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|Non mi interessa che tu sia gay o meno, voglio solo aiutarti.|

Pianse tutta la notte, avvolto nella sua calda sciarpona rossa: odorava ancora di casa sua. Gli veniva malinconia, nel pensare che quella sciarpa gli era stata regalata da sua madre pochi anni prima.
La stessa madre che adesso lo rinnegava come figlio, dicendo che di lui non ne voleva sapere nulla, che lei non conosceva nessun Park JiMin.
Gli faceva male al cuore, sentirsi quelle parole rimbombare nell'orecchio, ricordandosi l'aggiunta di odio che ci aveva aggiunto, quasi sprezzante nei suoi confronti.
I suoi pianti, le sue urla e le preghiere che le aveva rivolto, erano stati inutili. La madre gli aveva lanciato una vecchia valigia rossa, dove aveva buttato dei vestiti a casaccio, senza neanche ascoltarlo. Jimin si era ritrovato a battere i pugni sulla porta chiusa, piangendo disperatamente, implorandola di non cacciarlo di casa, urlandole che lui le voleva bene, che una cosa simile non avrebbe dovuto rovinare il loro rapporto.
Chiuse con forza gli occhi un'altra volta, sentendo le lacrime calde scivolargli nuovamente lungo le guance ghiacciate. Pianse di nuovo, domandandosi perché fosse dovuto capitare proprio a lui.
Faceva ancora buio fuori, ed il giorno sembrava non avere intenzione di arrivare; si strinse ancora di più nella sua sciarpa, cercando di coprirsi il corpo con la giacca, che purtroppo era troppo piccola e non riusciva a coprirgli neanche metà del torace.
Rovistò nella valigia, tirandone fuori un vecchio e logoro maglione, che però sembrava abbastanza largo e caldo da proteggerlo dal freddo. Scosso dai brividi, cercò di infilarselo il più velocemente possibile, ma il freddo limitava di molto i suoi movimenti.

Hai freddo?》Jimin si bloccò nel sentire una voce sconosciuta che proveniva da dietro di lui. Facendo cadere il maglione sul suo corpo, si girò lentamente, verso la fonte da cui proveniva la voce.
Faceva buio ed era stanco, inoltre non aveva portato con sè gli occhiali, perciò gli fu difficile distinguere immediatamente la scura figura alle sue spalle.
Non riusciva a distinguere i tratti del volto, per colpa dell'eccessiva oscurità e a causa di questo preferì rimanere sulla difensiva, ricordandosi degli insegnamenti di sua madre sul non dare confidenza agli sconosciuti. Ricordò però, che ormai aveva ventun anni, che sua madre lo aveva ripudiato come figlio e che peggio di così non sarebbe potuta andare.
Nonostante questi suoi pensieri, temeva ancora lo sconosciuto quindi mantenne il silenzio.
Ti ho fatto una domanda. Gradirei una risposta. Hai freddo?》Domandò un'altra volta lo sconosciuto avvicinandosi a Jimin, che poteva sentire i suoi passi scricchiolare sulla ghiaia ghiacciata della stradina dietro di lui. Si girò rapidamente, per evitare un qualsiasi contatto visivo con l'altro. Si strinse nel vecchio maglione che aveva ripescato dalla valigia. Fortunatamente, gli teneva abbastanza caldo da non farlo rabbrividire; affondò il viso nella sciarpa, chiudendo gli occhi e cercando di ignorare il suono dei passi dello sconosciuto.

L'ultima lampadina bluastra della fontana si spense completamente, lasciando Jimin da solo nell'oscurità. Il suono di passi era cessato completamente, e il fatto lo rendeva felice e lo preoccupava allo stesso tempo. La notte era ancora lunga e lui non aveva idea di come avrebbe fatto a trascorrerla, sospirò decidendo che avrebbe almeno dovuto provare a dormire. Tirò una camicia bianca fuori dalla sua valigia, mettendola per terra e cercando di piegarla il più possibile per renderla almeno un minimo morbida.
Ci poggiò sopra la testa, stringendo a sè la valigia nel timore che qualcuno gliel'avesse potuta rubare. Ormai, quella, era il suo unico tesoro.
Pensò al fatto che, fino alla sera prima, si trovava ancora a casa sua nella sua camera calda, con lo stomaco riscaldato dalle calde pietanze di sue madre, con il cuore pieno di gioia e di amore per la sua famiglia, con la mente piena di pensieri e di piani per il futuro. Piani che non avrebbe mai potuto neanche immaginare sarebbero stati frantumati in meno di dieci minuti.
Rimpianse come non mai il momento in cui si era sentito abbastanza sicuro di sè da entrare in quella camera e confessare la sua omosessualità.
Scoppiò a piangere e sentì come se il suo cuore si fosse incrinato, come se il gelo di quella fredda giornata d'inverno gli fosse penetrato nel petto, arrivando rapidamente al suo animo e raffreddando ogni momento gioioso che lui potesse ricordare.

Winter | YoonminDove le storie prendono vita. Scoprilo ora