Non me l'aspettavo, a essere sincero. Non me l'aspettavo proprio. Non mi aspettavo il Deserto, il Buio, il Rosso, Bric e gli Schianti. Non mi aspettavo niente di tutto ciò. Se pensavo a ciò che ci sarebbe stato dopo la mia morte ero sicuro che non ci sarebbe stato nessun paradiso. No. Io mi aspettavo il Nulla: il Nulla più assoluto. Solo la morte e basta. Silenzio, buio, immobilità.
Mio nonno era molto superstizioso. Aveva preso l'abitudine di non dire mai la parola "morte". Credeva portasse sfortuna.
Se per caso gli capitava di dover parlare di un amico, o conoscente o chicchessia, morto di recente diceva: "Eh, poveretto, sta male, sta. È il Grande Crampo che lo fa star male."
Per mio nonno la morte era come un crampo. Ovviamente la nonna aveva provato più e più volte di farlo smettere di dire "Grande Crampo", sostenendo che era irrispettoso verso i defunti, ma il nonno si limitava a guardarla negli occhi e dire: " Lo sai come si chiama quando i muscoli fanno male perché non gli arriva più l'ossigeno? Crampo. C-r-a-m-p-o. Se smetti di respirare per sempre non arriva più ossigeno da nessuna parte, ergo, hai un crampo a tutto il corpo. Un Grande, grandissimo, Crampo. Perciò smettila di dire che sono irrispettoso. Sono uno scienziato, io."
Ovviamente mio nonno era tutto tranne che uno scienziato. Dubito che avesse terminato le elementari, ma per tirare avanti e mantenere la sua famiglia si era ingegnato a fare tutti i lavori possibili e immaginabili, dal muratore, al falegname, al tassista, all'agricoltore al cameraman. Non stava mai fermo un attimo.
Il "Grande Crampo" lo colpì mentre andava in bicicletta. Lo faceva per tenersi in forma, o forse, semplicemente, perché gli piaceva la sensazione del vento sulla pelle.
In ogni caso l'uomo alla guida dell'auto non si fermò a soccorrerlo. Nemmeno rallentò per controllare. Tirò dritto come se nulla fosse, e basta.
Più andavo avanti più il Rosso sembrava agire di conseguenza allontanandosi da me.
Finché non ci andai a sbattere contro.
Letteralmente.
Caddi all'indietro con la sensazione che un tir mi avesse centrato in piena faccia. Rotolai nella sabbia rossa e rimasi disteso a lungo con la testa fra le mani. Mi usciva sangue dal naso.
Mi ero scontrato, certo, ma contro che cosa?
Allungai la mano verso il Rosso e lo toccai. Era dipinto. Su un pannello di legno. Dipinto. Dipinto benissimo, ma sempre dipinto.
— Ma cosa...?
Rimasi imbambolato a fissare le mie unghie che grattavano via quel minuscolo puntino di tempera rossa.
Mi sembrava impossibile.
Mi rialzai in piedi con la faccia che pulsava e la testa che girava e sferrai un calcio al pannello di legno. — Merda! Merdamerdamerda!
— Qualche problema?
Moni atterrò di fianco a me e mi guardò sorridendo con quella specie di bocca che sembrava contenere centinaia di denti.
— Sì. Certo che c'è qualche problema. Non lo vedi? — battei il palmo della mano contro il pannello.
— E il problema sarebbe...?
— Il problema sarebbe che non c'è nessun Rosso. Era solo un dannato dipinto su un pezzo di legno. E a quanto ne so i dipinti non hanno il potere di far tornare in vita i morti.
Moni guardò il pannello. — Ancora non riesco a capire dove sia il problema.
— Non posso tornare di là. Non posso... tornare da Lara.
— Ah-aaaah, ecco il vero problema. La cosa che ti preoccupa non è il pannello, ma il non riuscire a superarlo.
— Superarlo?
— Cosa pensi che ci sia lì dietro?
Sbuffai — Un saloon da far west. Sarebbe a tono con il deserto.
— Davvero?
— Certo che no, cazzo! C'è il Nulla, là dietro. — dissi — il Nulla.
— Io non ne sarei così sicuro — Moni sorrise di nuovo con il suo sorriso da squalo e toccò appena il pannello con la zampa.
Non successe niente.
— Cosa — cominciai — cosa dovrebbe succ...
Moni mi fece cenno di stare zitto. — Guarda. — disse.
— Guarda cosa?
Indicò una macchia nel legno. Avvicinai il viso per vedere meglio. — Non vedo niente.
— Certo che non vedi niente — Il colpo arrivò all'improvviso. Moni sferrò un calcio al pannello e quello si ribaltò come se fosse stato fatto di cartone, sollevando mulinelli di polvere rossa.
Per la terza volta in quelle che sembravano ore, ma potevano benissimo essere anche secoli cominciai a tossire. — Perché l'hai fatto? — farfugliai.
— Beh, hai detto che il pannello era un problema, no? Problema risolto.
— No, non quello. Perché diavolo mi hai detto di guardare qualcosa e poi hai tirato un calcio a dieci centimetri dalla mia testa?
Moni fece le spallucce. — Volevo farti spaventare. Sai, la paura per me è come un tramezzino al prosciutto. Ho fame, che ci vuoi fare. Non posso mangiarti, ma posso comunque farmi uno spuntino.
— Sei pessimo.
— No, sono un Ellrik. Vedi di non dimenticartelo. — Si passò la lingua sulle labbra e accennò con la testa al pannello a cui davo le spalle. — Beh? Non vuoi mica vedere cosa si cela oltre il misterioso pezzo di legno? — chiese.
Mi voltai. — Non...non è possibile. Tutto, ma questo no!
— Invece sì — Moni scoppiò in una risata che sembrava un ringhio.
Davantia me, verniciato di rosso brillante, c'era un saloon da far west.
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Collisioni
Science Fiction"Collisioni" racconta di un giovane ragazzo e del suo viaggio da un capo all'altro di uno spettrale oltretomba popolato di demoni. Il racconto è incluso nella versione digitale della mia prima raccolta - "Collisioni" appunto - pubblicata nell'estat...