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|Prendi le tue cose e non farti vedere mai più!|


Era il 10 dicembre 2016.
Park Jimin sospirò, sfregando con foga le mani, nel vano tentativo di riscaldarle. Bianche nuvolette di vapore gli uscivano dalle labbra ogni volta che emetteva un ennesimo sospiro. Guardò con tristezza la grande valigia rossa che si trovava affianco a lui, sulla triste panchina di un parco comunale. Non c'era nessuno in giro, oltre a qualche persona che stava rapidamente rincasando dal lavoro. Si sentiva terribilmente solo.
Sua madre lo aveva cacciato di casa, intimandogli di non farsi rivedere mai più.
Gli aveva fatto male, dato che amava moltissmo sua madre, nonostante tutte le privazioni che aveva subito a causa sua, la prima tra le quali il dover nascondere il suo orientamento.

Sospirò di nuovo, tirando fuori il cellulare per controllare l'orario; erano già le undici e mezza di sera e la batteria del suo cellulare era quasi completamente scarica.
Non aveva modo di ricaricarlo, nè tantomeno un luogo dove riposare quella notte. Certo, sarebbe potuto andare in un hotel, ma nella foga della situazione non aveva fatto in tempo ad afferrare i soldi, e quelli nel suo portafogli non sarebbero sicuramente bastati neanche per una notte. Avrebbe potuto domandare ospitalità a qualcuno, ma era un ragazzo molto timido e non se la sentiva assolutamente. Aprì la sua valigia, cercando qualcosa con cui avrebbe potuto coprirsi, ma la richiuse quasi subito, infastidito dal fatto che non avesse trovato nulla e si alzò in piedi. Trascinò il bagaglio dietro di sè, mentre cercava un luogo, magari una panchina meno angusta rispetto a quella dove si trovava poco prima, sulla quale avrebbe potuto riposarsi. Si fermò davanti ad una fontana, illuminata da delle lampadine che emettevano una tenue luce blu. L'acqua non sgorgava più, e si notava chiaramente che il fondo della fontana era completamente ghiacciato, avendo intrappolato diverse moltitudini di piccole monetine. Si tirò la sciarpa che aveva avvolta attorno al collo fin sopra al naso, sospirando un'altra volta, fissando con malinconia la costruzione davanti a lui.
Era da solo, non c'era nessun altro in quel parco, oltre a lui e alla sua incredibile tristezza.

L'ultima luce dell'ultimo palazzo si spense, e Jimin rimase solo nell'oscurità, illuminata lievemente dalle lampadine della fontana, che stavano ormai spegnendosi, e da un lampione che lanciava fasci di luce intermittenti. Si sedette a terra, sentendo le lacrime bagnargli le guance per poi ghiacciarsi quasi immediatamente. Meritava davvero tutto quello? Solo perché voleva amare qualcuno che la società non approvava? Meritava davvero di stare a soffrire al freddo, solo come un cane, senza un luogo dove andare? Evidentemente sì.
Jimin lo sapeva, sapeva di essere diverso, sapeva che nessuno lo avrebbe mai amato, sapeva che nessuno ci teneva davvero a lui, sapeva che nessuno lo aveva mai fatto.
Ma dopotutto, era solamente un povero ragazzo di 21 anni, rinnegato dalla propria famiglia, senza amici nè tantomeno qualcuno da amare.

Pianse in quel parco buio e presto i suoi singhiozzi spezzarono la naturale quiete che di solito adornava quel parco del centro di Seoul.

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Breve capitolo iniziale,
giusto per darvi un
assaggio della storia!
Spero vi piaccia,
cercherò di aggiornare
il più frequentemente
possibile!
-Mara

Winter | YoonminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora