha inghiottito tutto ciò che avevo, facendolo sparire senza lasciare traccia. Sono rimasta sola, con un amaro sapore in bocca, gli occhi gonfi e il cuore afflitto da una tristezza che non accenna a diminuire.

Ogni giorno mi sembra di lottare contro un'ombra che mi segue ovunque, che si insinua nei miei pensieri, che mi soffoca mentre cerco di fingere che vada tutto bene. È come se fossi sospesa nel tempo, bloccata in un momento che non passa mai, mentre il resto del mondo continua a muoversi, indifferente al mio dolore.

A volte mi chiedo se tutto questo dolore avrà mai una fine. Se un giorno riuscirò a svegliarmi senza sentirmi intrappolata in questa malinconia soffocante. Se riuscirò a guardare il futuro senza aver paura di perdere ancora qualcosa, o qualcuno.

Forse c'è ancora una via d'uscita. Forse, da qualche parte dentro di me, c'è ancora una scintilla che mi impedisce di arrendermi del tutto.

Ma per ora, continuo a sentirmi persa.

Una mia caratteristica evidente è la costante paranoia, che porto con me come un bagaglio a mano; sembra quasi temere di perdermi, tanto è legata a me. Questo stato d'allerta mi accompagna ovunque, come un'ombra fedele che non mi abbandona mai. È sempre lì, in agguato, pronta a sussurrarmi all'orecchio che qualcosa andrà storto, che qualcuno mi tradirà, che il mondo intero aspetta solo un mio passo falso per crollarmi addosso.

All'inizio provavo a ribellarmi, a convincermi che fossero solo pensieri, che nulla di tutto ciò fosse reale. Ma più cercavo di scacciarli, più tornavano con insistenza, insinuandosi nei miei gesti, nelle mie parole, nei miei rapporti con gli altri. Così ho smesso di lottare. Ho accettato la sua presenza come si accetta un vizio, qualcosa che so che mi sta distruggendo, ma da cui non riesco a liberarmi.

La paranoia mi ha insegnato a dubitare di tutto e di tutti. Anche delle persone a cui tengo di più. Mi fa analizzare ogni parola, ogni sguardo, ogni piccolo dettaglio alla ricerca di una conferma, di una prova che qualcosa non va, che stanno mentendo, che presto mi lasceranno. Mi spinge a isolarmi, a tenermi tutto dentro, perché se nessuno sa quello che penso, allora nessuno può usare le mie debolezze contro di me.

A volte penso che la mia mente sia il mio peggior nemico. Che sia lei a crearmi questi mostri, queste trappole da cui non riesco a uscire. Ma poi mi guardo intorno, vedo le cose cambiare, vedo le persone andarsene, e mi convinco che forse la mia paranoia non è poi così infondata. Forse è semplicemente un modo per prepararmi al peggio, per non rimanere sorpresa quando tutto crollerà di nuovo.

Il dolore che porto dentro da anni sta consumando lentamente la mia anima, scatenando crisi isteriche e attacchi di panico quasi ogni giorno. Tra urla e lacrime, continuo a percorrere il lungo cammino chiamato vita, ma è come se ogni passo fosse più pesante del precedente, come se il terreno sotto di me fosse fatto di sabbie mobili che mi trascinano sempre più giù.

Quanto desidero che questa sensazione di vuoto si plachi, che il peso che porto nel petto si dissolva almeno per un istante. Ma non succede. È come se un cappio si stringesse lentamente intorno al mio collo, togliendomi il respiro poco a poco, lasciandomi solo il tempo di rendermi conto di quanto sia soffocante questa esistenza.

Ogni giorno, dal momento in cui mi sveglio fino a quando vado a dormire, mi pongo la stessa domanda: come si fa a sprofondare nell'angoscia senza più riuscire a risalire? Non ho mai trovato una risposta. Forse perché non esiste, o forse perché sono troppo stanca per cercarla davvero.

Mi limito a lasciare che gli eventi seguano il loro corso, perché non ho più energie per combattere. Ho provato a resistere, ho provato a lottare, ma questa battaglia sembra persa fin dall'inizio. Sono stanca di brandire una spada ormai spuntata, di alzare scudi che non reggono più i colpi.

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