In piedi davanti a me, un signore sugli ottant'anni mi guardava curioso, il sorriso sulle labbra. La serena calma con cui stava appoggiato al manico del suo ombrello nero, lo faceva sembrare surreale. Solitamente le persone anziane non si avventurano per strade poco illuminate durante la sera inoltrata, tuttavia quel vecchietto aveva un'aria così pacifica da farla apparire come la più naturale delle cose. Ero piuttosto imbarazzata di essere stata sorpresa durante uno sfogo di rabbia, non amo dare spettacolo, ma i recenti eventi mi avevano messo a dura prova..
<<C'è una luna bellissima non trovi?>> mi chiese avvicinandosi e appoggiandosi al parapetto accanto a me. Seguì il suo sguardo nel cielo, verso la Luna semipiena che si stagliava davanti a noi.
<<Sì... suppongo di sì>> risposi.
Per un instante stette in silenzio, entrambi con lo sguardo puntato alto verso il cielo.
<<Quivi ebbe Astolfo doppia meraviglia...>> iniziò a recitare a bassa voce <<... che quel paese appresso era sì grande, il quale a un picciol tondo rassimigli, a noi che lo miriam da queste bande...>>mormorava senza distogliere lo sguardo, come se il satellite gli suggerisse le parole. <<Altri fiumi, altri laghi, altre campagne sono là su, che non son qui tra noi, altri piani, altre valli, altre montagne c'han le cittadi, hanno i castelli suoi....>> fece una pausa, accigliandosi per un momento, come se non ricordasse il seguito.
<<...Con case de le quai, mai le più magne non vide il paladin, prima né poi >> continuai io in suo aiuto, completando la frase. Il suo volto si aprì nuovamente in un sorriso, piacevolmente sorpreso. Non rammentavo tuttavia la chiusura, mi limitai quindi a dire <<L'Orlando furioso, di Ludovico Ariosto>>.
<<Oh, sono contento che a scuola vi insegnino almeno qualcosa di buono! Sai di cosa parla?>> chiese con l'aria di chi ha tutte le risposte alle domande che pone. Decisi di non crucciarmi per la singolarità della situazione, ma di stare al gioco. Riflettei un momento, parafrasando mentalmente la strofa prima di rispondere alla sua domanda <<Parla del paladino Astolfo, che a cavallo di un ippogrifo viaggia fino alla Luna... per recuperare il senno perduto di Orlando. Si meraviglia che la Luna sembri così piccola vista dalla Terra, mentre in realtà sia così grande da ospitare fiumi e città>>. Il vecchietto sorrise soddisfatto della mia risposta, non tardò tuttavia a pormi un'altra domanda <<E perchè si reca proprio sulla Luna?>>.
Cercai di ricordare stralci di quel poema, incapace di non meravigliarmi nuovamente per la singolarità della situazione, in un vecchietto appassionato di letteratura mi poneva domande su un poema epico-cavalleresco del 1500.
<<Perchè... si credeva che ogni cosa perduta sulla Terra potesse essere ritrovata solo lì>> risposi un po' perplessa, chiedendomi dove volesse arrivare.
Si volse verso di me, incontrando i miei occhi <<E ora la più importante, per quale motivo Orlando ha perso il senno?>> domandò accompagnando il quesito con un cenno della mano.
<<Bhè... Orlando è impazzito, dopo aver saputo che la donna amata si era segretamente sposata con un altro... Sfogò il suo dolore facendo a pezzi ogni cosa sul suo cammino, fino a che non si abbandonò su un prato, troppo addolorato per reagire>>. Una raffica d'aria gelida mi tolse il cappuccio, scompigliandomi i capelli, la temperatura si stava abbassando. Quel signore tuttavia non dava cenno di accorgersene, completamente immerso in un argomento che lo appassionava.
<<Nuovamente esatto!>> si complimentò mentre i suoi occhi si illuminavano, al ricordo di quel poema <<Orlando impazzì per amore>> proseguì volgendo il suo sguardo alla Luna, mentre le rughe si accentuavano in un sorriso.
<<Non la trovo una buona ragione per impazzire>> risposi con una punta di cinismo.
<<E cosa può esserci di più importante dell'affetto per i propri cari? Ad una certa età, non rimane poi molto altro>> con un sorriso triste si sistemò il cappello, inclinato dal vento.
<<Bhe...non metto in dubbio che possa essere importante ad un certo punto della propria vita, ma... solo non penso sia la più importante. Non molti hanno la fortuna di vivere in una famiglia felice; tradimenti, divorzi,fratelli e sorelle che vengono separati, genitori alcolizzati, figli che finiscono in affidamento... Sarebbe ingiusto dare un ruolo di fondamentale importanza a qualcosa che non dipende dalla nostra volontà>> spiegai scuotendo lentamente la testa, non riuscendo a capacitarmi di quanto il mondo potesse essere un brutto posto in cui vivere.
<<Ah, i tempi moderni hanno cambiato tutto! Un tempo non esistevano queste cose... >> sospirò pesantemente <<Le cose erano molto più semplici. Anche mia figlia non è stata molto fortunata con l'uomo che ha sposato...>> sospirò nuovamente, e qualcosa nella sua espressione mi face capire come non avesse mai approvato la loro unione. << Ma non vuol dire che le cose siano così per tutti. Non si può scegliere la famiglia da cui si deriva, è vero... ma si può scegliere quella che si crea, basta farlo saggiamente, io l'ho fatto.>> concluse sorridendo nuovamente. Iniziò lentamente ad allontanarsi dal parapetto, per continuare la sua passeggiata <<Mi ha fatto piacere incontrare una giovane che manifesta ancora interesse per la letteratura, spero ci vedremo ancora. Il mio nome è Vasilij>> concluse muovendo una mano in cenno di saluto.
Lo seguì con lo sguardo, mentre l'odore della pioggia si stava diffondendo nell'aria <<Io sono Katie, temo però che non avremo più modo di vederci, mia madre ha deciso di trasferirsi per seguire il suo fidanzato in America... e viste le circostanze sono obbligata a seguirla>> dissi carica di risentimento. In quei pochi minuti assieme a quel vecchietto, ero riuscita a distrarmi dall'incombente data della partenza, ma ora il suo ricordo mi colpì con la forza di un fiume in piena.
<<Oh, mi sembra di capire che non sei d'accordo con questa sistemazione>> disse sorpreso <<Tuttavia non tutto ciò che sembra un male viene per nuocere, anche mia figlia vive in America. Potrai fare molte più cose rispetto a questa piccola città, hai la possibilità di essere... di più>> sorrise da sopra la spalla, allontanandosi con un passo tranquillo <<Buona fortuna! Se incontrassi mia figlia salutala da parte mia>>. Lo vidi sparire pian piano inghiottito dal buio fuori dal cono di luce del lampione, percorrendo la stessa strada da cui ero arrivata.
Quel bizzarro vecchietto mi faceva riflettere sulle sue parole, per qualche ragione anche se avevo sentito quelle stesse cose decine di volte, dette da lui sembravano più vere. Forse perchè sembrava sapesse esattamente di cosa parlava. Il suo nome straniero e un leggero accento a cui prima non avevo prestato molta attenzione, erano indizi sulle sue origini estere, ma non avrei saputo collocarlo esattamente, Forse dopotutto aveva sperimentato anche lui tutto ciò che mi spaventava. Rivolsi la testa verso l'alto, formando nuvolette di condensa con un sospiro liberatorio. Chiusi gli occhi, cercando di memorizzare quel momento per trattenerlo sempre con me. Mi incamminai verso casa non appena sentii la prima goccia di pioggia sfiorarmi il viso, gettando un'occhiata all'edificio accanto prima di attraversare il mio giardino. Sgattaiolai agevolmente nella mia stanza dalla finestra socchiusa, per poi sprofondare in uno strano sogno costellato da strani incontri e da un gentile paio di occhi azzurri.Tre giorni, e tutti i nostri scatoloni vennero caricati in un camion, mentre le nostre valige venivano stoccate nella stiva di un'aereo. Non lanciai che poche occhiate al finestrino alla mia sinistra, mentre attraversavamo spumosi banchi di nuvole nel cielo azzurro. Mia madre e il suo nuovo compagno erano letteralmente al settimo cielo, non facevano altro che scambiarsi sorrisi raggianti, che io fingevo accortamente di non notare. Steven sembrava aver dimenticato in fretta quella sera, di tanto in tanto cercava quindi di fare conversazione con me, ma non avevamo molto di cui discutere e alla fine decise di rinunciare nel suo intento. Dal canto mio, non avevo voluto che Ellen o le poche altre persone che conoscevo venisse all'aeroporto per gli ultimi saluti; sebbene si fossero offerti di organizzare anche una festa prima delle mia partenza, avevo declinato categoricamente l'idea. Avevo già salutato tutti nei giorni precedenti, non volevo perciò infliggermi altra sofferenza con degli addii finali. Sdraiata nel mio sedile business class, riflettei sulla mia nuova vita. Dubitavo che sarei riuscita a trovare il mio posto in America, o almeno non subito... il mio obiettivo, era di riuscire a sentirmi estranea tanto quanto mi ero sentita fino ad allora nel luogo che lasciavo, nulla di più. Non avevo molte aspettative, perchè avere aspettative molte volte significa dover poi affrontare delle delusioni, mi ero sforzata perciò di mantenere la mente completamente libera e di concentrarmi sul presente.
Alla fine del lungo viaggio e dopo aver messo piede sul suolo americano, non impiegammo molto a trovare nel nastro trasportatore i nostri bagagli, più difficile fu invece realizzare di essere DAVVERO in un altro continente. Attorno a noi c'era una folla di persone; qualcuno intento a recuperare il proprio bagaglio, altri si assicuravano di tenere uniti tutti i membri del loro gruppo, altri ancora telefonavano ai propri cari per avvisare del loro arrivo. Ognuno di loro si muoveva perfettamente a suo agio, sapendo esattamente dove stava andando e cosa doveva fare subito dopo, mentre dagli altoparlanti una voce femminile dava informazioni di servizio che riuscii a stento a comprendere. Steven era una di quelle persone che sapevano dove andare fortunatamente, perciò io e mia madre ci limitammo solo a seguirlo attraverso gli ampi corridoi. La pista in cui il nostro volo era atterrato era quella dell'aeroporto Fort Worth di Dallas, terza città in ordine di grandezza dello stato del Texas, con una popolazione pari a 1.281.047 abitanti ... più noi tre ora. Dallas era la stessa città da cui proveniva Steven, il quale con una pacca sulla spalla cercò di incoraggiarmi e mi assicurò "Ti sentirai presto a casa ". La città vista dall'alto mi aveva lasciato a bocca aperta, la piccola cittadina di montagna in cui avevo vissuto fino a quel momento mi sembrava ora una boccia d'acqua per pesci, e per la prima volta pensai che forse qui le cose sarebbero potute essere diverse. Il rumore del mio trolley rosso mi sembrava echeggiare negli ampi corridoi gremiti di persone come un rullo di tamburi che annunciava un grande evento. I miei occhi vagavano stupiti, soffermandosi su indicazioni scritte in inglese e ragazzi che conversavano animatamente tra loro, tutto era così diverso da sopraffarmi. Dopo aver preso le scale mobili ed essere scesi di un piano, iniziammo la fila a serpentina per il controllo dei documenti. Lanciando un'occhiata in giro vidi numerosi neon pendere dal soffitto, illuminando la stanza, i muri invece sembravano appena imbiancati e il pavimento era coperto con una pulitissima moquette blu, il tutto sembrava voler comunicare ordine, precisione ed efficienza. Sebbene ci fossero molte persone in fila con noi, nella grande sala aleggiava un silenzio quasi perfetto, tutti comunicavano a bassa voce per non disturbare gli altri, provocando il mio stupore e facendomi capire quando fossero diverse le cose all'estero. Nonostante ci fossero otto postazioni di addetti, dovemmo attendere a lungo il nostro turno; essendo in un aeroporto così grande, il numero di voli che atterravano a poca distanza l'uno dall'altro era piuttosto elevato, non appena arrivammo allo sportello infatti, dietro di noi la serpentina era di nuovo gremita .
<<Sorry>> una signora mi sorrise e si scusò per aver accidentalmente urtato contro la mia valigia, presa alla sprovvista però non ebbi la prontezza di formulare una frase sensata. Sentendomi troppo impacciata per quell'istante infinito in cui la fissai, senza essere in grado di rispondere, mi limitai solamente a annuire e a farle un sorriso di rimando. Rivolgendo nuovamente lo sguardo davanti a me, il sorriso sparì dal mio viso mentre un senso di sconforto iniziò strisciando a impadronirsi di me... sarebbe stata dura.
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Like a storm in the sunrise
ChickLitTrasferirsi in una nuova città, iniziare da capo le amicizie costruite durante i suoi 17 anni ... Per Katie sembra un incubo diventato realtà. La sua unica speranza, è di riuscire a farsi degli amici per sopravvivere alla Skyline Highschool. Una cha...