Capitolo 8

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I giorni passarono in fretta, tanto da darmi la sensazione di aver appena messo piede a Dallas quando mi ritrovai a fissare la facciata della Skyline High School. I pesanti scatoloni erano stati disimballati, i polverosi album di foto riposti nello scantinato e le pregiate tazzine da caffè ordinate nell'apposita vetrinetta. Nonostante ciò, non potevo far altro che stare lì a fissare imbambolata l'imponente facciata dell'edificio, mentre gli altri studenti mi camminavano attorno, come se non ci fossi, per accalcarsi all'entrata o per raggiungere i loro amici. Il viaggio nello sgangherato pulmino giallo era filato liscio come l'olio, mi ero seduta accanto ad una ragazza con i capelli biondi ed ero riuscita a non fare figuracce per l'intero tragitto, era tuttavia ciò che sarebbe accaduto una volta scesa che mi preoccupava...
Lentamente mi costrinsi a mettere un piede dietro l'altro e iniziai a camminare sull'asfalto, verso le gradinate bianche che portavano all'entrata. L' edificio era molto grande e sviluppato su due piani, costruito sopra ad un prato leggermente rialzato. A collegare l'ampio parcheggio all'entrata sopraelevata, c'erano tre gradinate, poste a circa trenta metri di distanza l'una dall'altra. Tra l'una e l'alta, un muretto alto circa un metro delimitava il perimetro della suola, offrendo dello spazio che alcuni utilizzavano per sedersi. Due ragazze passarono davanti a me chiacchierando tra loro, superandomi e iniziando a salire gli scalini della rampa più vicina, sfoggiando i loro vestiti firmati e scuotendo i capelli liscissimi. Dietro di me sentii subito alcuni ragazzi ridacchiare e fare sottovoce alcuni commenti di apprezzamento, anche se non afferrai tutte le loro parole. Bastò comunque per far sorgere in me l'impressione che ogni scuola non era poi molto diversa da qualsiasi altra...O forse erano le persone a somigliarsi per certi aspetti, come se in certi ambienti si seguissero degli schemi precisi. Era questo che passava nella mia mente, prima che accadesse. Prima che l'alba venisse squarciata dal temporale della sua presenza. Il primo gradino dista solo pochi centimetri dalla punta delle mie scarpe, un solo passo a frapporsi tra noi, non un solo motivo per cui io debba guardare altrove... ma inspiegabilmente un impulso mi spinge a volgere lo sguardo a destra, verso il muretto lì accanto, dove il tempo si ferma all'istante. Quel momento sembra congelarsi come un cristallo di ghiaccio, proprio mentre un soffio di vento disperde la nuvoletta di fumo che fuoriesce dalle labbra di quel ragazzo, appoggiato di schiena sul muretto. La sua mano a mezz'aria tiene tra le dita una sigaretta accesa, in parte nascosta dalla figura del suo interlocutore. In quel momento cristallizzato e sospeso nel tempo, vedo a rallentatore i suoi occhi neri muoversi e,  in mezzo a tutte le persone che mi circondano, trovare proprio i miei. Agganciandoli magneticamente attraverso la labile traccia di fumo ancora sospesa nell'aria, oltre alcuni ciuffi dorati che risplendono nel sole mattutino e gli ricadono spettinati sulla fronte. Non so spiegare cosa ha richiamato la mia attenzione verso di lui, ma i suoi occhi hanno lo stesso potere di un buco nero, oscurano l'ambiente circostante e risucchiano la mia attenzione inchiodandomi sul posto, completamente spiazzata. Totalmente inconscia di cosa possa accadermi attorno, avrei potuto essere spazzata via da un tornado piuttosto che distogliere lo sguardo dal suo. Il mio battito perde un colpo, troppo sconvolta dall'intensità del suo sguardo e dal suo viso dai lineamenti singolari, le sue labbra ancora leggermente dischiuse riescono in qualche modo a rende i suoi occhi ancora più espressivi.
Capita spesso di incrociare, per sbaglio, gli occhi di uno sconosciuto per strada. Ma lo sguardo di quel ragazzo... non avevo mai  conosciuto nessuno in grado di raccontare una storia con una semplice occhiata. In quel breve momento, in cui i suoi occhi erano posati sui miei, sentii di avere la sua completa attenzione, sentii di esistere perchè i suoi occhi scavavano oltre la mia superficie ben costruita. Fu solo un attimo, e il suo sguardo tornò a rivolgersi vero al suo amico, come se non fosse successo nulla, proseguendo la loro conversazione. Con tanta noncuranza da darmi l'impressione di aver immaginato ogni cosa. Ancora sotto shock, cerco di ricordare come camminare  e salgo rapidamente i gradini, la mia mente però continua ad analizzare fotogramma per fotogramma l'accaduto. Cos'è accaduto davvero? Una persona non può davvero trasmetterti tutte queste sensazioni in una frazione di secondo... Forse lo stress degli ultimi giorni inizia a farmi brutti scherzi. Una volta superate le porte d'entrata ed essere passata sotto al metal detector, mi dirigo verso la segreteria, dove una signora di mezz'età dall'aria gentile mi consegna tutto il materiale necessario e una piantina della scuola. Essendo il mio primo giorno, mi è stato assegnato un tutor, una ragazza che segue i miei stessi corsi di studio e che mi farà da guida, spiegandomi come funzionano le cose qui. Mi viene dato anche un libretto con le regole scolastiche da seguire, con la stessa enfasi di un reverendo che consegna una Bibbia, e che accetto con lo stesso spirito di un condannato a morte. 
<<Oh Karina, eccoti qui!>>  la segretaria si interruppe per rivolgere il suo sguardo verso la porta d' entrata, dove senza accorgermene era apparsa una ragazza.
Le sue sopracciglia curate e i lineamenti delicati la rendono agli occhi di chiunque molto bella, i capelli castano chiaro le incorniciano il viso, cadendo leggermente mossi sulla camicetta bianca. 
<<Scusate per l'attesa, io sono Karina>> si avvicina quindi a me con un passo aggraziato e mi
tende amichevolmente una mano.
<<Katie, piacere di conoscerti>> pronuncio nervosamente, stringendo la sua mano e cercando di sembrare normale, sebbene il suo nome mi suoni insolito. Forse è straniera, ma chiederlo ora sembrerebbe scortese, e vista la sua gentilezza nel farmi da guida devo cercare di farle una buona impressione. Forse se non penserà che io sia un totale disastro potrebbe presentarmi alle sue amiche, così non dovrò passare ogni giorni in totale isolamento.  
<<Seguimi, ti faccio fare un veloce tour prima che inizino le lezioni. Arrivederci signora Grant>> saluta educatamente la segretaria, prima di aprire la porta e aspettare che la segua prima di far strada lungo il corridoio. Saluto frettolosamente anche io la signora Grant e oltrepasso la porta alla volta del mio tutor.
<<Allora... da dove cominciare?>> chiede sorridendomi spontaneamente <<Alle 8.30 è prevista l'ispezione sotto al metal detector, le lezioni vere e proprie però non iniziano prima delle 9 e 15. Prima di allora suonano tre campanelle, una alle 9, una alle 9 e 10 e l'ultimo avviso alle 9.14. Se arrivi in ritardo, fai in modo che non sia più tardi delle 9 e 10... se corri in 5 minuti riesci a raggiungere l'aula della prima ora>> i suoi occhi mi lanciano uno sguardo complice.
<<Hai cronometrato il tempo?>> le chiedo divertita, mentre sento nascere un moto di simpatia verso di lei .
<<Bhe, non io, ma ho un fratello a cui non piace esattamente seguire le regole>> risponde alzando le spalle e svoltando in un corridoio a destra.
<<Qui c'è la mensa>> indica con un gesto della mano << puoi portarti il pranzo da casa oppure comprarlo direttamente qui, non è permesso uscire per comprarlo altrove... è la suprema regola numero cinque>> conclude scoccando uno sguardo eloquente al libretto tra le mie mani. Dalle mie labbra sfugge una risatina prima che io possa soffocarla dal tutto.
<<Ti ringrazio per essere così disponibile ad aiutarmi durante i primi giorni, da sola mi perderei...>>
<<Oh, nessun problema! In realtà se mi sono offerta è a causa del progetto di Informatica... la mia compagna è partita la settimana scorsa per studiare e fare uno stage di un anno in Finlandia, ad Helsinki, con una convenzione della scuola. Di conseguenza io sono rimasta sola, e toccherà a te essere la mia partner... >> risponde un po' imbarazzata.
<<Non ti preoccupare, sarà meno strano lavorare assieme se ci conosciamo già>> la rassicuro, sollevata dalla sua disarmante sincerità  <<come si trova la tua compagna ad Helsinki?>>
<<In realtà benissimo>> mi indica con un cenno di svoltare verso le scale a sinistra <<mi sono iscritta anche io a questa iniziativa quest'anno, e ho fatto domanda per l'Irlanda, ma se e quando riceverò una risposta è un mistero>> risponde sconsolata.
<<Quindi potresti andartene anche tu quest'anno?>> una scintilla di panico trasparì dalla mia voce, l'unica persona con cui ero riuscita  a rompere il ghiaccio, progettava già di andarsene?
Karina rimase un attimo sconcertata, prima di scoppiare a ridere <<Non ti preoccupare, se sarò scelta, ti lascerò in buone mani. Ci vorranno in ogni caso dei mesi prima di sapere qualcosa, e  per allora sono sicura ti sarai ambientata>>. In cuor mio sperai egoisticamente che non venisse scelta. Senza accorgermene eravamo arrivate davanti ad una classe, in cui Karina entrò decisa facendomi segno di seguirla. L'aula era spaziosa, ospitava all'incirca 24 banchi e pian piano cominciava a riempirsi, seguendo la mia guida oltrepassai le prime due file e mi fermai alla terza, dove presi posto. Finchè aspettavamo la campanella mi feci spiegare altre cose riguardo alla scuola, come ad esempio l'ora di punizione da scontare nel caso in cui si arrivi in ritardo alle lezioni. La mia prima ora di lezione alla Skyline High School fu quella di letteratura, il professore era già stato informato del mio arrivo di conseguenza spese due parole nel presentarmi al resto della classe, augurandosi che tutti avrebbero fatto del loro meglio per farmi inserire facilmente. Sperai fosse vero, ma senza confidarci troppo, non sono mai stata una persona estroversa e questo solitamente rappresenta un ostacolo alle nuove amicizie.
Al cambio dell'ora Karina mi accompagnò gentilmente al mio armadietto, anche se non avendo ancora nessun libro di testo per ora mi sarebbe stato completamente inutile. Sapere però di avere un piccolo spazio per me, per la prima volta, in cui mettere qualsiasi cosa volessi, mi confortava un po'. Mangiai anche in una mensa, per la prima volta, sorprendendomi del fatto che non fosse così caotica come avevo immaginato. Non appena io e Karina varcammo la soglia con le doppie porte, la vidi subito fare un cenno di saluto verso il fondo alla sala, <<Quello è mio fratello>> mi spiega  <<Ti avverto però che non è molto socievole, non con tutti almeno...>> alza gli occhi al cielo per sottolineare il suo disappunto, <<Forza, andiamo a metterci in fila ora>>. Prima di seguirla verso la cassa, cercai di ricostruire la traiettoria del suo sguardo, individuando un tavolo rettangolare vicino al muro con un gruppo misto di ragazze e ragazzi. In particolare un ragazzo seduto al centro, con i capelli castani simili a quelli di Karina e dai lineamenti gentili, mi sorrise agitando una mano in segno di saluto. Imbarazzata risposi allo stesso modo, prima di abbassare lo sguardo e allontanarmi a passo veloce alle calcagna della mia frenetica guida.
<<Tuo fratello sembra simpatico>> dico a Karina, seguendo il suo esempio e prendendo un vassoio dal bancone in granito quando è il mio turno. 
<<Davvero?>> mi rispose guardandomi in modo strano prima di scoppiare in una risata, <<Saresti la prima al mondo a definirlo così>> ordina quindi il suo pranzo e aspetta che io abbia finito prima di condurmi verso un tavolo sul lato sinistro della mensa. Il mio pranzo è identico al suo, nel timore di sbagliare mi sono limitata a ripetere in modo impacciato le sue parole all'inserviente, sentendomi ora piuttosto stupida per questo. 
<<Ehm... perchè dici così? è seduto assieme a molte persone, sembra avere molti amici>> cerco di riprendere il discorso mentre mi siedo davanti a lei, su una sedia di plastica blu, nella speranza di evitare un silenzio imbarazzante.
<<Oh, sì è seduto assieme a loro, ma non sono esattamente tutti suoi amici. In realtà credo abbia un solo vero amico, gli altri sono più coetanei con cui scambia favori e ragazze con cui si diverte per alcune settimane prima...>> fa un gesto a mezz'aria con la forchetta, cercando le parole <<...di passare a quella dopo diciamo>> il modo con cui inizia ad infilzare nervosamente il purè di patate nel suo piatto, suggerisce come lei la pensi in merito.
<<Oh>> raggelata dalle sue parole non so più cosa dire, mi riesce difficile pensare che quel ragazzo che all'apparenza sembra il classico studente modello, sia in realtà una specie di donnaiolo.
<<Non fraintendermi, è mio fratello, e gli voglio bene... solo vorrei che mettesse a posto la testa, e capisse finalmente che le sue azioni hanno effetto anche su di me>> mi confida nascondendo lo sguardo.
Intuii subito che doveva esserle accaduto qualcosa di spiacevole, <<Intendi dire che... alcune ragazze se la sono presa con te?>> 
<<Mhm... diciamo di sì, alcune delle sue ragazze erano mie amiche, è così che l'hanno conosciuto. Quando poi venivano immancabilmente piantate, e lui mostrava totale indifferenza verso qualsiasi loro tentativo di tornare insieme, il loro unico modo per vendicarsi era rompere con me>> i suoi occhi erano diventati lucidi <<O diffondere voci sul mio conto>> le sue labbra si incurvarono in un sorriso triste per sdrammatizzare, ma senza successo.
Non potevo davvero crederci! Anche se la conoscevo da poche ore, Karina sembrava una ragazza molto dolce, disponibile, solare, era una brava persona ed era assurdo che venisse isolata a causa del fratello.
<<Mi dispiace davvero molto, tutto ciò è ingiusto! Come possono punire te per qualcosa che hanno fatto da sole? Conoscono la sua reputazione, sanno dall'inizio in cosa vanno ad immischiarsi!>> un moto di rabbia trasparì dalla mia voce, mi era impossibile restare indifferente vedendo come lei venisse ferita per questa situazione ogni volta. Per dimostrarle la mia solidarietà iniziai anche io ad infilzare ripetutamente il purè, per punirlo, seppur innocente.
La squillante risata di Karina interruppe la mia carneficina, facendomi capire di aver raggiunto l'obbiettivo.
<<Già... grazie per il supporto, ma non voglio monopolizzare la conversazione! Dimmi qualcosa di te e dal posto da cui vieni>> in un battibaleno era ritornata la mia guida con il sorriso smagliante, sapevo però troppo bene che la facciata esteriore non era altro che un tappeto sotto cui si nasconde la polvere. Promisi a me stessa di fare tutto ciò che potevo per fare in modo che almeno il suo ultimo anno passasse senza intoppi, sarei stata qualcuno su cui avrebbe potuto contare incondizionatamente.

Il resto della giornata scivolò via come un'onda richiamata dalla marea, e alle 16 del pomeriggio scesi assieme a Karina i gradini che portavano al parcheggio, scherzando sul senso dell'umorismo del professore di Arte. Non potei però fare a meno di lanciare un'occhiata verso il muretto che solo questa mattina era stato testimone di quello scambio di sguardo, tra me e lo sconosciuto ragazzo biondo. Constatai però con una punta di delusione che non c'era nessuno lì appoggiato... delusione? Andiamo Katie, che cosa ti salta in mente? Richiamai all'ordine me stessa, non ero famosa per la mia intraprendenza o fortuna, prima sarei ridiscesa con i piedi per terra, e meglio sarebbe stato.

 


Like a storm in the sunriseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora