Quarta parte

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Era giovedì mattina. Solita routine, sveglia, colazione, vestiti, zaino e su in pullman.
Decisi di spezzare le lezioni uscendo dalla classe e dirigendomi nel bagno in cui per la prima volta avevo parlato con lei, sperando di trovarla. La sua classe era a due metri di distanza, e lei in seconda fila non potè non notarmi per il corridoio. Aspettai il suo arrivo.

"Quello che è accaduto ieri non è mai successo, ci siamo incontrate, mi hai aiutato con i compiti e ci siamo salutate. Promettimi di non farne parola con nessuno"
"Di cosa hai paura Gaia?"
"Di niente, è stato solo un errore, non dovevo farlo"
"Quello che è accaduto non puoi    negarlo, e se hai paura di qualcuno ti prometto che ti difenderò, chiunque sia. Però tu promettimi che non ti limiterai, che non ti farai scappare un'occasione del genere solamente per la paura, perchè lo vuoi, lo sò. E se c'é una cosa che ho imparato in questi anni è che la paura è l'origine di un sacco di rimpianti, quindi vivi il momento senza troppe preoccupazioni" 

Lei mi sorrise, e io non potei non sciogliermi. La abbracciai, sussurrandole nell'orecchio "Non voglio perderti"                                          Mi chiese il cellulare e mi diede il suo numero "Quando ne hai voglia, scrivimi"   

Erano le due di pomeriggio quando tornai a casa. Sentii i soliti litigi dei miei genitori. Non volevo farne parte o dargli un motivo in più quindi me ne tenni fuori, mangiai e andai in camera mia.

Avevo giá voglia di vederla ma resistetti alla tentazione per non darle troppe soddisfazioni, anche se inutile nasconderle quello che provavo per lei, era chiaro.
Decisi di scriverle la sera dopo. Non ero andata a scuola perchè non mi sentivo bene quella mattina, quindi non l'avevo vista.
《Ho voglia di vederti》     
La risposta non tardò
《Anch'io Fede, la ho da stamattina, ma oggi non sei venuta a scuola, quindi..》
《20.00 via Garibaldi n17》
Quella sera i miei andavano fuori per una cena e avevo casa libera.

Per metterla a suo agio pensai di invitare un mio amico, l'unico a sapere tutto si me. Ordinai due pizze a domicilio e aspettai.
Circa un'ora dopo sentii il campanello suonare, era arrivata. Le aprii, la salutai con due baci sulle guance e la invitai ad entrare. Le presentai il mio amico Mirko, e dalla sua faccia trasparì la sorpresa nel vedere qualcun'altro oltre noi due. Le parlai un po' di lui e del rapporto che avevamo, era il mio miglior amico da ormai tantissimi anni, ci eravamo conosciuti all'asilo. Era dichiarato gay, un po' effemminato, un diciassettenne alto nella media, magro e biondo.     Insieme ci divertivamo sempre a raccontarci le nostre esperienze, e da pochissimo era stato inevitabile cadere nell'argomento Gaia.

Inizziammo a mangiare e tra una birra e l'altra Mirko propose di fare il gioco della bottiglia. Gli lanciai un'occhiataccia. Sapevo che avrebbe tirato fuori sicuramente qualcosa di imbarazzante.

Obbligo per me. Mirko corse a prendere la vodka dalla cucina, dalle bottiglie di mio padre. Riempì uno shottino, ordinò a Gaia di stendersi sul tavolo a pancia in sù e di alzare la maglia. Posizionò lo shottino sulla sua pancia e mi ordinò di berlo, senza usare le mani. Lo fulminai con lo sguardo, ma in fondo non mi dispiaceva farlo. Mi avvicinai, presi con la bocca il bicchiere e tentando di bere lo rovesciai su di lei.

D'istinto lei si alzò, per andarsi a pulire, ma Mirko la spinse verso il basso per farla ristendere "L'obbligo era bere, anche se è fuori dal bicchiere fallo"
Guardai Gaia come a chiederle consenso "Ha ragione" disse lei ridendo.

Mi chinai, le alzai la maglia e iniziai a leccarla, mentre Mirko ci guardava. Non lasciai una sola goccia su di lei. "Bravissima" disse Mirko ridendo.

Il gioco andò avanti, tra lui che ci raccontava delle sue esperienze con uomini dai 20 ai 50, ed io che raccontavo le mie. Gaia era sempre più imbarazzata, ma le si leggeva la voglia negli occhi. Non l'avevo ancora baciata perchè aspettavo fosse lei a farlo.

Mirko arrivate le 10 andò via, facendomi un occhiolino che ignorai. "Bel tipo eh? Particolare, ma con lui non ci si annoia mai" dissi io una volta rimaste sole. "È simpatico, non mi aspettavo ci fosse anche lui, ma non mi è dispiaciuto"
"Ora siamo sole come volevi" le dissi sorridendo
"Alle 11.30 tornano i miei genitori, quindi abbiamo ancora un'ora e mezza, poi preferisco che tu vada via, non vogliono gente in casa..e non sanno ancora di me"   
"Nemmeno i miei. A dire il vero non lo sá nessuno che mi vedo con te" e senza farmi parlare si fiondó su di me e mi baciò. Un bacio lungo, passionale, soffocato da tempo.

"Da quanto aspettavi di baciarmi?" dissi io
"E tu da quando aspettavi che ti baciassi?"
Risi, la presi in braccio e la portai in camera. La buttai sul letto. La luce era spenta e l'unica accesa era quella del salotto che si riusciva ad intravedere.

Io ero sopra di lei, le baciavo e mordevo le labbra. Poi il collo. Lei apprezzava visibilmente. Le tolsi la maglia, i pantaloni ed il reggiseno. Lei mi tolse la maglia. Scesi, baci leggeri sulla pancia. Gli succhiai i capezzoli mentre le palpavo le tette. Aveva una terza abbondante. La girai a pancia in giù. Dio era stato generoso con lei. Le abbassai gli slip e le baciai le sode e tondissime natiche. Le diedi uno schiaffio.

"Ahi!" urlò Gaia.
"Non ti piace?"
"No no..solo che fa un po' male"
"Sei vergine?" le chiesi senza inibizioni
"No..ma è la mia prima volta con una donna, ed è tutto così diverso, così strano per me"
La baciai un'altra volta, prima di usare la lingua per qualcos'altro. Le tolsi completamente gli slip, e la leccai, piano, per fargli assaporare ogni momento. Lei, sempre a pancia in giù, mi spinse la testa con il braccio. Voleva di più.

Mi piaceva torturarla, avere il potere dalla mia parte. Si girò, voleva vedermi mentre lo favevo. Aumentai la velocitá della lingua e le infilai due dita. Iniziò ad urlare, chiedendomi di farla venire.

E così fu. Un urlo, più forte degli altri, e del liquido bianco che colava sulla mia mano e sulle mie labbra. Dopo di che il silenzio, solo respiri pesanti, e lingue che si incrociavano tra di loro. Mi stesi accanto a lei e abbracciate ci addormentammo.

Il rumore delle chiavi ci svegliò.  
"Cazzo, i miei genitori, Gaia svegliati" sussurrai io "Me ne ero totalmente dimenticata, vestiti"
Gaia capì subito, infilò velocemente i vestiti dimenticando il reggiseno, che nascosi sotto il letto, per fare veloce, glielo avrei ridato quando sarebbe rivenuta a casa mia "E ora? Dove vado? Che faccio?" disse Gaia cercando di contenere l'agitazione. Per fortuna abitavo a piano terra di un palazzo e le dissi di uscire dalla finestra. Prese il cellulare, mi baciò e saltò dalla finestra.

La ragazza della mia scuolaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora