Capitolo 1 - Stordito

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Voci. Suoni. Musica alla radio. Auto spenta. Chiuse la portella e raggiunse il caos. Voci. Suoni. Urla. Guardava, scrutava, cercava qualcuno. Si sentiva osservato, spinto, imbarazzato. Ancora voci, suoni, grida. Lo vide, lo scorse, lo raggiunse a fatica, spostando un po’ di qua e un po’ di là la gente che lo opprimeva.

La musica era forte, alta, penetrava nelle orecchie. Sfondava i timpani, invadeva la gola, rompeva lo stomaco. Bianco, luce. Poi buio, scuro, notte nera. Proprio come la notte di quella sera.

S’inginocchiò, senza forza, cadde.

Ettore non fu più visto. Scomparso, sommerso dalla folla.

Ugo scalciava e scappava. Lo aveva visto e un secondo dopo non l’aveva visto più. Subito nella sua mente s’intrecciavano una serie di preoccupazioni, d’interrogativi, di «cosa succederà ora?». Nessun aiuto dal caos intorno, quasi come se i due fossero soli in tutto quel macello. Ettore pronunciò qualche parola, ma Ugo non capiva. Aveva solo paura di perderlo. Era completamente soffocato da tutto in quel momento: ricordi, frasi, parole che sarebbero rimaste al passato. Ma non poteva permettersi di stargli vicino e far scendere qualche lacrima. Doveva fare di più.

Prese il suo cellulare dalla tasca. Compose un numero. Trattenne le lacrime per paura che qualcuno avesse potuto accorgersi di lui. Ingoiò quel fastidioso nodo che abitava da qualche minuto nella sua gola, ma invano.

Ettore mosse le dita, si spostò leggermente, ma aveva smesso di blaterare parole incomprensibili. Non riusciva ad aprire gli occhi. Lacrimò.

Ugo chiuse la chiamata e pregò Dio che tutto fosse potuto andare per il verso giusto. Qualcuno starà per arrivare.

L’attesa era troppa. Il caos diminuì.. Tutti entrarono nel During the night. Aveva aperto da poco ed aveva inglobato tutta quella marmaglia di persone che, poco prima, aveva accalcato Ettore.

During the night era un locale molto frequentato il sabato sera. Apriva all’una circa, quando la più parte dei giovani cominciava le sue serate. Ettore ed Ugo si erano dati incontro lì prima dell’una per evitare di passare in modo troppo vistoso. Avrebbero dovuto scambiarsi due risate. Non si vedevano da troppo tempo. Ugo, nel pomeriggio, l’aveva contattato. Aveva anticipato ad Ettore che doveva parlargli di questioni importanti. Ettore era arrivato in anticipo, un po’ preoccupato perché aveva mentito ai suoi. Si erano bevuti una bella menzogna e credevano che Ettore avrebbe passato il sabato sera da Damiano. E, invece, avrebbe incontrato Ugo. Anzi, l’aveva fatto.

Ugo. Ettore. Ed un’ambulanza appena arrivata. Infermieri, portelle aperte, barella, flebo. Una voce proveniva dalla stradina di fronte al punto in cui tutta quella scena stava accadendo. Era Cesare, che urlava il nome di Ugo. I due si guardarono. L’espressione di Ugo era un’espressione pentita. Cesare lo osservò, cercava i suoi occhi. Ma Ugo lo evitava: sapeva d’aver sbagliato. Cesare lo bloccò, gli afferrò il braccio per farlo parlare. Ugo girò il volto verso il suo amico.

– Devo andare. Lì dentro c’è Ettore. Quell’Ettore. Il nostro Ettore. – Tutto il corpo s’immobilizzò. Cesare affondò le sue mani tra i capelli.

– Siamo nei guai.

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