Capitolo 2 (Parte 1) - Il messaggio

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Erano le 12 in punto. Osvaldo non aveva ricevuto notizie di Ettore. Non ancora. Prese il cellulare e scorse la rubrica fino ad arrivare alla lettera S. Dall’altra parte del telefono un’altra voce.

– Pronto? Oh, vecchio Zeus! Sei tu?

– Certo Senzapausa! Devo chiederti qualcosa.

– Si ricomincia finalmente? Aspettavo questa chiamata. Avviso io gli altri, tranquillo. Sai, proprio oggi mi stavo chiedendo quando avresti chiamato. Ed ecco.. Nemmeno a farlo a posta, hai chiamato. Sarà che ti siamo mancati. Non vedevi l’ora di ricominciare, eh Zeus? Anch’io non aspetto altro che ricominciare. Però, magari, quest’anno.. quest’anno facciamo qualcosa di più. Serio! Ci lavoriamo su un bel po’. Magari riusciamo a... – Osvaldo lo interruppe sbuffando.

– Non è di questo che dovevo parlare. Passami mio figlio, per favore. Non mi risponde al cellulare e so che è da te.

– Tuo figlio? È.. è appena andato via. Ha lasciato il telefono acceso tutta la notte. Era impegnato con una ragazza. Starà tornando.

– Di notte non lascia mai il telefono acceso! È seria la questione?

– Eh! Se non è solito farlo! Dai su, saresti contento di una bella pupa che tiene attivo il tuo figlioletto. – Cercava di sdrammatizzare. Senzapausa, soprannome di Damiano, quel Damiano amico di Ettore, sperava che quella chiamata si fosse conclusa subito, ma non avrebbe voluto essere lui a chiudere. Aveva paura di commettere qualche casino.

– Non è il momento di scherzare, Damiano! Questi dettagli puoi risparmiarli.

– Non mi dire che non hai mai portato una biondona a letto alla sua età! Zeus, sei poco credibile. – Damiano sganciò una finta risata, sperando davvero di non ricevere più altre domande. Magari Osvaldo si sarebbe distratto un po’.

Un saluto veloce, e quella conversazione terminò. Pace, pensò Damiano. Ma in quel momento altro che pace: doveva togliersi dai guai. L’unico di cui non si poteva perdere la fiducia è proprio Zeus, Osvaldo.

Il nome Zeus non era a caso. Zeus, nella mitologia greca, è il padre degli dei. E Osvaldo non era altro che l’allenatore di una squadra di basket e per tutti i giocatori non era semplicemente un allenatore comune, ma un papà di un’altra grande famiglia. Loro sono i Soldati Blu. Questo nomignolo faceva riferimento all’uniforme completamente azzurra della squadra ed è nato dalle squadre avversarie. In particolare il team che ha lanciato questo nome è stata l’avversaria per eccellenza dei Soldati Blu: la Corona. E blu non era solamente la divisa, ma anche le scarpe. Le scarpe, a prima vista, non passavano inosservate. Per questa ragione, i Soldati Blu erano spesso chiamati gli Inosservati, in modo piuttosto dispregiativo. Il nome reale della squadra, invece, fu stato suggerito dal figlio di Osvaldo, Ettore: la Controcorrente. Per una speranza che doveva essere sempre presente: quella di andare sempre verso l’originalità, di essere anticonformista per eccellere e distinguersi tra gli altri. Osvaldo l’ha sempre detto: Ettore aveva una mente geniale, nonostante avesse solamente 13 anni quando, su quel pezzo di carta che lasciò sotto il cuscino del letto di suo padre, scrisse il nome che il suo piccolo cervello aveva elaborato.

Ettore ha sempre creduto nella squadra. Ha sempre fatto il tifo per il papà. E poi adorava il basket: era un piacere che gli aveva trasmesso Osvaldo. Ed allora, che aveva 16 anni appena compiuti, aveva un unico desiderio: quello di entrare in quella tanto sognata squadra di basket, di dimostrare a suo padre qualcosa, di essere anche lui un Soldato Blu. Ma la sua tenera età era l’unico motivo per cui Osvaldo lo teneva lontano dal suo lavoro, da quella Controcorrente che fa un po’ parte anche di Ettore. Squadra e famiglia erano due cose distinte: Osvaldo non voleva assolutamente mischiare queste due famiglie, che a lui stavano a cuore. Aveva paura e tendeva ad evitare situazioni che si sarebbero potute ripetere nel tempo. Ma, nonostante tutto, era un uomo tranquillo e sicuro di sé. Amava la donna che era a fianco a lui da circa 17 anni, mostrava amore verso i suoi due figli, dimostra forza, energia, affetto verso la Controcorrente, verso quei simpatici Soldati Blu. Quel gruppo compatto, nuovo, fresco, vivace a cui lui non poteva rinunciare. Perché era una seconda famiglia, una seconda casa sempre accogliente.

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