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Dei colpi secchi sulla porta d'ingresso fecero svegliare di colpo Frank, il quale stava cercando di rilassarsi nel pomeriggio del suo unico giorno libero.

Era sdraiato nel divano verde scuro del salotto di quella che chiamava "casa sua", che in realtà era solo un piccolo appartamento (letteralmente, un buco) per lui e sua sorella.

Quando aprì gli occhi, oltre alla grande macchia di saliva che aveva sporcato il sofà, che si era preoccupato di coprire con un cuscino, prima che quella pazza germofobica di sua sorella la vedesse e iniziasse ad urlare e disinfettare tutto il loro buco (di casa), sperò di ritrovarsi in un'altra vita, un'altra verità e invece no.

Davanti a se c'era il solito tavolino in legno ricoperto da avanzi di cibo e cartoni di pizza e fissata alla parete una TV più vecchia dei due abitanti di quel posto messi insieme.

Le uniche due porte della casa, nella quale in una, che prima era uno sgabuzzino, c'era la stanza di sua sorella mentre nell'altra il bagno, erano ancora lì.

Frank fu lo sfigato che dovette beccarsi il divano letto, perché appena entrati lì dentro, le testuali parole di sua sorella furono: "Con il cazzo che io dormo in mezzo alla casa." Così decisero di organizzarsi in quel modo e lui si era dovuto stringere fra l'angolo della cucina, che letteralmente comprendeva un frigorifero minuscolo, un forno anch'esso altrettanto piccolo, due fornelli e un lavabo e un armadio che occupava la metà della stanza, perché doveva contenere i vestiti di tutti e due e dentro era probabilmente messo peggio della sua vita.

Si tirò su, lentamente, perché quel rumore continuava a bombardargli il cervello ma lui voleva fottutamente dormire e avrebbe ucciso chiunque stesse bussando in quel modo così fastidioso, anche se già si immaginava chi fosse e anche perché voleva perdere tempo e non voleva alzarsi e forse sua sorella sarebbe uscita dalla sua stanza incazzata per andare ad aprire la porta d'ingresso.

Un secondo dopo, quando Frank aveva finalmente deciso di mettersi a sedere, sentì una porta aprirsi violentemente e la chioma mora e chilometrica di sua sorella stava già svolazzando per casa e solo da quello si vedeva che era arrabbiata.

Il moro si buttò nuovamente con la faccia nel cuscino con il quale aveva coperto la sua bava, mentre sua sorella borbottava:

"Frank, capisco che il tuo amico è figo e io lo amo e tutto il resto ma potresti andargli aprire tu almeno una volta." In tutto questo aveva già aperto la porta d'ingresso e il suo amico, l'unico che entrava in quella casa, aveva sentito tutto quello che la ragazza aveva detto nei suoi confronti ma faceva sempre così e lui ci era abituato e Frank era sicuro che non ci avrebbe mai provato con la sua sorellina, altrimenti gli avrebbe staccato le palle a morsi e questo lo sapeva bene.

"Ehi, Val."

"Mikey." Sentì i due salutarsi e non poté fare a meno di alzare la testa e guardare al di là della spalliera del divano, tanto per controllare se sua sorella Valerie fosse vestita o se i due non si stessero avvicinando troppo per i loro gusti.

Erano a debita distanza, sua sorella aveva appena richiuso la porta, non poteva dire che fosse completamente vestita, perché stava indossando uno di quei dannatissimi crop top, rosso e bianco, con una di quelle fantasie tribali, solo che quello che aveva sembrava più un reggiseno ma almeno la zona tette era coperta e si rassicurò ancora di più quando la vide con dei jeans chiari, lunghi che le coprivano le gambe che erano persino più corte delle sue, mente Mikey era sempre Mikey, con la sua aria un po' impacciata, vestito tutto di nero e gli occhiali appoggiati sul suo naso leggermente allungato ma comunque dritto.

"Frank." Sembrò avere un illuminazione o più probabilmente si ricordò perché era lì e si slanciò verso di lui, con i suoi occhi marroni spalancati e i capelli, dello stesso colore, che erano tutti scompigliati e da quello capì che o tirava molto vento o aveva corso.

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