Capitolo 3

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Se tutto ciò non fosse successo, potrei svegliarmi ogni mattina nel mio letto, andare a scuola con Ellen, incontrare amici e conoscenti.... Ma è innegabilmente successo.  Nel giro di una sola sera, la mia vita come l'avevo vissuta in 17 anni era stata completamente spazzata via. La vana speranza che Steven ritrattasse il trasferimento era sfumata completamente il giorno dopo, quando sentii dalla mia stanza la voce di mia madre rincuorarlo sul fatto che fosse la scelta giusta per noi . Chi fosse esattamente questo noi, non era stato ulteriormente chiarito. Dentro di me avevo vagliato ogni possibilità, ma le mie riflessioni non mi avevano restituito nessuna soluzione concreta, non avevo davvero scelta. Gli unici parenti che avevo erano i miei zii, stabilmente residenti in Costarica, ma non avrei mai avuto il permesso di andare a vivere con loro, e tanto meno i soldi necessari per pianificare una fuga. In ogni caso mi sarei trovata in territorio straniero. Ero in trappola. Non pensavo di trascorrere tutta la vita nello stesso posto, ma quando me ne sarei andata da qui sarebbe stato per mia scelta, in un luogo che potesse davvero essere la mia possibilità di essere felice. Mai al mondo avrei immaginato che avrei dovuto trasferirmi per realizzare la felicità altrui. Questa cittadina, in poco tempo sarebbe stato solo un mero ricordo.

Il giorno seguente, come quelli successivi, li ho vissuti da automa. La mia scenata in salotto mi aveva garantito il confinamento in casa fino al giorno della partenza, il che era assurdo, perché avrei potuto avere amici da salutare... Ma questo pensiero non aveva minimamente sfiorato la mente di mia madre. Il mio umore in ogni caso non era adatto per dire addio, perciò non sarei comunque uscita di casa, il suo egoismo tuttavia mi stupiva ancora una volta. Sentivo che stavo lasciando una parte di me assieme a questo paesino, qualcosa di così grande che non riuscivo ad esprimere. Non versai una sola lacrima. Nemmeno quando in una video-chiamata Skype Ellen disse piangendo: <<Mi mancherai davvero... Anche se saremo lontane continueremo comunque a restare in contatto! Ci sentiremo ogni sera e continueremo a scambiarci messaggi...>> un singhiozzo aveva interrotto a metà la sua frase. Mi dispiaceva davvero vederla così scossa. La cosa triste però, è che sapevo che nonostante pensasse davvero quelle parole, non sarebbe mai potuto accadere. La sua vita sarebbe andata avanti, avrebbe fatto nuove amicizie, sarebbe uscita più spesso con il suo ragazzo... Non avrebbe mai avuto bisogno di me. Per quanto lei fosse davvero convinta di quelle parole in quel momento, sapevo che a lungo andare non avrebbe potuto mantenere la sua promessa. Era il naturale corso delle cose. Nessuna di noi avrebbe potuto farci nulla. Non avevo nemmeno idea se sarei mai tornata in quel posto, se l'avrei mai rivista in carne e ossa.
Mia madre non vacillò nemmeno un istante sulla sua decisione del trasferimento, nemmeno quando le rivolsi il più vuoto degli sguardi finchè trascinava nella mia camera numerosi scatoloni vuoti,  <<Hai due settimane per imballare tutto>> disse solo. Peccato che tutto ciò che avrei voluto portare con me, non avrebbe mai potuto essere messo in una scatola. Rifiutai di fare le valige, e lasciai gli scatoloni esattamente dove li aveva posizionati per i dieci giorni seguenti.

Il tempo, come quando si cerca di rimandare qualcosa il più possibile, era volato in un soffio. Mancavano ormai solo tre giorni alla partenza, e il modo in cui avevo deciso di affrontare la cosa era con il volume dello stereo al massimo, e struggenti canzoni nu metal a diffondersi nella casa. Inutile dire che  tutto ciò non fece piacere a mia madre quando la sera ritornò,  e per risolvere la cosa semplicemente urlò e porto fuori dalla mia camera la cassa stereo. Per l'ennesima volta, la guardai semplicemente fare quello che doveva fare, come se la osservassi da un'altra dimensione, senza davvero esserne toccata. Ero rimasta distesa sul letto ad osservare il soffitto per tutto il sabato. Quando chiuse la porta dietro di sè, mi limitai ad allungare la mano e prendere dal comodino il mio mp3 lì appoggiato. Ero fermamente intenzionata a continuare ad ascoltare quella musica che sentivo così mia, che in qualche modo con le sue note stridenti mi permetteva di sentirmi un po' meno incompresa. In quel momento però, vedendo dalla finestra il  bagliore di un lampione, un pensiero attraversò veloce la mia mente, e mi resi conto di una cosa. Nei giorni precedenti, avevo segretamente visitato ogni luogo che avesse un qualche significato per me, pronunciando in ognuno un silenzioso addio... in tutti eccetto uno. Era un posto isolato, più precisamente era un vecchio ponte che non veniva quasi mai utilizzato. Non mi ci recavo spesso, era come se potessi visitare quel posto solo quando mi sentivo in un particolare stato d'animo, in questo modo il suo fascino non si sarebbe perso. La sua magia sarebbe rimasta intatta. Ciononostante non avrei mai potuto lasciare questo continente senza rivederlo per un'ultima volta. Le lancette dell'orologio a muro ticchettavano sonoramente mentre si avvicinavano alle 21.00, pensai tra me che in fondo era l'ora perfetta, non avrei trovato anima vita percorrendo la strada. Il mio confinamento in casa era ancora in vigore, sebbene Steven avesse cercato di rimuoverlo, tuttavia non rappresentava un ostacolo insormontabile. La finestra della mia camera si affacciava sul giardino, al pianoterra, non sarebbe pertanto stato difficile scavalcarla e allontanarmi da casa indisturbata. Infondo cosa mai avevo da perdere? Anche se la mia fuga fosse stata scoperta, cosa mai avrebbe potuto farmi di peggio? Mi misi subito a sedere sul letto, mi tolsi il pigiama e infilai velocemente un paio di jeans e una felpa nera, allacciai le scarpe  con rapide mosse e presi con me il cellulare e l'mp3, assieme agli auricolari. La finestra cigolò appena mentre l'aprivo, uno dei vantaggi di avere una stanza nel retro della casa però, è che nessuno avrebbe potuto sentirlo dal salotto o dalla cucina. Mi abbassai e scavalcai il bordo di legno, in un attimo ero all'aria aperta. Socchiusi le imposte, per evitare di dover dormire al completo gelo quella notte, e mi allontanai a passo veloce dalla casa. Ero piuttosto sicura del fatto che nessuno sarebbe entrato in camera mia, del resto non era mai successo in quella settimana e mezza. La strada buia era illuminata solo da alcuni sporadici lampioni, in alto nel cielo la luna piena rendeva l'atmosfera magica. Mi tirai sul viso il cappuccio e nascosi le mani nella tasca della felpa, dal display dell'mp3 avevo scelto un'altro genere musicale e dagli auricolari le note di Faded iniziarono a diffondersi.


Mentre camminavo lungo la strada asfaltata i miei occhi abbracciavano gli alberi ai lati della strada, e le montagne in lontananza. Alcuni pipistrelli volavano nel cielo, non una sola persona si aggirava per il paese. Dopo qualche minuto attraversai la strada e imboccai una stradina laterale in discesa, totalmente priva di illuminazione. L'unica luce che si poteva scorgere in lontananza era il lampione che illuminava debolmente il ponte. Camminai diversi minuti al buio, sperando di non inciampare, prima di arrivare alla mia meta. Lo scroscio dirompente dell'acqua s'intensificava mano a mano che mi avvicinavo e attraversavo il ponte, fermandomi esattamente a metà. Quello era il mio personale rifugio dove pensare alle questioni importanti, o anche semplicemente per ritrovare me stessa quando mi sentivo persa. Stare sopra un ponte era un po' come essere in nessun luogo, sospesa tra due punti di terraferma. Era un modo per conciliare il sentimento d'angoscia per non sapere a che punto della mia vita mi trovassi con la realtà fisica. Sentirsi ed essere perduta nel nulla. "Where are you now?"  le parole della canzone echeggiavano nella mia mente, esprimendo esattamente ciò che provavo. Mi appoggiai al parapetto arrugginito, contemplando lo scorrere dell'acqua sottostante e le piccole cascate originate dai dislivelli del fondale. Il ponte era lungo pochi metri, asfaltato e largo appena per permettere il passaggio di una macchina, ma non era molto frequentato per via della strada più larga costruita diversi anni prima. Il fatto che fossi io a dover rinunciare alla mia vita, non era giusto. In un impeto di rabbia colpi il parapetto, urlando al nulla <<Dannazione!>>. 
<<Buonasera>> disse una voce alla mia destra. Mi girai di scatto verso la provenienza della voce, togliendomi gli auricolari. Troppo assorta nei miei pensieri, non mi ero accorta dei passi che si avvicinavano.
 <<Buonasera>> risposi sconcertata, guardando lo sconosciuto e il suo sorriso gentile.

Like a storm in the sunriseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora