Prefazione

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Inspiro ed espiro, inspiro ed espiro... Lascio i sensi prendere il sopravvento, immergendomi così nella natura circostante: percepisco il terreno molle tra le dita, un sentore di menta e di muschio, i cui sapori decisi mi rinfrescano il palato; odo il cinguettio tipico degli usignoli, il danzare delle foglie mosse dalla brezza estiva e il pulsare convulso del mio cuore.

Un flash mi richiama alla mente l'immagine di quel cuore, un guazzabuglio di arterie, vene e ventricoli che palpitava ancora dopo averlo strappato e compresso tra le mani...

"No, no, no, non è il momento, non è il momento, devo rilassarmi per capire dove mi trovo. Ricominciamo: mi chiamo Guadalupe Domìnguez, ho 16 anni, sono un assassino. Ho una spalla sanguinante bisognosa di cure, perciò devo trovare l'acqua. Il muschio e il fango mi indicano che a qualche metro si trova una sorgente o un lago. Credo sia quel lago vicino a casa, e dunque sono fuggito nei pressi del parco...come si chiama? ...ah, 'Cachon de la Rubia'. Mi cercheranno presto, quindi prima mi laverò e poi scapperò... oh, sarebbe bello anche solo scappare da questi fottuti ricordi!".

Traggo un profondo respiro, il volto congestionato dallo sforzo di placare i flash che mi bombardano il cervello per essere tragicamente rivissuti. Perlomeno, la tecnica del rilassamento è servita a darmi uno scopo: acqua.

Allontano quei pensieri disturbanti, gattonando in avanti con il braccio buono proteso per evitare ostacoli. La mia deficitaria vista riesce a intravedere un'enorme distesa azzurrina proprio a due passi. Con un gemito di soddisfazione, mi immergo completamente.

Se solo fossi un vedente comune realizzerei tutte le opportunità che quel luogo può offrirmi: il parco nazionale di Santo Domingo si estende per oltre mille ettari boschivi, è ricco di vegetazione e sorgenti d'acqua dolce. Riuscirei a sopravvivere cibandomi di cacciagione e frutta e riparandomi in una delle tante grotte minerarie nascoste; invece altro non sono che un ipovedente, un handicappato, una totale nullità, dato che il mio raggio d'azione è limitato da una visione maculata centrale ridotta.

"Non giustificarti con la disabilità perché se tu fossi sano di mente non staresti qui ma a casa" mi fa notare quella maledetta voce interiore. La mando al diavolo.

Le orecchie captano un fruscio, uno scostare di rami, un passo felpato, forse umano.

Mi blocco spaventato, tentando di calcolare la distanza tra me e il soggetto. Sarà un poliziotto? Mi avrà già scovato? O si tratta di un animale abitante del parco? O...

Dal cervello scattano quei familiari meccanismi di apertura della camera oscura adibita alla memoria, facendomi figurare la creatura, quella creatura canina, la causa della mia ossessione, della mia depersonalizzazione, degli omicidi, della fuga...

Sussulto, un flashback talmente vivido da sembrare reale. Ecco, lo vedo, percepisco la sua presenza!

Quei familiari occhi ipnotici che mi scaglionano famelici, quegli aculei spinosi sulla schiena pronti a lacerarmi, quel muso simile a una proboscide in procinto di afferrare, penetrare e saggiare tutta la mia anima, sino a farmi essere una sola cosa con lui...con il chupacabra.


Incubi NotturniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora