GIORNO 2

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MATTINA

"Riassumendo, stanotte il chupacabra è venuto a farti visita per mostrarti chi comanda e poi ha dissanguato e sventrato il bastardo dei vicini Alvarez, giusto? Dimmi un po', come diamine avresti fatto a vederlo?!" strepitò la mamma con ira crescente.

Provai una lieve compassione: non deve essere stato facile crescere un figlio minorato, per giunta matto. Mai si sarebbe immaginata di trascorrere la vita a giustificare le mie malefatte ai vicini e ai compagni indisponenti.

"C'ho visto benissimo!" scattai, stringendo forte la forchetta, "Sono riuscito a registrare nel dettaglio la nostra casa, il giardino che, tra parentesi, ha bisogno di una ripulita, la via che conduce alla città, tutto! Non so come sia successo, inizialmente credevo di sognare! È stato il chupacabra, è persino entrato nella mia mente, ha capito che lo ammiro e mi ha mostrato come ipnotizza e uccide le prede! Mi vuole aiutare ad essere come lui perché...".

"Perché, Lupe? Già, perché tu?" intervenne mio padre ridacchiando, "Allora io dovrei essere condannato perché non ebbi mai avuto pietà per i morti e nemmeno per i vivi, quegli anarchici trionfi che promulgavano libertà allo Stato. Negli anni '70 ho combattuto per proteggere il regime dittatoriale del presidente Ibarra e prima ancora ho fatto la guerra nel '41 all'età di soli 18 anni, due più di te. Già un secondo dopo la mia nascita capii di essere predestinato a una vita fatta di orrore e povertà. Tu sei nato in questi begli anni '80, freschi di gioventù e prosperità, grazie al tuo vecchio che ha dovuto fare le pulizie di casa. Quindi, Lupe, dimmi, perché si sarebbe mostrato proprio a te?".

La domanda di papà non ricevette mai risposta, dato che ero ancora stordito dagli eventi della notte precedente.

Mamma mi schiaffò nel piatto i pancake congelati, borbottando di essere in ritardo. Approfittai della disputa tra i miei genitori (sempre riguardante me, la questione economica, e sul "Oltre a fare cocktail che vendi tutta la notte al Banos Club?") per riorganizzare la mente.

"Vuole aiutarmi a essere come lui... Non mi considera un disabile, una nullità, un essere inferiore. Se davvero avesse il potere di concedermi una vista ottimale potrei farmi valere, potrei dimostrargli la mia forza uccidendo coloro che sono una piaga sociale. Già, per prima cosa scoverei quei due anarchici che diedero fuoco al bambino davanti a me e che scapparono non appena giunsi sul posto. Ma ero piccolo, ero cieco, non lo aiutai! Odo ancora le urla strazianti del bambino, mi sento la gola bruciata dal fumo, il lezzo della carne bruciata...

Se solo vedessi, mi potrei vendicare. Se solo vedessi, scapperei lontano da qui, via dai miei genitori, via da questa squallida città, verso i boschi, terre dei lupi..."

"Vi dimostrerò che esiste!" dissi a voce alta, placando la discussione, "Verrà a trovarmi stanotte, non ha ancora finito!".

La mamma scoppiò ironicamente a ridere, arruffandomi i capelli e dirigendosi verso le stanze del piano di sopra. "Bene, così risparmio il fastidio nel venirti a cercare e nel dartele. Prima o poi vi lascerò in questo buco di merda a dialogare coi mostri e gli scarafaggi".

Papà la mandò al diavolo e prese a fissarmi in un silenzio carico d'apprensione.

 NOTTE

Mi catapultai ancora sul vialetto di casa, nello stesso posto della prima notte, come se nulla si fosse interrotto. Il chupacabra era intento a cibarsi di un coniglio mentre al suo fianco un paio di cagnolini giacevano inermi, in attesa di essere divorati. Le pozze di sangue sotto ai loro corpi si allargarono fino a raggiungermi. Mi scostai, per nulla impaurito o schifato da tale visione. Qualcosa era cambiato dentro di me, e lo riuscii a sentire con la stessa consapevolezza di quando si guarisce da una malattia: la mente era un garbuglio di pensieri non miei, pensieri riguardanti il successo della caccia, la quantità di sangue fresco ingerito, l'immenso piacere ricavato...

Una persona comune sarebbe rimasta scioccata da questa intrusione mentale mentre io... ne ero estasiato.

La creatura si girò di scatto e così feci anch'io, scorgendo due figure avvicinarsi lungo la via principale. I passi decisi, le vesti stracciate con vari simboli decorati e le armi impugnate mi fecero capire di avere di fronte due soldati ribelli.

Stavano sghignazzando verso un punto imprecisato alla mia destra, incuranti del massacro che stava avvenendo sotto ai loro occhi.

"Ehilà, piccoletto! Che ci fai tutto solo? I tuoi sono in casa? O sono ancora a lavorare per mantenere il governo comunista unito?".

Altre risate gelide e schiocchi di fucile contro le gambe, come pregustandosi la scena che sarebbe avvenuta se non fossi intervenuto.

"Stavolta non sarò più lo spettatore! Non permetterò che lo uccidano!" pensai adirato.

Il cervello mi si annebbiò di colpo, mentre venivo sopraffatto da un'emozione istintiva quanto micidiale: rabbia.

Strinsi i pugni, mi piegai in avanti per caricare quando la belva mi anticipò, slanciandosi come una pantera verso i due soldati. Rovinò addosso a uno, lacerandogli la gola con uno scatto di denti aguzzi. Il compagno non colse l'attimo, così venne immediatamente sopraffatto: si strinse inutilmente il ventre, i cui fluidi organici impiastricciarono la peluria della creatura adagiata sopra di lui.

Tutto avvenne in una manciata di secondi.

Lasciai alle spalle le urla agonizzanti delle vittime e corsi verso il bambino biondo, aggrappato alla ringhiera della casa accanto.

"Ci sono qui io, nessuno ti farà del male, sei salvo finalmente!" sussurrai, spaventato e sollevato, abbracciandolo.

Il bambino, che la mattina seguente lo riconobbi come il mio vicino Alejandro Junior, si scostò piagnucolante, prorompendo con: "Sei un mostro!" prima di rincasare a tutta velocità.

Perplesso, mi voltai verso il chupacabra, che a sua volta mi puntò gli occhi cremisi.

Teneva tra le fauci il cuore di uno dei due soldati.

Il sangue colò sul torace ansimante e sulle zampe, ma lui non se ne preoccupò.

In una sorta di trance tornai sui miei passi, la mano destra protesa; la creatura mi fiutò, e dopo un interminabile momento depose l'organo sulla mia mano.

Provai disgusto ma anche piacere per il dono.

Lo strinsi talmente forte da far spremere le ultime gocce di sangue. Sembrava di strizzare una palla di gomma viscida.

La creatura osservava ogni mio movimento rimanendo immobile e impassibile, infine si avvicinò a leccarmi soddisfatta la mano col cuore ormai esangue.

Quel contatto mi diede il potere di penetrare nel suo animo, percependo un'inspiegabile senso di tormento.

(Ti stai chiedendo perché sono così afflitto? Non sono dispiaciuto per queste perdite, devo pur nutrirmi col loro corpo. Erano persone piene di astio e di vendetta, con una sciocca vita sprecata alle spalle. Lo sono perché sei l'unico che mi adora, l'unico che percepisce la mia forza, l'unico che schiude la mente per chiamarmi dal profondo delle tenebre. Ti ho appena donato la forza necessaria per identificarti in me).

Ricevetti una scarica invisibile, lasciando cadere il cuore dalla mia mano.

Ero scombussolato: mi sentivo come se un peso si stesse comprimendo nella gabbia toracica. Potere della suggestione? O ero veramente cambiato, stavo veramente assumendo i suoi poteri? Con questi dubbi assillanti, decisi di rincasare. 

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