MATTINA
"Lupe! Alzati, pigrone!".
Spalancai gli occhi, amareggiato nel constatare di non vederci ancora nitidamente.
Afferrai a tentoni il bastone vicino al comò. Mi scivolò, e solo allora mi accorsi di avere la mano appiccicosa. Mi ero sbavato addosso?
Andai in bagno, mi feci la doccia e gettai il pigiama nel cestino dei capi sporchi.
Una volta entrato in cucina, i miei sensi captarono un trambusto di voci fuori casa; distinsi le figure dei miei genitori ritti davanti alla finestra, come due sentinelle in attesa del verdetto. Mi avvicinai lemme lemme e provai ad allargare quel tunnel che era la mia limitata visione: scorsi una massa confusa di persone in cerchio, come se stessero organizzandosi.
I riflessi del sole sul vetro mi impedirono di scorgere altro, perciò brancolai verso la porta quando la mamma mi agguantò il braccio sibilando: "Non ti azzardare ad uscire, altrimenti verresti interrogato se non ammazzato!".
"Cosa?! Che è successo? Dimmelo!". Mi agitai, il panico affiorante.
Il papà si sedette al suo posto a tavola, e il movimento fu così pesante da far intendere la gravità della situazione.
"I nostri vicini hanno trovato un cumulo di carcasse di animali, i loro animali, e due figli di puta morti. Sono tutti impauriti, non sanno che pesci prendere. Credo che si ringhieranno addosso ancora per un po', seppelliranno i morti, Padre Nostro, Amen e ognuno per la sua strada. La polizia non ha tempo per i topi di periferia come noi, inoltre, se scoprissero che quelli là sono ribelli dello Stato, ci darebbero una pacca sulle spalle e adios. Non c'è motivo di cui preoccuparsi, Lupe.".
Impallidii all'istante, reggendomi sullo schienale della sedia: un'altra dimostrazione che i miei incubi erano reali, e che io ero perfettamente cosciente e partecipe dell'aggressione. Ritornai indietro con la mente, ricordando di essermi lavato dal puzzo e da quel liquido appiccicoso sulla mano... appiccicoso come...
"Scommetto tutto il mio stipendio che stanotte sei nuovamente uscito. Stavolta non sono stata presente per svegliarti dal tuo sonnambulismo o quel cavolo che hai. Che è successo? Come hai fatto a..." la mamma si interruppe perché un singhiozzo le fuoriuscì dalle labbra. Pareva così pallida, magra e abbattuta, come un panno lasciato sventolare sotto al sole: se c'era troppo vento rischiava di cadere e sporcarsi.
"La mamma ha sempre avuto un carattere succube nascosto nel suo guscio protettivo fatto di prepotenze e minacce. Perché ha sottovalutato la mia condizione, associandola a disturbi di sonno? Perché non crede a me, a suo figlio? Perché mi accusa degli omicidi? Possibile che non avesse visto l'animale, la prima notte?" mi domando frustrato, abbracciandomi le ginocchia.
Mi sto avvicinando alla fine di questa terribile storia: i flash stanno aumentando di pari passo con la memoria in rielaborazione. Sto recuperando tante scene, tanti dialoghi, il tutto avvolto in un pacchetto di sofferenza.
Continuo a tessere la sequenza di dialoghi, soffermandomi sulla risposta del papà di fronte alle accuse della mamma.
"Donna, diamine, stai zitta! Hai cresciuto tuo figlio a insulti, ed ecco il risultato: è matto da legare come te! Ora ti ci metti pure ad accusarlo!".
"Si è rincretinito con le tue storie, non con i miei insulti! Si è riempito la testa con queste assurdità e queste assurdità lo hanno divorato! Deve capire che non è al centro del mondo solo perché è cieco! Io non posso sorvegliarlo quando lavoro tutto il santo giorno, non sono un robot! Torno a casa a notte fonda e lo vedo in piedi a fissare il vuoto! È la seconda notte che avvengono questi omicidi davanti casa! Cosa potrei pensare?!".
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Incubi Notturni
Mystery / ThrillerSanto Domingo, 1988. Guadalupe, solitario ed estroso adolescente ipovedente, è talmente ossessionato dalla figura mitologica chiamata "chupacabra" che fatica a distinguere la realtà dalla fantasia; si ritrova così a compiere numerosi viaggi interior...